A Rovereto terzo appuntamento con “Musica Macchina” con l’Orchestra di Bolzano e Trento “Haydn”

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18 09 2016 Orchestra Haydn dir Valcuha
All’auditorium Melotti Giovanni Battista Rigon dirige pagine di Tommasini, Ravel e Sciarrino

18 09 2016 Orchestra Haydn dir Valcuha Lunedì 6 febbraio (ore 21.00) all’Auditorium “Melotti” di Rovereto (Tn) il terzo appuntamento stagionale con la rassegna “Musica Macchina” promossa dal Centro Servizi Culturali S. Chiara con l’Orchestra “Haydn” di Bolzano e Trento diretta  da Giovanni Battista Rigon. Il concerto, realizzato in collaborazione con l’Associazione Filarmonica di Rovereto e “Settenovecento” – Incontri Musicali a Rovereto, prevede l’esecuzione di  pagine musicali di Vincenzo Tommasini (1878-1950), Maurice Ravel (1875-1937) e Salvatore Sciarrino (1947).

Il Novecento che cerca se stesso nel passato ante (e anti) romantico è una miniera di opere e di operazioni di cui il programma di questo concerto presenta tre esempi collegati variamente dall’idea di gioco e da un segno mozartiano, nonostante i due primi titoli portino dritto al cuore della prima guerra mondiale. 

Quando Vincenzo Tommasini sale nel 1917 sulla scena parigina con il balletto “Les Femmes de bonne humeur”, la prima delle tre esecuzioni in programma, non è uno sconosciuto: il suo nome è da tempo associato al combattivo manipolo di giovani ansiosi di agganciare la musica italiana alla modernità europea. Prodotto per i “Ballets Russes” di Sergej Diaghilev, è il risultato di una doppia operazione neoclassicistica: nella veste di “arrangiatore” dell’omonima opera di Goldoni e di orchestratore di otto sonate di Domenico Scarlatti, Tommasini appare qui come un misconosciuto precursore. Se non una prova esemplare di neoclassicismo (l’uso del materiale antico non è al servizio di un ripensamento modernista del linguaggio), la rielaborazione coloristica di Scarlatti è uno dei primi casi di appropriazione creativa di un patrimonio ‘antico’ e nazionale. La scrittura di Tommasini è apparentemente spensierata, fedele al soggetto del balletto (raggiri burleschi, travestimenti, clima carnevalesco). Secondo una testimonianza dell’epoca, il risultato è «una pantomima straordinariamente animata, sottolineata di volta in volta dalla vivacità sbalorditiva e dalla verve trepidante di Domenico Scarlatti». 

Di segno simile, anche se estremamente diverso per carattere e tecnica, è la seconda esecuzione in programma, “Le Tombeau de Couperin”, una “suite française” composta da Maurice Ravel negli anni della Prima guerra mondiale che parte da un principio intrinsecamente neoclassico: il clavicembalo di François Couperin riporta all’età d’oro della musica nazionale ed è modello per ripensare la scrittura pianistica, superando certi eccessi virtuosistici ed emotivi. All’inizio del 1917, Ravel, trasformato da quindici mesi di guerra e dalla morte della madre, dedica ad amici caduti al fronte ognuno dei sei brani, introdotti da un Prélude e divisi tra pagine di derivazione tipicamente strumentale (una Toccata e una Fuga) e danze della tradizione francese (Forlane, Rigaudon, Gigue). Sono queste, dopo il Prélude, che Ravel trascrive per orchestra nel 1919, secondo una prassi per lui caratterizzante di gioco trasformativo dalla tastiera alla tavolozza sinfonica.  L’orchestrazione rispetta i tratti di un organico barocco con l’aggiunta di corno inglese (grande protagonista del primo brano), clarinetto e arpa. Come i timbri sono una felice fusione di colore storico e modernità, altrettanto avviene nella scrittura: movenze settecentesce sono sparse in un fluire discorsivo ricco di ritmi saltellanti, elementi popolareschi, giocoso rimbalzare tematico tra gli strumenti. Nonostante la gravità dei riferimenti alla storia, sono pagine aeree, ricche di sorprese, combinazioni coloristiche, gusto della motricità e delle alternanze tra gli strumenti. «Per me orchestrare è più un gioco che un lavoro», sostiene l’autore che vela le sue trame con un tratto di trasparenza mozartiana.

La terza e ultima esecuzione porta invece la firma di Salvatore Sciarrino che la compose nel 1993. “Mozart a 9 anni. Dieci brani di W. A. Mozart trascritti per orchestra d’epoca” sono quello che promette il titolo. «Era oltre un secolo che questi pezzi chiamavano perché qualcuno li orchestrasse» afferma il compositore palermitano, che si immerge in queste pagine molto varie per forma e scrittura, sorprendentemente foriere di quella curiosità anche irriverente verso le pastoie del “giusto scrivere” che associamo allo spirito anticonvenzionale del salisburghese. «La mia orchestrazione – afferma – accetta la sfida del gioco, fin troppo serio, proponendo alcune istantanee di Mozart a 9 anni».