Punto nascita di Cavalese, nuova tegola dal ministero sulla provincia di Trento

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Dopo che la Giunta aveva accettato di riaprire il servizio su pressione degli abitanti e degli amministratori delle valli di Fiemme e Fassa, ora il blocco arriva dal ministero: «serve anche una nuova sala operatoria per le emergenze».

La querelle attorno al punto nascita dell’ospedale di Cavalese raggiunge un nuovo punto di scontro con le amministrazioni delle valli di Fiemme e Fassa, oltre che con la popolazione locale, che ha compiuto una battaglia per il ripristino del servizio visto come fondamentale per una realtà che dista una settantina di chilometri dal più vicino ospedale di fondovalle, distanza che d’inverno e con il brutto tempo diventa abissale.

Dopo che la giunta provinciale a trazione tripartita Patt, Dem e Upt aveva alla fine ingoiato il rospo e fatto marcia indietro sulla chiusura, provvedendo pure a bandire i concorsi e i contratti per nuovo personale sanitario a termine per garantire la riapertura del punto nascita, ecco che sul più bello quando la riapertura pareva essere cosa di pochi giorni attiva la comunicazione dal parte del ministero della Salute che lega la riapertura del servizio alla presenza di una seconda sala operatoria per le emergenze.

Sembra una vicenda dell’irreale, laddove prima popolazione ed amministrazione locale, spalleggiata dalle minoranze in Consiglio provinciale di Trento riescono a far fare marcia indietro sui progetti di razionalizzazione della sanità trentina che indiscutibilmente depotenziano i servizi sanitari sulle valli periferiche di montagna per accentrarli nel fondovalle, accompagnando la decisione con il potenziamento del servizio di elisoccorso per ridurre i tempi di soccorso e di assistenza per i casi più lontani dagli ospedali di riferimento. Ma ora la disposizione del ministero pare la classica ciliegina su una torta che nessuno riesce mai a mangiare.

Ne la presenza delle due sale operatorie attualmente in servizio presso l’ospedale di Cavalese non servono a smuovere il ministero dalla sua posizione perché, come conferma il direttore dell’Azienda sanitaria provincia, Paolo Bordon, «le due sale attuali sono già totalmente utilizzate per le esigenze dei reparti di ortopedia e chirurgia».

L’assessore alla salute Luca Zeni e il presidente della provincia Ugo rossi fanno buon viso a cattivo gioco, annunciando che «c’è la volontà di riaprire il punto nascita di Cavalese, anche se ciò non potrà essere come previsto entro aprile». Ora si dovranno fare i necessari progetti, autorizzazioni e lavori per effettuare l’approntamento della nuova sala operatoria «sempre pronta e disponibile per le emergenze nel blocco travaglio», oltre che rinvenire i finanziamenti per la sua realizzazione, circa 700.000 euro, cosa che porterà via un altro anno, durante cui le partorienti di Fiemme e Fassa dovranno armarsi di pazienza e di tanta fortuna per evitare complicazioni legate alla gestazione e al parto.

Rossi e Zeni hanno annunciato che agiranno sulla burocrazia ministeriale per fare rivedere la posizione centrale e consentire l’apertura del servizio anche nelle more della realizzazione della nuova sala operatoria. Intanto, l’Azienda sanitaria si trova nelle necessità di dirottare i medici che aveva provveduto ad assumere per la riapertura del servizio presso le altre strutture della Provincia.

E se in Giunta cercano di evitarsi di scottarsi del dita con la patata bollente del punto nascita dell’ospedale di Cavalese a pochi mesi da un difficile appuntamento elettorale che vede l’attuale maggioranza di centro sinistra autonomista correre in rincorsa ad un centro destra uscito fortemente rafforzato dalle Politiche dello scorso 4 marzo, gli amministratori locali sono tutt’altro che tranquilli. «Dinanti all’ennesimo “No” da Roma, il rischio è che questa volta ci sia la pietra tombale su tutta la vicenda» tuonano i sindaci di Fiemme.

Le opposizioni in Consiglio provinciale sono sul piede di guerra. Il consigliere provinciale Filippo Degasperi (M5S) ha platealmente protestato sotto la sede dell’azienda sanitaria contro le iniziative legali annunciate (contro di lui) dal direttore generale della sanità trentina per una serie di dichiarazioni considerate diffamatorie. Degasperi ha detto che la fine del reparto di Cavalese era annunciata e ha chiesto nuovamente le dimissioni del direttore generale Bordon. Sulla stessa linea il consigliere della Civica Trentina, Claudio Civettini, che chiede alla Provincia da quanto tempo sapesse della nuova condizione imposta da Roma.

Mobilitazione anche dalla vicina val di Fassa, che gravita sull’ospedale di Cavalese: «anche tutti i comuni di Fassa sono decisi ad ottenere al più presto la riapertura del punto nascita di Cavalese – dichiara la Procuradora di Fassa e neo senatrice di Forza Italia, Elena Testor -. Bisogna agire al più presto per evitare che i finanziamenti trovati dalla Provincia vengano dirottati altrove e chiusa definitivamente la struttura. Ho già predisposto un’interrogazione al ministero per chiarire la situazione».