Suinicoltura, urgente rivedere la gestione dei consorzi di tutela

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allevamento-suini maiali-eurocarne 1Fonanesi (Unapros): «segmentare meglio l’offerta con un suino dipeso intermedio»

«L’iniziativa di Regione Lombardia, che mette sul piatto 20 milioni di euro per salvare la suinicoltura, è molto positiva.

Dalla Lombardia, d’altronde, provengono circa il 55% dei suini destinati alla produzione dei prosciutti Dop. La speranza è che anche gli altri soggetti istituzionali sostengano con risorse adeguate la filiera, oggi in grave difficoltà». A poche ore dal “Tavolo” della filiera suinicola al ministero delle Politiche agricole, il presidente di Unapros, Lorenzo Fontanesi, ritorna sui problemi di un comparto che vale circa 20 miliardi di euro, esporta per un valore intorno a 1,34 miliardi di euro e, complessivamente, con 13,3 milioni di suini macellati nel 2013, rappresenta l’1 per cento della popolazione suina mondiale.

«Il punto di forza della suinicoltura italiana è la qualità – afferma Fontanesi – e su questo aspetto non possiamo assolutamente derogare, perché la chiave qualitativa è l’unica variabile sulla quale la filiera può affermarsi. Se la competizione si gioca invece sulle quantità e sui costi di produzione, rischiamo di chiudere le aziende in tempi rapidi».

Secondo il presidente di Unapros, «la qualità è un concetto dinamico, in continua evoluzione, e non può essere definita attraverso valori pietrificati». Una premessa che introduce da parte di Unapros – realtà che riunisce cinque organizzazioni di produttori (Opas, Assocom, Asser, Aps Piemonte e Suinmarche) e commercializza 1,5 milioni di suini – una proposta articolata per il futuro della filiera suinicola e che si basa sulla diversificazione produttiva.

«In Italia – ricorda Fontanesi – su 12,3 milioni di suini nati nel 2013 in Italia, il 3,5% in meno rispetto all’anno precedente, 8,07 milioni di capi sono destinati alle produzioni del circuito Dop». La peculiarità delle produzioni “Made in Italy” passano attraverso il Prosciutto di Parma, che con 10,4 milioni di pezzi marchiati rappresenta il 76% dei prosciutti Dop, ma anche dal Prosciutto di San Daniele (19,5%, con 2,6 milioni di cosce stagionate).

Può bastare? Il numero uno di Unapros è convinto di no. «Credo che per invertire la rotta di una suinicoltura sempre più depotenziata dalla chiusura degli allevamenti e dalla migrazione verso la soccida – dichiara Fontanesi – sia necessario innanzitutto rivedere la governance dei consorzi di tutela, per ripartire la rappresentanza della filiera in maniera più equilibrata. E poi, ritengo che, pur senza abbandonare il sistema delle Dop, sia opportuno specializzare ulteriormente le produzioni».

Tradotto concretamente, significa «segmentare l’offerta per i mercati italiani, per quelli esteri, rispondere alle esigenze dei consumatori, che forse oggi cercano un suino più leggero e meno grasso. Siamo in grado di offrirlo, come le recenti analisi sulle carni hanno dimostrato. Parallelamente, bisognerà portare avanti il Sistema di qualità nazionale per le carni fresche e spingere per ottenere l’etichettatura più trasparente e dettagliata possibile. Sarà poi il cliente finale a decidere verso quale prodotto indirizzarsi».

Il problema di fondo da risolvere, in particolare, riguarda la redditività dell’allevamento e della filiera in termini più ampi. «Ci siamo concentrati per troppo tempo su una produzione che ormai è diventata obsoleta – sostiene – dando esclusivamente importanza a logiche qualitative troppo legate al mondo della salumeria e dei prosciutti. Oggi è venuto il momento di ridiscuterle, attraverso partnership di filiera. Gli spazi per un suino di peso intermedio, intorno ai 140 chilogrammi, a parere di Unapros ci sono».