A Padova un ottimo Pat Metheny

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Metheny Pat 1
Metheny Pat 1A 58 anni il celebre cantautore del Missouri ha fatto tappa allo stadio Euganeo
di Giovanni Greto

Il tour europeo del chitarrista e compositore del Missouri, che il 12 agosto compirà 58 anni, è partito da Padova, grazie alle associazioni Miles e Veneto Jazz. Il concerto si è svolto in un immenso spazio all’aperto, solitamente adoperato come parcheggio per i tifosi del calcio Padova, inserito nel cartellone dello Sherwood Festival, che, a distanza di tempo, con i suoi negozietti sparsi lungo tutta l’area, continua a riproporre le atmosfere vagamente hippies degli anni ’60 e ’70. Ma Woodstock è lontana.

Metheny inizia in solitudine passando dalla chitarra acustica alla, ahimè, Pikasso, 42 corde che riproducono il suono di un’arpa celtica, dando vita ad atmosfere ‘New Age’. Salgono sul palco gli altri musicisti, Potter soffia sul clarinetto basso, Williams inizia al basso elettrico, Sanchez percuote vigorosamente le pelli dei tamburi. Allora Metheny imbraccia l’elettrica e dà il via alle improvvisazioni. Nel brano successivo utilizza ancora uno strumento elettrico, ma di dimensioni ridotte, mentre Potter passa al sax soprano, filtrato attraverso le ormai abituali scatolette elettroniche. Il suono è pessimo. Sembra di ascoltare un bootleg e ci si chiede se la colpa è dei tecnici locali, abituati ad amplificare gruppi di pop/ rock, privi di sofisticatezza, oppure è il leader a volere così. Peccato, perché un musicista come Chris Potter, oltre che per tecnica, brilla per una sonorità corposa. E’ come se un vino di qualità venisse consumato in un bicchiere di plastica. Lo stesso discorso vale per i tamburi, il cui timbro sembra quello dei fustini di detersivo, sui quali gli adolescenti di tanti anni fa quotidianamente si allenavano.

I pezzi originali sono caratterizzati dalla consueta sdolcinatezza, che caratterizza questo ragazzo ormai adulto, continuamente vestito con simpatiche magliette a righe orizzontali. L’espressione è la solita, sorridente e rapita quando l’assolo comincia a salire e ci si chiede quando arriverà il momento dell’orgasmo. Tra gli strumenti trova spazio, fortunatamente contenuto, anche la chitarra Synth. C’è spazio per un nuovo episodio solistico, in cui Metheny riproduce il suono di fisarmoniche, flauti di legno, vibrafoni e batteria. La cosa migliore, per chi scrive, sono tre bei duetti, ognuno con un partner diverso, da ‘All the things you are’, con Potter al tenore, a ‘Turn around’ di Ornette Coleman, con Williams al contrabbasso. Bene articolato, un lungo assolo di Sanchez, il quale prelude, dopo quasi due ore, alla fine. Il pubblico, rapido, accorre sotto il palco e ascolta beato le ultime note del suo beniamino.