Il terrorismo islamico fa il bis a Parigi

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Strage in teatro, bombe a stadio, sparatorie. Chiusi i confini. Oltre 120 i morti e 200 i feriti di cui 90 gravissimi. Carneficina rivendicata da Isis

 

parigi attentato terroristico 14 novembre 2015 AA poco più di undici mesi dallo scorso 7 gennaio quando ci fu l’attacco alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo con 12 morti e 11 feriti, il terrorismo islamico fa il bis a Parigi spargendo un terrore senza precedenti con decine di morti in una sala concerto e altre decine nelle strade tra esplosioni, kamikaze, sparatorie e una drammatica presa d’ostaggi in sei diversi attacchi nel cuore della capitale. 

Il procuratore di Parigi Francois Molins a metà giornata ha detto che i morti sono di almeno 120. Ma il bilancio, ha aggiunto, rischia di essere molto più grave, visto che tra i 200 feriti oltr e90 sono molto gravi. Una carneficina firmata dall’Isis, che ha rivendicato gli attacchi parlando di “11 settembre francese”: «la Francia manda i suoi aerei in Siria, bombarda uccidendo i bambini, oggi beve dalla stessa coppa», si legge sul canale “Dabiq France”, la rivista francese dello Stato islamico. Non solo: altri messaggi jihadisti minacciano: dopo Parigi, ora «tocca a Roma, Londra e Washington». 

Il presidente francese Francois Hollande ha dichiarato lo stato d’emergenza, chiuso le frontiere e annullato il suo viaggio in Turchia per il G20. Il governo ha decretato il piano “Alpha Rouge” (Alfa Rosso), un livello di allerta mai toccato prima e che corrisponde al livello “attentati multipli”. Le strade del cuore della capitale sono deserte o blindate dalla polizia, l’invito delle autorità è a restare in casa se possibile o – per chi è in locali o ristoranti – di non muoversi. Dalle caserme e da diverse regioni sono affluiti rinforzi di militari, reparti speciali e teste di cuoio. 

Il primo attentato nella tarda serata di ieri è stato segnalato nel X arrondissement, in una brasserie nel quartiere tipico dei ristoranti kosher. Dieci morti a quanto sembra, poi i terroristi – come in un vero e proprio raid – sono ridiscesi verso l’XI e il XII arrondissement, a pochi metri dalla redazione di Charlie Hebdo, insanguinata dagli attentati del 7 gennaio. Lì, nella sala da concerti Bataclan – dove c’era il tutto esaurito per un concerto rock del gruppo americano “Eagles of death metal” – tre terroristi al grido di “Allah è grande” hanno aperto il fuoco sul pubblico, facendo un centinaio di morti, secondo l’ultima stima diffusa da fonti di polizia. «Ci uccidevano a uno a uno, c’è sangue ovunque, è una carneficina», ha raccontato terrorizzato un testimone che è riuscito a scappare. 

A mezzanotte passata, le teste di cuoio hanno fatto irruzione nel locale, portando in salvo decine di persone in evidente stato di shock, e uccidendo i tre jihadisti. Sul posto sono accorsi il presidente Hollande e il premier Manuel Valls, insieme ai ministri dell’Interno e della Giustizia, Bernard Cazeneuve e Christiane Taubira. «Faremo una guerra implacabile al terrore», ha promesso il presidente. Intanto, a Saint-Denis, allo Stade de France, tre esplosioni scuotevano i 50.000 presenti all’amichevole Francia-Germania. Giocatori e spettatori sono rimasti a lungo prigionieri nello stadio, mentre fuori era il caos. Immediatamente evacuato il presidente Hollande, che assisteva alla partita in tribuna d’onore. Il bilancio parla di almeno 6 morti in esplosioni di polvere da sparo mista a chiodi in una brasserie e altri due siti adiacenti allo stadio. La polizia ha riferito di due kamikaze. Moltissimi i feriti. Un’altra sparatoria è avvenuta a rue de Charonne, altri colpi di arma da fuoco a boulevard Beaumarchais e a Faidherbe, tutti e tre luoghi a pochi metri da place de la Bastille. Oggi la città di Parigi e l’intera regione saranno bloccate: scuole, università e musei resteranno chiusi. Intanto, la prefettura lancia attraverso i social network un appello ai testimoni degli attacchi, chiedendo aiuto nelle indagini. Alcuni attentatori, riferiscono diversi media Oltralpe, sarebbero ancora in fuga. Il terrore continua.

L’ondata simultanea di attacchi a Parigi ha messo in mostra le falle nel sistema di sicurezza francese e accende i riflettori sui rischi di un attentato in occasione del Giubileo in Italia. Lo sostiene Ermete Mariani, ricercatore del Comitato Atlantico italiano, che in un’intervista ad Aki-Adnkronos International spiega come dietro l’attentato “super-orchestrato” nella capitale francese ci sia anche una scarsa attenzione ai movimenti delle «reti criminali di supporto ai terroristi come quelle dei trafficanti di armi e di esplosivi». 

L’attentato di ieri ha mostrato «un livello di organizzazione e pianificazione che a me personalmente fa sospettare che i tanto declamati aumenti di intelligence francese non siano stati fatti e comunque un po’ è stata sottovalutata la minaccia», afferma Mariani che fa un parallelo tra gli attacchi di Parigi e quello alla metropolitana di Londra nel 2005. «Nell’attentato a Londra hai tre giovani che hanno creato l’esplosivo con i detersivi e il concime e si sono fatti saltare. E’ un qualcosa che non si può prevedere. Quelli non avevano mai messo piede in Afghanistan e Pakistan, non avevano contatti con nessuno. Qui invece c’è stato un dispiegamento di mezzi importante, tanti attentati in contemporanea, 8 persone forse 10 ben armate, sincronizzate e addestrate. Ciò richiede un’organizzazione importante. Non basta dare un kalashnikov a qualcuno per fare una strage simile ma devi anche addestrarlo», dichiara Mariani, secondo cui «la sicurezza al 100% in città come Parigi, Londra e Roma non esiste, ma almeno al 60% ci si può provare». parigi attentato terroristico 14 novembre 2015 B

L’analista parla quindi dei rischi per il Giubileo, sostenendo che la possibilità di un attentato è “molto alta”. «E’ molto probabile che provino a farlo a Roma, quanto sia fattibile non lo so dire. Non so a che livello siano il livello delle reti di traffici di armi e di esplosivi – prosegue – Ma ho l’impressione che nella loro ottica l’Italia non sia rilevante come Parigi. Rifare un attentato nella capitale francese a 10 mesi da Charlie Hebdo vuol dire capitalizzare un passato fresco. Fa tutto un altro effetto. E’ una dimostrazione di forza». 

Dopo gli attentati di Parigi, anche in Italia l’allerta è ai massimi livelli: corpi speciali militari pronti ad entrare in azione, Gis e Nocs in “assetto operativo”, controlli “strettissimi” alle frontiere, verifiche straordinarie in tutta Italia con i prefetti chiamati a rimodulare la lista degli obiettivi sensibili, monitoraggio delle carceri, espulsioni mirate, perquisizioni a tappeto di tutti i luoghi dove si annida l’integralismo, 700 soldati schierati immediatamente a protezione di Roma, indicata tra i possibili prossimi obiettivi dai sostenitori dell’Isis. L’Italia alza a livello 2, un solo gradino sotto il livello massimo, che scatterebbe in caso di attacco, l’allarme terrorismo. «Vi è una minaccia accresciuta – ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano – anche se non sorretta da elementi concreti e specifici sul nostro paese». 

In attesa di avere maggiori dettagli dalle autorità francesi, al Viminale leggono le sparatorie per le strade parigine, le esplosioni fuori allo Stade de France, i kamikaze al Bataclan, come segnali chiarissimi: nessuno è al sicuro; i terroristi puntano a distruggere i valori dell’occidente prima ancora che le persone e sono ormai in grado di colpire ovunque e in ogni momento. La situazione richiede dunque che tutte le istituzioni lavorino compatte per cercare di ridurre al minimo i rischi. Per questo al Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato d’urgenza da Alfano, ha partecipato anche il premier Matteo Renzi. Un vertice ai massimi livelli, nel quale si è partiti da un elemento tanto evidente quanto preoccupante: qualunque sforzo venga messo in campo, non è possibile garantire la sicurezza assoluta. A meno che, e non è detto basti, si voglia comprimere a dismisura o addirittura sospendere le libertà dei cittadini. Il che però vorrebbe dire darla vinta ai terroristi. 

«Non possiamo escludere niente, chi dice che l’Italia è al sicuro sbaglia» afferma il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi. «Nessun paese è a rischio zero – ha aggiunto non a caso Alfano al termine del vertice – Lo sforzo di prevenzione che abbiamo messo in campo può ridurre i rischi ma non può eliminarli con certezza». Concetti che Intelligence e Antiterrorismo vanno ripetendo da anni, consapevoli del fatto che in ogni casa può annidarsi un potenziale terrorista, spinto a uccidere gli infedeli da una propaganda martellante che punta a radicalizzare i soggetti più deboli, gli esclusi, i disperati che trovano in quelle parole di odio una ragione di vita. 

L’unica arma veramente efficace, seppur non risolutiva, resta quella della prevenzione. «Che finora ha funzionato» sottolinea Alfano ricordando i 55 estremisti espulsi dall’inizio dell’anno, l’ultimo stamattina, e le 540 perquisizioni nei confronti di soggetti che avevano a che fare con il terrorismo. 

Il Viminale ha disposto anche una riattualizzazione dei protocolli operativi in caso d’attacco e un monitoraggio più stringente delle carceri, luoghi dove il proselitismo e la radicalizzazione trovano terreno fertile. Antiterrorismo e Intelligence avranno invece il compito di monitorare tutti quegli ambienti legati all’estremismo islamico, compresi quelli in rete, per cercare di intercettare eventuali lupi solitari, “foreign fighters” di ritorno dai teatri di guerra, cellule isolate pronte a colpire.