Pil 2016: chiusura d’anno meglio del previsto con +1%

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grafico indice crescita
Incremento maggiore dal 2010, ma da inizio crisi il PIL deve recuperare ancora il 7%. Anche se il risultato è positivo, la crescita italiana rimane tra le più basse d’Europa e del mondo

grafico indice crescitaSi chiude con una punta di ottimismo il 2016 dell’economia italiana. Secondo i dati preliminari diffusi dall’Istat, la variazione del Pil stimata sui dati trimestrali grezzi è risultata pari a +0,9%. Se il dato sarà confermato a marzo, si tratterebbe dell’incremento maggiore dal 2010, quando la crescita si attestò all’1,7%. Da allora, il prodotto interno lordo italiano è salito dello 0,6% nel 2011, è sceso del 2,8% nel 2012 e dell’1,7% nel 2013, per poi tornare ad aumentare dello 0,1% nel 2014 e dello 0,7% nel 2015.

Il dato corretto per gli effetti di calendario è anche migliore e dice +1,0%. La differenza si spiega con i due giorni lavorativi in meno contati dal 2016 rispetto al 2015. In entrambi i casi l’andamento è superiore allo 0,8% atteso dal Governo e si traduce in una variazione acquisita per il 2017 pari a +0,3%. 

Positivo è anche il risultato del quarto trimestre, durante il quale il prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell’1,1% nei confronti dello stesso periodo del 2015. Il periodo ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e due in meno rispetto al quarto trimestre del 2015. L’andamento tendenziale è uguale a quello del terzo, al top dal secondo trimestre 2011, quando la crescita si attestò all’1,5%. La variazione congiunturale, spiega l’istituto di statistica, è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei settori dell’industria e dei servizi e di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura. 

Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale al lordo delle scorte e un apporto negativo della componente estera netta. Nello stesso periodo il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,5% negli Stati Uniti, dello 0,6% nel Regno Unito e dello 0,4% in Francia e in Germania. In termini tendenziali, la crescita è stata del 2,2% nel Regno Unito, dell’1,9% negli Stati Uniti e in Germania e dell’1,1% in Francia.

«Un po’ abbiamo ricominciato a crescere, questo è indubbio, ma in un contesto tutto sommato benevolo – 15 trimestri consecutivi di crescita – restiamo il grande convalescente nell’Eurozona – afferma Andrea Goldstein, direttore di Nomisma -. Lo 0,2% trimestrale e soprattutto l’1,1% nei confronti del quarto trimestre del 2015 suggeriscono che sta lentamente ritornando la fiducia».

E’ infatti dal lato della domanda interna che vi è un contributo positivo e l’apporto negativo della componente estera netta non va letto come un segnale di perdita di competitività, quanto piuttosto di ripresa degli investimenti e quindi di acquisto di macchinari dall’estero. Ma altrove il Pil corre a ritmi ben più incoraggianti. «Molto più rapidamente negli Stati Uniti e nel Regno Unito, che sembrano capaci di resistere anche agli shock politici, e comunque a ritmo due volte superiore anche in Francia. Il gap tra l’Italia e i principali partner commerciali e finanziari si amplia ad ogni trimestre. La strada per la crescita è tracciata? Certo – conclude Goldstein – nel 2016 il Pil (corretto per gli effetti di calendario) è aumentato dell’1,0%, finalmente lasciando alle spalle, anche se di pochissimo, la lunga parentesi dello zero virgola. Ma di ben altra crescita ha bisogno l’Italia per ripianare le devastazioni della Grande Recessione. I conti pubblici sono in mani esperte e sagge, dieci anni dopo le lenzuolate di Prodi e Bersani attendiamo ancora la sferzata 2.0 nelle riforme di struttura».

Già. Per recuperare il livello di antecrisi del 2007, il Pil deve crescere ancora di oltre il 7%, livello che potrà essere raggiunto, se proseguirà il trotto lento appena imboccato, tra 6 anni, quando realtà come la Spagna, che partiva da condizioni peggiori da quelle italiane, ha già recuperato il livello di antecrisi e corre decisamente meglio dell’Italia. Forse grazie a quelle riforme che in Spagna si sono fatte anche a costo di scontentare grandi fette di elettorato, che in Italia si sono solo vaticinate ma mai realizzate completamente.