Trento, inaugurato l’anno giudiziario della giustizia tributaria

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305 ricorsi su imposte per 68,4 milioni di euro, con una giacenza al 31 dicembre 2017 di 935 ricorsi, in crescita rispetto al 2016. Pascucci: «l’ufficio di Trento è tra i più efficienti d’Italia»

Il valore complessivo delle imposte oggetto di controversie avanti alla Commissione tributaria di I grado di Trento, nel 2017, al netto di sanzioni e interessi è stato di 47.566.542 euro, mentre i 305 ricorsi definiti hanno riguardato imposte per 68.484.953 euro. La cifra è contenuta nella relazione del presidente della Commissione tributaria di II grado di Trento, Corrado Pascucci diffuso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Giustizia tributaria a Palazzo Geremia.

Il valore delle imposte relative ai 92 procedimenti in appello avanti alla Commissione di II grado – si legge ancora nella relazione – è di 6.806.117 euro, mentre le 133 controversie decise hanno riguardato imposte per 26.997.274 euro. I ricorsi dei cittadini davanti alla Commissione tributaria di I grado nel corso del 2017 sono stati 403 (351 nel 2016), «un’inversione di tendenza, questa, rispetto all’andamento degli ultimi anni che segnava una costante e progressiva diminuzione del nuovo contenzioso», scrive il presidente Pascucci.

Ne sono stati definiti 305, con una conseguente giacenza (al 31 dicembre 2017) di 935 ricorsi (alla fine del 2016 erano 837). Un leggero incremento dell’arretrato in termini assoluti di 97 procedimenti. Per effetto della normativa sulla “rottamazione delle liti pendenti”, però, sono stati sospesi 65 procedimenti, portando quindi l’incremento delle controversie pendenti a 22. Sono state invece 139 le richieste di sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato per possibile danno “grave e irreparabile”, mentre le vertenze definite con una conciliazione sono state 13.

Il contenzioso ha riguardato tutti i tipi di tributi, con prevalenza dell’Iva, seguita da Irpef e Irap. Alcuni filoni del contenzioso hanno riguardato accertamenti basati sulla cosiddetta “estero vestizione”, mentre altri hanno interessato la contestazione di fatture inesistenti o di società non operative e di comodo. Per quanto riguarda la Commissione tributaria di II grado, «vi è una sensibile diminuzione dei ricorsi in appello (92, erano 128 nel 2016, ndr), in controtendenza con l’aumento dei ricorsi davanti alla Commissione tributaria di I grado ma in conformità al trend nazionale di flessione della litigiosità fiscale». Anche in questo caso le cause, nel corso del 2017, hanno riguardato tasse come Iva, Irap, Irpef, Ires e Ici. I ricorsi pendenti al 31 dicembre 2017 erano 178, 41 in meno dell’anno precedente.

«In definitiva, il bilancio complessivo dell’anno di attività appena trascorso deve ritenersi, nel complesso, positivo. Sono estranee a questo territorio le inefficienze che sembrano affliggere taluni uffici giudiziari del territorio italiano, anche se occorre dire che le cause in attesa di decisione sono scese sul territorio nazionale a 417.250, rispetto alle 530.000 del 2015 – scrive il presidente Pascucci, nella sua relazione -. L’arretrato è assolutamente fisiologico e non crea preoccupazioni di sorta. I tempi di definizione delle controversie sono più che accettabili. E non violano comunque il principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Vi sono in definitiva i presupposti per guardare anche all’anno tributario che stiamo andando ad aprire con l’ottimismo della ragione».

Altro passaggio significativo della relazione, è quello in cui il presidente sottolinea come «si invocano interpretazioni che favoriscano o almeno che non intralcino, massimamente nel caso di imprese di grandi dimensioni, il dispiegarsi di strutture fiscali auto-organizzate in funzione della restrizione della base imponibile e della riduzione delle imposte; e ciò in ossequio alla prevalenza dell’economia su ogni altro ambito della società». Capita quindi che quando un pronunciamento consolidato fatto proprio dalla Cassazione possa essere ritenuto «non orientato alla crescita, allora interviene il legislatore a normare quella diversa e più favorevole lettura che i giudici non avevano avallato». Pascucci cita in particolare la recente modifica del Testo unico sulle imposte di registro modificato con la legge di bilancio 2018.