Europa per la prima volta in deflazione. Italia peggio dell’Eurozona

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soldi euro monete .jpgNello Stivale cresce la disoccupazione, specie giovanile. Calano i consumi. La ripresa non si vede

A dicembre, secondo le stime preliminari condotte dall’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, mostra una variazione nulla sia rispetto al mese precedente sia nei confronti di dicembre 2013 (il tasso tendenziale era +0,2% a novembre).

L’azzeramento dell’inflazione è da ascrivere in larga misura al netto accentuarsi del calo tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (-7,9%, da -3,1% di novembre), dovuto all’ulteriore marcata diminuzione dei prezzi dei carburanti. Al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici, “l’inflazione di fondo” sale quindi a +0,6% (da +0,5% del mese precedente); al netto dei soli beni energetici scende a +0,5% (da +0,6% di novembre). La stabilità su base mensile dell’indice generale è sostanzialmente la sintesi del calo congiunturale dei prezzi degli energetici non regolamentati (-3,5%) e del rialzo mensile dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+2,6%), in larga parte condizionati da fattori stagionali.

Rispetto a dicembre 2013, i prezzi dei beni diminuiscono dello 0,8% (una flessione doppia rispetto a quella rilevata a novembre) mentre il tasso di crescita dei prezzi dei servizi accelera (+1,0%, da +0,9% del mese precedente). Pertanto, il differenziale inflazionistico tra servizi e beni si amplia di mezzo punto percentuale rispetto a novembre 2014. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,1% in termini congiunturali e fanno registrare una flessione tendenziale dello 0,2% (dal +0,4% di novembre).

Rispetto al mese precedente, la disoccupazione, a novembre aumenta sia per la componente maschile (+0,4%) sia per quella femminile (+2,1%). Anche in termini tendenziali il numero di disoccupati cresce sia per gli uomini (+6,1%) sia per le donne (+10,9%). Il tasso di disoccupazione maschile, pari al 12,5%, rimane invariato in termini congiunturali mentre cresce in termini tendenziali (+0,6 punti); quello femminile, pari al 14,6%, aumenta sia rispetto al mese precedente (+0,3 punti percentuali) sia su base annua (+1,3 punti). Nel confronto congiunturale l’inattività diminuisce tra gli uomini (-0,2%) mentre resta invariata tra le donne; su base annua il numero di inattivi è in calo sia per la componente maschile (-2,6%) sia per quella femminile (-1,9%).

Male anche l’Eurozona, dove l’indice dei prezzi al consumo è sceso su un terreno negativo (per la prima volta dall’ottobre 2009), -0,2% (+0,3% in novembre), accentuando più di un timore e l’idea che l’Eurotower dovrà intervenire per forza per evitare la deflazione, compito (al pari del contenimento dell’inflazione al 2%) insito nella missione della Banca europea.

«Il mix di deflazione e stagnazione non è un male passeggero, ma una malattia che rischia di mettere Ko l’Europa e l’Italia per molto tempo. Dai governi dell’Eurozona servono fatti, non parole, per evitare che il malessere si cronicizzi: il rischio, molto concreto, è che la Ue sprofondi in una fase di avvitamento economico da deflazione simile a quella vissuta, per molti anni, dal Giappone» afferma in una nota Confesercenti sulle rilevazioni Eurostat ed Istat relative ai prezzi al consumo di dicembre. «Sulla questione – prosegue la nota – abbiamo lanciato più volte l’allarme, ma adesso è evidente come il rischio sia reale: l’Eurozona è già in deflazione, mentre in Italia , dopo la lieve risalita di novembre, il tasso di inflazione inchioda di nuovo, registrando una variazione zero sul mese precedente». Per Confesercenti «un sintomo di un’economia ormai decisamente stagnante, con una disoccupazione giovanile e non che continua a macinare record su record e migliaia di chiusure di imprese». Per non finire dunque «in un vicolo cieco – conclude – dobbiamo cambiare subito rotta, aggredendo in primo luogo il nodo del fisco. In particolare, l’Italia deve agire subito: abbiamo meno di un anno di tempo per tagliare la spesa ed evitare che scatti la clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità. In queste condizioni, infatti, il maxi-aumento Iva preventivato a partire dal 2016 sarebbe un colpo durissimo per la nostra economia».

Secondo l’Ufficio studi di Confcommercio «in linea con le previsioni, dicembre si é confermato un mese freddo per i prezzi. Nella media dell’anno i prezzi al consumo sono variati solo dello 0,2%, il valore più basso degli ultimi 55 anni. L’anno che si è appena concluso lascia un’eredità negativa al 2015 (il trascinamento è del -0,2%), facendo presagire anche nei prossimi mesi un’inflazione vicina allo zero». Per i commercianti «al di là di alcuni elementi che hanno favorito questa situazione (negli ultimi sei mesi il prezzo del petrolio è calato di circa il 40% e le condizioni meteo hanno determinato una bassa dinamica dei prezzi degli alimentari freschi) a mantenere sostanzialmente fermi i prezzi negli ultimi due anni è stata essenzialmente la perdurante crisi della domanda. Il rischio di una deflazione è, pertanto, ancora presente».

Confcommercio è preoccupata anche per il dato relativo all’occupazione: “i dati dell’indagine sulle forze di lavoro nel mese di novembre evidenziano come i segnali di miglioramento, registrati nella parte centrale del 2014, non si siano stabilizzati a fronte di una crisi economica che continua a mordere. Il numero di occupati non è stato mai così basso – soltanto 22,3 milioni – dall’inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004). Considerando anche che l’ennesima riduzione del clima di fiducia delle famiglie in dicembre ha riportato l’indice complessivo e ciascuna sua componente sotto i livelli di marzo 2014, si deve concludere che la ripresa economica è proprio ancora tutta da realizzare e pertanto le misure a sostegno degli investimenti sono ormai improcrastinabili».