Soddisfazione per “Jazz Groove”

0
564
jazz groove 2013 1
jazz groove 2013 1Grande partecipazione di pubblico al “Candiani” di Mestre
di Giovanni Greto

Tre buoni concerti nella prima parte di Jazz Groove, all’auditorium del centro culturale Candiani a partire da quello di piano solo di Omar Sosa. Il pianista e compositore cubano indossa sempre lunghi caffettani, si posiziona nella pedana portando una candela, un simbolo di spiritualità, mentre con una stoffa scaccia gli spiriti maligni. Inizia con un estratto di 30 minuti da ‘Miriam’, una lunga suite eseguita di solito insieme ad una ballerina dello Zimbawe. Anche se si capisce che la presenza di una danzatrice – e Sosa stesso si è augurato di tornare insieme a lei al Candiani – potrebbe essere importante per cogliere il significato narrativo, immerso nell’oscurità alla luce di una candela, il suono del pianoforte acustico, le improvvisazioni e uno stile contrassegnato dal ritmo, Sosa attira ogni minuto di più l’attenzione della platea, che rimane, per così dire, affascinata.

Nel repertorio ci sono anche brani di pop melodico, classicheggiante, forse a ricordare un’iniziale preparazione classica. Ma sono le danze tradizionali Yoruba, come in ‘Engun’, a trasportare in una cultura diversa, che attira l’ascoltatore occidentale. Convincente anche un episodio alla Kalimba o Sanza, il cosiddetto piano a pollice, in ‘Low Kalimba Restir’, nel quale la religiosità si fa più evidente. E poi grazie ai delay e ai loop percussivi, non c’è bisogno di percussionisti in carne ed ossa in un brano come ‘last letter y rumba’, che concluderebbe un intenso ed unico set. Ma l’ora non è ancora tarda, il pubblico si è scaldato, l’artista avverte le buone sensazioni e dunque regala tre bis, tra i quali ‘Brisa’ del 1996, incisa per il primo LP di piano solo.

Di nuovo un tutto esaurito per il trio guidato dal chitarrista del New Jersey. ‘Ceramic Dog’, letteralmente “cane di ceramica” è un’espressione che sta a significare il gelo sotto il quale si cela l’emozione, il cane fotografato nel momento in cui gli si rizza il pelo prima di un combattimento, gli innamorati che si guardano fisso nel volto, assumendo un’espressione catatonica. Insieme da quasi 5 anni, i musicisti sono apparsi molto concentrati, attenti ai cambiamenti musicali e di atmosfera, dettati dal leader. Interessante la postura adottata da Ches Smith, spesso sorpreso a suonare stando all’inpiedi, un piatto della batteria in posizione altissima, abile nelle manipolazioni elettroniche e nel creare situazioni sonore di disturbo, memore forse di un’attrazione giovanile verso il punk. La musica rivela molteplici influenze. Si parte da un Rock/Punk che nell’evolversi del concerto pone attenzione al blues, alla musica cubana – Ribot anni addietro aveva licenziato due divertenti CD con ‘Los cubanos postizos’-, al Funk, al Jazz. Ma la caratteristica avvertita dall’orecchio è l’improvvisazione e un voler in qualche modo dissacrare, senza intenti blasfemi, sparando colpi al Mainstream, l’espressione jazzistica tradizionale, come nell’originale e lunga versione di ‘Take Five’, applauditissima, dove la chitarra esegue il tema spostandone le tonalità e ripetendo più volte frammenti di frasi, nella versione originale eseguiti un’unica volta, con uno stile chitarristico più vicino a quello dei vecchi Cream, piuttosto che all’algidità del sassofono contralto di Paul Desmond. C’è inoltre il piacere per i momenti ad altissimo volume, l’ossessione e la ripetizione di brevi frasi, i colpi superaccentati prima di uno stop, le pause silenziose utili a riflettere e a ripartire. Ribot si dedica anche al canto, dimostrando un’efficacia ed una genuinità che riscattano le imperfezioni. Ostinato il pulsare del basso elettrico di Shahzad Ismaily, anch’egli attentissimo ai mutamenti ritmici e in grado di alternare lo strumento a corde ad una piccola tastiera. Nella scaletta mestrina hanno trovato posto alcune tracce del nuovo Cd ‘Your Turn’, appena uscito e stampato dall’etichetta tedesca Yellowbird.

E’cresciuto con il trascorrere del tempo il concerto del nuovo quintetto americano di Giovanni Guidi, apparso, nonostante la giovane età, capace di tenere in pugno i musicisti, lasciandoli liberi di improvvisare, anche se in realtà è lui ad indicare la strada da percorrere, brano dopo brano. Ci sono anche degli obbligati per i fiati, Shane Endsley, alla tromba e Dan Kinzelman al sax tenore, molto attenti, generosi, instancabili senza mai apparire ridondanti. Il contrabbasso di Thomas Morgan ascolta, si inserisce in punta di piedi, ma quando riesce a crearsi uno spazio, il brano sembra esplorare nuovi orizzonti. Ottimo Gerald Cleaver, dietro ai tamburi, percossi sia leggermente, soavemente, sia con vigore senza mai cadere in eccessi sonori e costruendo dei brevi, quanto efficaci assolo, optando per lo snare drum liberato dalla cordiera, forse per privilegiare il discorso melodico. Il set unico ha seguito una trama di brani originali, senza una scaletta, tra delicate ballads, accenni di calypso, atmosfere circensi e un pianismo percussivo, a tratti free. Straniante, nella concitazione generale, l’effetto di un tremendo colpo sulla tastiera, che ha troncato tutto allo scopo di ripartire con un altro tipo di espressione. Due i bis, entrambi riletture. Il primo, ‘Quizas, quizas, quizas’ ha nobilitato una ballabile canzone popolare cubana, con eleganza di fraseggio e un volume sonoro quasi sussurrato. Il secondo ha fatto apparire ancor più morbida e sognante ‘By the river’, una celebre composizione di Brian Eno.

Jazz Groove non si esaurisce qui. A dispetto della crisi, il circolo Caligola ha annunciato altre 5 date, due in aprile e tre in maggio, tutte con orario serale. Il 13 aprile arriva ‘Joyce & Band’, il collaudato quartetto della cantante, chitarrista e compositrice brasiliana, versatile e carismatica. Il 19 aprile Maurizio Brunod, chitarrista piemontese, duetta con il grande contrabbassista praghese Miroslav Vitous. Il 3 maggio, Claudio Fasoli Four, presenterà l’ultimo disco, ‘Patchwork’, uscito per Caligola Records, ospite il chitarrista russo Alex Sipiagin. Il 9 maggio, ‘From Bach to Miles & Trane’, con il trio, all’apparenza cameristico, formato dal trombettista svizzero Franco Ambrosetti con Uri Caine al piano e Furio Di Castri al contrabbasso. Per la conclusione ci si sposta al vicino teatro Toniolo, il 27 maggio, per ascoltare l’omaggio di Enrico Rava e PMJL,‘Lester!’, al geniale trombettista Lester Bowie scomparso nel 1999.