Grandinata giudiziaria sulla Lega Nord Emiliana e sulla candidata sindaco di Bologna

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lucia bergonzoni
Chiesto il rinvio a giudizio per la Borgonzoni per spese non giustificate (764 euro) nella campagna elettorale per le provinciali 2004 assieme ad altri 19 leghisti

 

lucia bergonzoniSgambetto elettorale da parte della Procura di Reggio Emilia ai danni della candidata sindaco del centro destra di Bologna, Lucia Borgonzoni, che nei sondaggi è data al ballottaggio con circa il 23-25% contro il sindaco uscente della città felsinea Virginio Merola del PD (accreditato sempre nei sondaggi di un 45-47%). A tre settimane dal voto, è stato chiesto il rinvio a giudizio per la Borgonzoni assieme ad altri 19 amministratori locali della Lega Nord (tra cui il vicepresidente del Consiglio regionale emiliano, Fabio Ranieri, e Angelo Alessandri, ex leader della Lega Nord ed ex presidente della Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera) a seguito dell’inchiesta sui “rimborsi facili” aperta quattro anni sull’impiego dei fondi del Carroccio (non pubblici) girati ad esponenti del partito senza le dovute giustificazioni.

Per molti si parla di cifre a tre o a quattro zeri, usate per aperitivi elettorali, pranzi, cene in pizzeria, benzina e anche per pagare multe personali. Ma nel caso della Borgonzoni la cifra contestata è di 764 euro, 500 dei quali di rimborso forfettario, che la candidata non avrebbe mai incassato, e per 264 euro dei quali esistono gli scontrini, ma l’accusa contesta che sarebbe stato necessario produrre ricevute fiscali intestate. 

Anche se l’inchiesta sulla Borgonzoni riguarda cifre minime su cui l’interessata ha dato ampia giustificazione agli inquirenti a mezzo del suo legale, inchiesta che è a rischio prescrizione (31 ottobre 2016), la richiesta di rinvio a giudizio costituisce una pesante macchia sulla sua campagna elettorale, rischiando di comprometterne il risultato. La candidata sindaco si è dichiarata “tranquilla», ma contestando «la giustizia ad orologeria che arriva ora, a tre settimane dal voto, quando gli inquirenti hanno avuto ben 4 anni per indagare».