Usura, rischio in crescita per famiglie ed imprese per la ridotta erogazione di credito bancario

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CGIA Rischio usura in italia 2013 1Cresce soprattutto al Centro e Sud Italia. A NordEst la situazione migliore

Le banche hanno acora ben chiusi i rubinetti del credito bancario, nonostante le generose iniezioni di denaro a bassissimo costo dalla Banca centrale europea (Bce) che in moltissimi (troppi) casi è servito solo a risanare i bilanci delle aziende corrotti da incapacita gestione di tanti manager iperpagati e per tenere a galla la feluca dell’Italia acquistando a mani basse titoli di stato che garantiscono guadagni sicuri dalle tre alle cinque volte il costo del denaro preso dalla Bce.

Chi sta pagando una situazione dove l’industria bancaria pare avere abiurato alla propria missione fondamentale, quella di erogare credito, sono le imprese e le famiglie, sempre più esposte al rischio usura, specie nelle zone del Centro e Sud Italia. Lo si evince dall’ultima ricerca condotta dall’Ufficio studi dell’Associazione artigiani di Mestre (Cgia), secondo cui tra la fine del 2011 e lo stesso periodo del 2013 la diminuzione degli impieghi bancari alle famiglie e alle imprese è stata di quasi 100 miliardi di euro, precisamente 97,2 miliardi. Se le prime hanno subito una contrazione di 9,6 miliardi (- 1,9%), le seconde hanno registrato una flessione pari a ben 87,6 miliardi di euro (-8,8%). Secondo il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «a seguito della forte contrazione dei prestiti praticata dalle banche alle famiglie e alle imprese, c’è il pericolo che l’usura, soprattutto nel Mezzogiorno, assuma dimensioni preoccupanti. Oltre agli effetti della crisi economica e al calo della domanda di credito, questa forte riduzione dell’erogato è stata dovuta anche al deciso aumento delle sofferenze bancarie che a giugno di quest’anno ha toccato la cifra record di 168 miliardi di euro».

A fronte di una progressiva crescita del “credit crunch” avvenuta in questi ultimi anni, la Cgia rileva che il rischio usura è presente soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. Dall’analisi dell’indice realizzato ormai da più di 15 anni dall’Ufficio studi della Cgia, emerge che nel 2013 la Campania, la Calabria, l’Abruzzo, la Puglia e la Sicilia sono le realtà dove la “penetrazione” di questo drammatico fenomeno ha raggiunto i livelli maggiori. «In buona sostanza – prosegue Bortolussi – con la forte stretta creditizia e l’aumento della disoccupazione, che hanno contribuito a ridurre i livelli di reddito soprattutto al Sud, c’è il pericolo che l’usura, già presente in questi territori in misura maggiore che altrove, assuma dimensioni ancor più preoccupanti. Con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria – conclude Bortolussi – non è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura: le segnalazioni, purtroppo, sono ancora molto poche. Per questo abbiamo incrociato i risultati di ben 8 sottoindicatori per cercare di misurare con maggiore fedeltà questa emergenza. Ciò che pochi sanno sono le motivazioni per le quali molte persone cadono tra le braccia degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, sono soprattutto le scadenze fiscali a spingere molti piccoli imprenditori nella morsa degli usurai. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie, brutti infortuni o a seguito di appuntamenti familiari importanti, come un matrimonio o un battesimo».

Nelle aree dove c’è più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiore sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, la situazione è decisamente a rischio. Rispetto ad un indicatore nazionale medio pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania: l’indice del rischio usura è pari a 164,3 (pari al 64,3% in più della media Italia), in Calabria a 146,6 (46,6% in più rispetto alla media nazionale), in Abruzzo si ferma a 144,6 (44,6% in più della media Italia), in Puglia a 139,4 (39,4% in più della media nazionale) e in Sicilia il livello raggiunge quota 136,2 (36,2% in più della media Italia). La realtà meno “esposta” a questo fenomeno è il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 51,8 (48,2 punti in meno della media nazionale). Anche la situazione delle altre tre regioni del NordEst è abbastanza rassicurante: il Friuli Venezia Giulia, con 72,2 punti, il Veneto, con 73,1 punti, e l’Emilia Romagna, con 80,5 punti, si piazzano rispettivamente al penultimo, terzultimo e quintulimo posto della graduatoria nazionale del rischio usura.