La pubblica amministrazione e le sue troppe inefficienze zavorrano la ripresa dell’Italia

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Secondo la Cgia di Mestre il malfunzionamento del comparto pubblico pesa per oltre 200 miliardi di euro sull’economia nazionale. Le colpe del Governo Renzi che ha abdicato la revisione della spesa

 

contabilità pubblica amministrazione burocrazia faldoni raccoglitoriSe l’Italia annaspa ancora in una ripresa debole se non inesistente, ciò lo si deve all’incapacità del Governo Rendi di affrontare con la dovuta decisione il tema ultradecennale dell’inefficienza della pubblica amministrazione in tutte le articolazioni dello Stato e delle amministrazioni locali.

Chi lo afferma non è uno dei tanti gufi che il premier fiorentino invoca per nascondere le proprie colpe, ma l’Ufficio studi dell’Associazione artigiani di Mestre, secondo cui il malfunzionamento della pubblica amministrazione italiana continua ad avere «un impatto molto negativo sull’economia del nostro Paese frenandone la ripresa». 

Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, che assieme ai ricercatori  della Cgia ha raccolto ed elencato  le principali inefficienze della macchina pubblica e i conseguenti effetti economici che queste criticità producono sui bilanci delle famiglie e delle imprese italiane, emerge che i debiti della pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori ammontano ancora (al lordo della quota ceduta dai creditori in pro-soluto alle banche) a 70 miliardi di euro che pesano non poco sulla capacità delle imprese di investire e di pagare a loro volta fornitori e tasse. Inoltre, il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il sistema economico nazionale per un importo di 42 miliardi di euro l’anno. Il peso della  burocrazia grava sulle Piccole e medie imprese (Pmi)  per un importo di 31 miliardi di euro l’anno. Sono 24 i miliardi di euro di spesa pubblica in eccesso che non ci consentono di ridurre la nostra pressione fiscale in media Ue e gli sprechi e la corruzione presenti nella sanità costano ai contribuenti 23,6 miliardi di euro l’anno. A tutto ciò, si deve aggiungere anche la lentezza del sistema giudiziario civile costa al Paese 16 miliardi di euro l’anno e il mancato arrivo dei gruppi stranieri allarmati dalla mancanza di certezza del diritto.

«E’ possibile affermare con buona approssimazione – sottolinea Zabeo – che gli effetti economici derivanti dall’inefficienza della nostra pubblica amministrazione siano superiori al mancato gettito riconducibile all’evasione fiscale che, a seconda delle fonti, sottrae alle casse dello Stato tra i 90 e i 120 miliardi di euro ogni anno. E’ altresì verosimile ritenere che se recuperassimo una buona parte dei soldi evasi al fisco, la nostra macchina pubblica funzionerebbe meglio e costerebbe meno.  Analogamente, è altrettanto plausibile ipotizzare che se si riuscisse a tagliare sensibilmente la spesa pubblica, permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l’evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale a  cui sono sottoposti i propri contribuenti».  

Al netto degli interessi sul debito, nel 2016 la spesa pubblica in Italia dovrebbe tendere a  circa 770 miliardi di euro e, come ricordano molti esperti, il tema della sua riqualificazione continuerà a rimanere centrale. Infatti, nonostante l’impegno e gli sforzi profusi in questi ultimi anni, i risultati giunti dalla revisione della spesa pubblica sono stati molto modesti se non inesistenti, anche per via della paura degli amministratori a tutti i livelli di cancellare le fette di consenso alimentate dalla spesa clientelare ed inutile.

«Secondo una recentissima analisi elaborata da due economisti italiani occupati presso la Direzione generale affari economici e finanziari dell’Ue – conclude Zabeo –  per diminuire in misura strutturale il carico fiscale italiano e allinearlo alla media dei paesi dell’Area dell’euro sarebbe necessario ridurre la spesa pubblica di almeno 24 miliardi di euro. Un obiettivo che, alla luce dei tagli di spesa previsti dalle ultime leggi di Stabilità, non ci sembra raggiungibile in tempi ragionevolmente brevi».