Gli architetti padovani espongono i loro interventi sul territorio e disegnano la città del futuro

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Gaspari: “il territorio è molto disomogeneo e non consente di intervenire su ampi spazi”. Stocco: “mancano luoghi d’incontro, bisogna rigenerare le piazze”. Lazzaro: “ci sono troppi vincoli, per avere progetti di qualità serve più coraggio”.

di Alessandro Macciò

Misura, rigenerazione ed equilibrio: secondo i finalisti della biennale di architettura “Barbara Cappochin” sono queste le parole-chiave della progettazione urbanistica contemporanea. La riflessione sul rapporto tra individuo e polis si è svolta durante l’incontro “Un’ora di architettura”, una sorta di “fuori biennale” organizzata dall’Ordine degli architetti della provincia di Padova, presso il padiglione “BoxAN”, un’area creata ad hoc al piano terra del centro culturale San Gaetano. Prendendo spunto dalla mostra “Superurbano. Rigenerazione urbana sostenibile”, allestita a Palazzo della Ragione e aperta al pubblico fino al prossimo 13 febbraio, i tre progettisti hanno formulato diverse proposte per migliorare la qualità di vita nelle città del Nordest.

 

“In un contesto urbano è difficile avere a disposizione grandi spazi, di solito si lavora in situazioni consolidate, in un tessuto già formato secondo alcune regole – afferma Jacopo Gaspari, che ha partecipato alla biennale in coppia con la collega Laura Abbascià -. Bisogna trovare la giusta misura, contenere i propri slanci creativi: per noi l’architettura è un fatto di riduzione, significa togliere piuttosto che aggiungere. Non bisogna aggiungere tanto per lasciare un segno, ma contenere il segno nella misura indispensabile: per noi progettare in maniera sostenibile non significa solo ottenere una determinata prestazione termica ed energetica, ma anche rispettare l’aspettativa temporale di utilizzo dell’edificio da parte del committente”. Il progetto di Jacopo Gaspari e Laura Abbascià riguarda un’abitazione unifamiliare nella periferia a sud di Padova: “in quell’area il tessuto urbano è molto disordinato, disomogeneo – spiega Gaspari -. Lo spazio tra gli edifici è vissuto in maniera privata, secondo un principio di appartenenza e di esclusività. È un’area dove ci sono vincoli stringenti, e dove si fa fatica a individuare una relazione tra i vari edifici. Troppo spesso una porzione del territorio cittadino diventa uno spazio di risulta, mentre dovrebbe essere uno spazio di qualità”.

Per Bruno Stocco, titolare dell’omonimo studio professionale di Camposampiero, è venuto meno il concetto di agorà: “bisogna assolutamente creare luoghi d’incontro, rigenerare le piazze. Inoltre, occorre volgere lo sguardo al passato e riordinare quello che è stato costruito: l’architettura deve guardare alla fruibilità per quanto riguarda i servizi, mentre per il residenziale basta pulire quello che già c’è”. Risparmio energetico e rispetto della tradizione sono i cardini attorno cui ruotano i progetti di Stocco, come il restauro della storica fornace Morandi di Padova, il complesso residenziale Lo.ga. di Loreggia e la foresteria del centro culturale Fabrica di Villorba, eseguita su commissione del gruppo Benetton. “Lo stabile della fornace produce in completa autonomia tutta l’energia di cui ha bisogno – chiarisce Stocco -. Il risparmio energetico è garantito da diversi accorgimenti, come l’impiego di murature in argilla non cotta. Per quanto riguarda il Lo.ga., tutto l’apparato energetico si trova nel sottotetto. Il complesso è dotato di frangisole, pareti ventilate, coibentazione termica e acustica, fotovoltaico e solare termico, ma la condizione di base per un corretto progetto è l’orientamento: bisogna sempre rispettare la salubrità e la ventilazione degli ambienti. Molto interessante è anche la reversibilità, ovvero la possibilità, da parte del proprietario, di modificare alcune componenti della casa a suo piacimento. Per Fabrica, infine, abbiamo mantenuto le caratteristiche di riferimento dell’architettura veneta, con le barchesse che fanno da cerniera alla struttura”.

L’ingegnere Stefano Lazzaro, dello studio Kos Progetti di Scorzè, punta l’indice contro la burocrazia: “manca il coraggio da parte delle amministrazioni pubbliche, dei progettisti e dei committenti: ci sono troppi vincoli, se avessimo tutti il coraggio di non guardare all’ultimo metro cubo di volume o alla norma che non permette di aprire finestre, ci sarebbe più libertà e di conseguenza più qualità nelle costruzioni. A mio parere, l’architettura deve cercare un equilibrio tra la storia, intesa come conservazione del passato architettonico, e le tecnologie, cioè le nuove conoscenze che ci offrono la possibilità di creare edifici sostenibili e a misura d’uomo”. Stefano Lazzaro propone anche una soluzione per aggirare i divieti dei Prg, portando come esempio due progetti di rinforzo di fondazioni in edifici vincolati: la cattedrale di Adria, che presenta tombe e reperti archeologici sotterranei, e il castello Lanthieri di Vipava, in Slovenia, che si affaccia sull’argine di un torrente. “In entrambi i casi, la Sovrintendenza ci ha vietato di usare i micropali tradizionali – spiega Lazzaro – Quindi abbiamo deciso di usare dei micropali in acciaio inox, inguainati con una calza in tessuto che impedisce di disperdere la miscela nel terreno”.