“Le ragioni della Musica. Scritture di musicologia africanista”

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simha arom musicologo ebreo 1Il libro del musicologo ebreo Simha Arom edito da Libreria musicale italiana indaga attraverso dieci diversi saggi le basi etnomusicali africane
di Giovanni Greto

Può avere una ragione la musica? C’è una ragione, un motivo, per cui nasce una (un tipo di) musica e attraverso quale procedimento si sviluppa?

Sono forse questi gli interrogativi principali che emergono dalla lettura di un volume che propone in ordine cronologico dieci saggi dello studioso franco-israeliano Simha Arom (Dusseldorf, 1930), composti tra il 1976 e il 2009, rappresentativi delle sue ricerche, intuizioni metodologiche, invenzioni tecnologiche e interazioni dialogiche. Nonostante Arom, considerato uno tra i massimi etnomusicologi e africanisti viventi, si sia occupato di numerose e diverse pratiche musicali (la preghiera cantata di tradizione ebraica, con particolare interesse per la liturgia degli ebrei etiopici, le espressioni vocali e strumentali di alcune regioni della Grecia, mentre attualmente sta studiando e analizzando le impetuose polifonie georgiane), la musica africana è stato il suo primo e definitivo amore. Un amore sbocciato nel 1963, allorché fu invitato, in qualità di brillante cornista, a Bangui dal presidente David Dacko a formare una fanfara presso la neonata repubblica Centroafricana subito dopo la decolonizzazione.

Attratto irresistibilmente dalle musiche di villaggio e della foresta, le sue ricerche sul terreno in Africa, nel corso di 50 anni di indagine etnomusicologica, hanno rappresentato altresì l’occasione per estendere la riflessione su questioni di interesse più generale nel campo musicologico. Prima di affrontare la difficile, pur se interessante, lettura dei singoli saggi, per la cui completa comprensione è necessaria almeno una conoscenza minima della teoria musicale, il libro presenta una lunga, fitta, densa ed appassionata conversazione tra lo studioso e i curatori, Maurizio Agamennone e Serena Facci, – che attualmente insegnano etnomusicologia, rispettivamente, all’Università di Firenze e di Roma “Tor Vergata”- i quali avevano partecipato ai pioneristici corsi e seminari di “musica africana”, tenuti dal Maestro presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia nel 1979 e l’Accademia Musicale Chigiana di Siena nel 1981. Essi ricordano la sua incalzante richiesta “Ou est la battue?”, alla ricerca dell’organizzazione metrica nella musica africana, poiché, come Arom afferma all’inizio della “Conversazione”, il problema della “battuta”, – la certezza di poter individuare dove essa sia effettivamente posizionata in una musica tradizionale che non si conosce – che ha un’aria banale, è tuttavia fondamentale. Prosegue Arom: «poiché in Africa è molto raro individuare espressioni musicali separate dalla danza, la battuta è il regolatore della danza, del movimento del corpo, è il regolatore della musica che è associata alla danza».

Nel primo saggio, “L’uso del re-recording nello studio delle polifonie di tradizione orale” (1976), di fronte alla complessità poliritmica e polifonica di molte pratiche musicali, la registrazione in passaggi successivi delle singole parti, che possono essere riascoltate separatamente, consente una più sicura trascrizione in notazione musicale e la progressiva disposizione in partiture delle singole parti vocali e strumentali. In tal modo, una volta conosciute le differenti parti e le relazioni che esse intrattengono, diventa possibile procedere ad una ricostruzione sintetica del brano.

Una singolarissima invenzione è documentata nel quarto saggio, “Un sintetizzatore nella savana centroafricana. Un metodo di esplorazione interattiva delle scale musicali” (1990). L’esperienza descritta aveva per oggetto gli xilofoni di diverse popolazioni e le polifonie vocali dei pigmei Aka. Nel primo caso, Arom e la sua equipe forzano una tastiera digitale, il sintetizzatore Yamaha DX 7 II FD, ideata e prodotta per ben altri scopi, fino a trasformarla in un prototipo di xilofono africano paradigitale, agìto da musicisti locali, esortati a misurarne, correggere e fissare l’intonazione, in base ai propri modelli culturali. Si tratta di una procedura definita “etnomusicologia sperimentale interattiva”, poiché non si documentano pratiche in atto (nel rito, nel lavoro, nelle vicende familiari e di gruppo) ma si sollecitano fuori contesto multiformi reazioni individuali e di gruppo a fini di conoscenza.

Nel sesto saggio, “La sindrome del pentatonismo africano” (1997), Arom constata come la scala pentatonica anemitonica, caratterizzata come indica il suo nome per l’assenza dell’intervallo di semitono, sia la più diffusa nel mondo. La si trova infatti non solo nell’insieme dell’Africa sub sahariana, ma anche nell’Africa del nord, in Asia (in particolare in Indonesia, Vietnam, Cina, Giappone, Mongolia, India); in Europa (nelle musiche celtiche in generale, presso i Lapponi, nei balcani, nel Sud Italia e in Spagna, Paese basco compreso); in America , presso gli Eschimesi e gli Amerindi in generale. E’ un saggio altamente tecnico, ricco di esempi musicali, sicuramente utile agli studiosi e ai musicisti più aperti all’incontro tra culture diverse.

Nell’ottavo saggio, “Musica – Rituale – Caccia : un triangolo africano” (2000), lo studioso riflette sugli aspetti rituali e funzionali delle pratiche musicali africane. Si apprende come numerose espressioni cantate e strumentali risultino strettamente integrate all’interno di molteplici attività produttive e simboliche, da cui risultano inseparabili : nelle attività di caccia, determinanti per assicurare l’alimentazione del gruppo, costituiscono il principale supporto psicologico valorizzando il rapporto con la divinità. Il testo si inserisce dunque in una prospettiva di riflessione più ampia sulle relazioni tra la musica, intesa come forma specifica del pensiero, e altre attività umane.

A corollario di un volume, da cui traspare l’amore per il proprio lavoro, soprattutto sul campo, i curatori hanno allegato un CD e un DVD, che possono aiutare a comprendere meglio ciò che i diversi saggi analizzano. Nel DVD emerge “L’arc musical ingbaka”, un documentario di circa 10 minuti, girato dallo stesso Arom nel 1970, che ha come unico protagonista il cacciatore Nicolas Masemokobo, e descrive la costruzione e la tecnica di esecuzione musicale con l’arco mbela. Si rimane sorpresi dalla perfezione costruttiva, dall’abilità di esecuzione e dalla capacità di interpretare diverse frasi melodiche.

Il volume della casa editrice Lim di Lucca, è il quarto titolo di “Grooves”, una collana di studi musicali afro-americani e popular. E’ stato presentato nell’aula “Mario Baratto” dell’Università Ca’Foscari di Venezia, dai due curatori assieme all’Autore , davanti ad un pubblico composto non solo da studenti, stimolando un intenso dialogo che ha dilatato inusualmente e piacevolmente il consueto tempo cronologico impiegato nella presentazione di un libro.