Al voto i nuovi sette comuni secessionisti della montagna bellunese

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mappa referendum comuni secessionisti
mappa referendum comuni secessionistiObiettivo dei promotori l’annessione al Trentino Alto Adige: “solo l’autonomia può dare un futuro alla nostra montagna”

Domenica 10 e sabato 11 febbraio, i circa 33.000 cittadini di sette comuni del Bellunese (Arsiè. Feltre, Cesiomaggiore, Gosaldo, Canale d’Agordo, Falcade e Rocca Pietore) si recheranno alle urne per votare sul referendum promosso dal Bard (Belluno Autonoma Regione Dolomiti) avente per oggetto il passaggio dalla regione Veneto a quella del Trentino Alto Adige. Una scelta motivata dal fato che nelle confinanti province autonome di Trento e di Bolzano la maggiore disponibilità di risorse consente alla popolazione di montagna l’erogazione di quei servizi pubblici oggi indispensabili per mantenere vive le loro comunità, altrimenti inesorabilmente destinate alla perdita di residenti e di attività.

Il passaggio di regione non è un percorso facile e rapido: ne sa qualcosa il comune di Lamon e quello confinante di Sovramonte che già nel 2005 indissero un referendum simile con esito plebiscitario a favore del cambio di regione salvo, a otto anni di stanza, nessun cambio sostanziale. E neppure la recente approvazione del nuovo statuto regionale che ha riconosciuto alla provincia di Belluno una certa forma di autonomia da Venezia è servito a rintuzzare l’anelito secessionista dei comuni del Bellunese, visto che il governo Monti lo ha sostanzialmente depotenziato.

Il movimento secessionista dei comuni del Bellunese cresce a vista d’occhio. Oltre ai comuni che voteranno domenica 10 e sabato 11 febbraio, ci sono anche quelli di Talbon Agordino, Voltago Agordino, Rivamonte Agordino e Pieve di Cadore che hanno già deliberato in proposito e ora attendono il pronunciamento della Cassazione per l’indizione del referendum. Altri, come Agordo, Auronzo, Calalzo, Lozzo, Lorenzago, Vigo e Comelico Superiore si stanno mobilitando per la raccolta delle firme per l’indizione del referendum.

Secondo il presidente della regione del Veneto, Luca Zaia, “il referendum con cui i cittadini di 7 comuni veneti decideranno se aggregarsi o no al Trentino Alto Adige è il segno di un malessere che ha radici profonde, una vera e propria dichiarazione pubblica del fallimento della gestione centralistica dello Stato. Comprendo – aggiunge Zaia – l’amarezza di un operatore economico che si trova fiscalmente ed economicamente svantaggiato nel breve spazio di un confine territoriale, senza che la Regione cui appartiene possa intervenire e perequare per impedirne la fuga. Si parla tanto e a sproposito di secessione quando in realtà fuori dallo sterile dibattito politico, sono i cittadini e le imprese ad attuarla concretamente. Basti pensare alle 700 imprese che hanno scelto la Carinzia, dove trovano un terreno fertile per investimenti e produzione. E per la creazione di posti di lavoro” conclude amaramente Zaia.

Luca Minella, coordinatore dei comitati referendari, afferma che “noi ci sentiamo veneti, ma non possiamo rimanere inermi al tracollo cui abbiamo assistito dei nostri paesi che hanno necessità e bisogni molto diversi da quelli della pianura. Noi siamo giovani e vogliamo avere un futuro tra le nostre montagne”.