Referendum sul lavoro, la Corte Costituzionale ammette due quesiti su tre

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elezioni pat scheda votazione referendum popolare 2011
Non ammissibile quello sul “Jobs act”. Protesta della Cgil. Camussso: «ricorreremo alla corte UE». Zaia chiede di legare il referendum sull’autonomia del Veneto a quello nazionale

 

elezioni pat scheda votazione referendum popolare 2011Prima decisione della Corte Costituzionale (l’altra attesa per la fine di gennaio riguarda la legge elettorale) sui tre referendum proposti dalla Cgil sul tema del lavoro. Il consiglio plenario ha ammesso i quesiti riguardanti la responsabilità solidale in materia di appalti e buoni lavoro, mentre ha bocciato quello sull’articolo 18 e licenziamenti illegittimi contenuti nel “Jobs act”, feticcio dell’ala più retriva del sindacalismo e della politica nostrana.

La decisione della Corte ha scatenato la reazione stizzita del segretario generale della Cgia, Susanna Camusso, che esce sconfitta sul tema più politico della campagna referendaria: «siamo convinti che la libertà dei lavoratori passi dalla loro sicurezza e quindi continueremo la nostra iniziativa contrattuale per ristabilire il diritto così come valuteremo tutte le possibilità, compresa quella di un ricorso alla Corte Ue sulle norme sui licenziamenti. Nessuno pensi che questa battaglia è finita, va continuata e continuerà. A chi pensa che ora tutto andrà avanti come prima dico – continua Camussso – che non devono dormire sonni tranquilli: per noi i comportamenti illegittimi devono essere sanzionati». 

L’approvazione di due referendum su tre ha dato il destro al governatore del Veneto, Luca Zaia, di ribadire la richiesta al Governo di abbinare il prossimo referendum locale sull’autonomia del Veneto a quello nazionale che si dovrà svolgere nella tarda primavera: «è la seconda volta che chiediamo l’election day e la prima volta il precedente governo non ha avuto neanche la dignità di rispondere, costringendo la giunta regionale a stanziare 14 milioni di euro nel bilancio 2017 per l’effettuazione della consultazione referendaria sulla nostra autonomia. Ora, torniamo a chiederlo con la pazienza di chi sa di avere ragione – ha sottolineato Zaia – facendo notare ad un governo che predica ogni giorno risparmi sulla spesa pubblica, che far gravare sui veneti un costo di 14 milioni che potrebbero essere spesi in modo più virtuoso per sanità, servizi sociali o altre necessità, costituisce una terribile contraddizione. Il governo dica apertamente – ha concluso il presidente veneto – che non vuole dare spazio all’autonomia. Ma sappia che a questo Referendum noi non rinunceremo e ci andremo comunque, anche senza l’election day. Qualcuno dovrà poi spiegare ai veneti perché questa operazione di abbinamento non è stata possibile, nonostante sia stata sollecitata per ben due volte».

Con la sentenza di ammissibilità da parte della Corte di due dei tre quesiti referendari, si apre la campagna elettorale che dovrà portare gli elettori alle urne in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi, fatta salva l’ipotesi di elezioni anticipate nel cui caso le votazioni sui due referendum saranno rinviate all’anno prossimo. 

Il referendum sui buoni lavoro per il lavoro accessorio obiettivo della Cgil è la loro abrogazione, gli assegni da 10 euro lordi, 7,50 euro netti, con cui attualmente si possono pagare un ampio spettro di prestazioni accessorie entro un tetto di 7.000 euro l’anno. Strumenti, questi, nati nel 2003 con la riforma Biagi in versione anti-sommerso e circoscritti alle prestazioni di studenti e pensionati, poi ampliati nell’applicazione dal governo Berlusconi nel 2010 fino alla modifica del tetto massimo annuale dal governo Renzi, il cui utilizzo è lievitato in maniera esponenziale soprattutto nel 2015 ma che nel 2016 ha toccato quota 121,5 milioni di assegni venduti, secondo gli ultimi dati Inps. Dati che prefigurerebbero un abuso nel loro utilizzo, il motivo per cui la Cgil ne chiede l’abrogazione.

Con il secondo referendum obiettivo della Cgil è il ripristino della piena responsabilità solidale in tema di appalti. Il quesito perciò chiede di abrogare le attuali disposizioni di legge con le quali per il sindacato è stata attenuata e vanificata la responsabilità datoriale verso i lavoratori. Nel mirino la legge Biagi, in particolare il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 comma 2”. Per il sindacato, che vuole così ostacolare eventuali pratiche di concorrenza sleale proteggendo i lavoratori occupati negli appalti e sub appalti coinvolti in processi di esternalizzazione, ci deve essere un’uguale responsabilità, in tutto e per tutto (responsabilità solidale), tra appaltatore e appaltante nei confronti di tutto ciò che succede nei rapporti di lavoro.