Autotrasporto in crisi per eccesso di tasse sulle imprese, sui carburanti e burocrazia

0
310
Secondo gli artigiani di Mestre dall’inizio della crisi persi 16.000 “padroncini”

Secondo i dati presentati dalla Cgia, tra il primo trimestre 2009 e il terzo trimestre 2013 hanno chiuso quasi 16.000 imprese (-14,7%) del settore dell’autotrasporto merci su strada. Ad oggi, sono attive poco meno di 93.000 aziende.

Di queste, il 68,5% è costituito da imprese artigiane. Alle 93.000 realtà presenti sul nostro territorio nazionale vanno aggiunte almeno altre 40.000 attività prive di automezzi che svolgono quasi esclusivamente un’attività di intermediazione. Il 90% circa delle merci italiane viaggia su gomma.

Per quanto concerne l’occupazione, non ci sono dati statistici puntuali che ci consentono di definire quanti sono gli addetti presenti nel settore: tenendo conto che nell’ultimo Censimento Istat sulle imprese e i servizi il numero medio di addetti per impresa del trasporto merci su strada è di 4,3 addetti (anno 2011), stimiamo, a grandi linee, che in Italia siano occupati tra le 350 e le 400.000 persone. Dall’inizio della crisi hanno perso il posto di lavoro quasi 70.000 addetti.

A livello territoriale, la regione che ha subito la contrazione più forte è stata il Friuli Venezia Giulia. Dal primo trimestre 2009 al terzo trimestre del 2013 il numero delle imprese è diminuito del 20,7%. Altrettanto preoccupante è la situazione venutasi a creare in Toscana (-19,1%), in Sardegna (- 17,9%) e in Piemonte (-17,7%).

Le ragioni dello stato di agonia in cui versa l’autotrasporto sono molteplici. Secondo uno studio presentato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel 2011, l’Italia presenta il costo di esercizio per chilometro più alto d’Europa: se in Italia è pari a 1,542 euro, in Austria è di 1,466 euro, in Germania 1,346 euro, in Francia 1,321 euro. Costi che crollano ad Est: in Slovenia è di 1,232 euro, in Ungheria di 1,089 euro, in Polonia di 1,054 euro e in Romania è addirittura di 0,887 euro.

«Abbiamo i costi di esercizio più alti d’Europa – sottolinea il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – per colpa di un deficit infrastrutturale spaventoso. Senza contare che il settore è costretto a sostenere delle spese vertiginose per la copertura assicurativa degli automezzi, per l’acquisto del gasolio e per i pedaggi autostradali. Il che si traduce in un dumping sempre più pericoloso, soprattutto per le aziende ubicate nelle aree di confine che sono sottoposte alla concorrenza proveniente dai vettori dell’Est Europa. Questi ultimi hanno imposto una guerra dei prezzi che sta strangolando molti piccoli padroncini. Pur di lavorare – conclude Bortolussi – si viaggia anche a 1,10-1,20 euro al chilometro, mentre i trasportatori dell’Est, spesso in violazione delle norme sui tempi di guida e del rispetto delle disposizioni in materia di cabotaggio stradale, possono permettersi tariffe attorno agli 80-90 centesimi di euro al chilometro. Con queste differenze non c’è partita. Nonostante il legislatore abbia imposto i costi minimi a beneficio dei piccoli trasportatori, l’apertura del mercato italiano ai vettori e agli autisti provenienti dall’Est sta mettendo in seria difficoltà il nostro settore».

Tra il gennaio 2009 e il lo scorso mese di novembre, il prezzo alla pompa del gasolio per autotrazione è aumentato del 55,7% (l’inflazione, invece, è aumentata del 9,4%). Oggi, un litro costa mediamente 1,692 euro. Secondo i dati riferiti al 12 dicembre 2013, in Italia il prezzo del gasolio è il più caro tra tutti i 28 Paesi dell’Ue. Non solo: anche i pedaggi autostradali hanno subito un incremento molto importante. Tra il 2010 e il novembre di quest’anno l’incremento è stato del 17,2%, contro un + 7% fatto registrare dall’inflazione.

Va ricordato che gli autotrasportatori, proprietari di veicoli con massa complessiva pari o superiore ai 7,5 tonnellate, possono richiedere il rimborso parziale dell’accisa sul gasolio. La misura del beneficio per ogni mille litri di carburante consumato viene stabilita dall’Agenzia delle Dogane in relazione agli incrementi subiti dalle accise. Anche per i pedaggi autostradali è possibile ottenere un rimborso annuale che è in funzione dell’anzianità dell’automezzo e del fatturato annuo dell’azienda.

Se l’Italia vuole imboccare la ripresa, non serve usare l’Europa solo per l’esercizio di virtuosismo: serve applicare anche in Italia la media dei prezzi ponderata: non è materialmente possibile le aziende del Belpaese – tutte, nessuna esclusa – possano continuare ad essere competitive quando altrove i costi sono decisamente più bassi che in Italia, complice una differente politica fiscale. Illudersi, come fa Letta & Co. che il Paese possa imboccare la ripresa correndo con entrambe le gambe legate è semplicemente velleitario. Serve, e subito, tagliare i costi dello Stato e, con essi, le tasse che gravano sulla produzione, ad iniziare da quelle che gravano sull’energia e sui servizi.