Sanità in Friuli Venezia Giulia: emergono i “buchi” del patto finanziario Stato-Regione sottoscritto da Serracchiani

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Dal Mas: «l’accordo lascia scoperti oltre 100 milioni di fabbisogno nella spesa sanitaria». 

Gli accordi di compartecipazione al risanamento dei conti del bilancio dello Stato da parte delle autonomie speciali continuano a dimostrare lacune. Ora tocca al Friuli venezia Giulia, dove il patto sottoscritto dall’ex governatrice e neo deputata Dem, Debora Serracchiani con il ministro Pier Carlo Padoan fa emergere un potenziale buco nei conti della sanità.

Lo ha scoperto il senatore forzista Franco Dal Mas, secondo cui «occorre immediatamente dare chiarezza ai cittadini su cosa li aspetta sulla sanità dopo le elezioni: con il patto Serracchiani Padoan, che alimenta le finanze regionali, non c’è sicurezza sulle future entrate del Friuli Venezia Giulia e, quindi, sulla tenuta dei conti del sistema sanitario».

Per Dal Mas la modifica delle fonti di finanziamento, ovvero il Patto Serracchiani-Padoan dello scorso gennaio, mette a rischio introiti per la Regione per una cifra indefinita che potrebbe superare i 100 milioni di euro. Questo poiché che la riduzione dell’Irpef e dell’IVA, inserita nel Patto, è pari a oltre 280 milioni di euro, compensati da imposte mai riscosse prima e del cui gettito compensativo non v’è certezza. E, poiché il bilancio regionale è assorbito per oltre il 50% dal sistema sanitario, la mancanza di fondi andrà a colpire direttamente la sanità pubblica del Friuli Venezia Giulia. Inoltre, il patto non affronta il problema del finanziamento della sanità regionale, che incide sul bilancio per 2,518 miliardi di euro.

«Anziché ridurre i decimi delle compartecipazioni come fatto con il patto di gennaio – afferma il Dal Mas – bisognava semmai azzerare o ridurre la contribuzione della Regione al risanamento della finanza pubblica, oppure incrementare i decimi. La fuoriuscita dal Fondo Sanitario Nazionale, avvenuta nel 1997, fu infatti compensata dall’incremento di alcuni decimi di imposte come l’IVA (+4 decimi, Irpef +2 decimi, Ires +0,5 decimi). Per comprendere quello che è sancito dal patto Serracchiani-Padoan, oggi la somma dei decimi, sulla base del valore fornito dal Ragioniere della Regione, ammonta a 1.327,83  milioni di euro. Dall’altra parte. lo Stato – contina Dal Mas -, nel definire il finanziamento del fabbisogno sanitario del 2017 certifica che, invece, il denaro di cui abbisogna la Regione per finanziare la sanità è di 1444,69 milioni di  euro. Quindi, per il solo finanziamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) mancano 116 milioni di euro. Se teniamo conto che il valore di 1.327 milioni di euro, includeva anche il finanziamento degli Enti locali (nel 1997, con quei decimi, la Regione rinunciò ai trasferimenti statali per il finanziamento della spesa gli Enti locali) il contenzioso da aprire con lo Stato vale ben più di 117 milioni (1.444,69-1.327,83). Ad essere generosi – sottolinea Dal Mas – il sottofinanziamento dello Stato per la sanità non può essere inferiore ai 300 milioni».

Di qui il dilemma: se mancassero 100 milioni cosa dovrebbe fare la nuova Giunta? Tagliare ospedali o l’assistenza domiciliare? I farmaci oncologici o salva vita? Ridurre gli extra Lea che la Regione finanzia per oltre 223 milioni? Oppure ridurre altre spese ed ingessare il bilancio destinandolo al finanziamento della sanità quasi per intero?

«Per fornire alcuni dati ufficiali – continua Dal Mas -, ricordo che nel 2016 l’ospedale Gervasutta di Udine è costato circa 22 milioni, i due ospedali di Tolmezzo e San Daniele quasi 112 milioni, quelli di Palmanova e Latisana 79, quelli di Gorizia e Monfalcone 103, quelli di San Vito e Spilimbergo 53. Costi che oggi sono maggiori per la naturale tendenza a crescere della spesa sanitaria, e per lo “sgoverno” della sanità in seguito alla riforma e alla confusione che ha determinato tra pazienti, professionisti e cittadini».

Questa eredità pesantissima dovrà essere affrontata dal prossimo governo regionale. «Cosa dovrà fare la nuova Giunta – si chiede Dal Mas – premesso che la nostra Regione restituirà a Roma, per contribuire al risanamento della finanza pubblica, oltre 769 milioni nel 2018, 627 milioni nel 2019 e 747 milioni nel 2020? Praticamente tra maggiore spesa sanitaria non finanziata e trattenute per la finanza pubblica siamo, nel solo 2018, a oltre 1,1 miliardi di entrate in meno che potrebbero essere destinati allo sviluppo della Regione».

Oltre a questo, continua il senatore Dal Mas, «non si dimentichi che i famosi 120 milioni di sconto che la Serracchiani sbandiera ai quattro venti quale risultato eccezionale, sono come le famose vacche di Fanfani. Qualcuno, infatti, si scorda di ricordare agli elettori di questa regione che, con il primo patto del 2014, la ex Governatrice rinunciò ad una serie di ricorsi pendenti tra cui quelli relativi alle manovre del settore sanitario, costate nel quinquennio 2014/2018 oltre 430 milioni (vedasi l’art. 3 commi 1 e 2)».

Non ultimo, occorre ricordare che nel 2015 la Corte costituzionale riconobbe che il ricorso della Valle D’Aosta sulle trattenute dello Stato per il finanziamento della sanità era giusto poiché, essendo una regione a Statuto speciale (che quindi autofinanzia la sanità con le sue compartecipazioni come il Friuli Venezia Giulia), la Regione Valle d’Aosta non gravava sul bilancio dello Stato e, quindi, lo stesso non era legittimato a imporre un concorso al contenimento della spesa sanitaria.

Stanta questa situazione, per il senatore Dal Mas «è determinante che la sanità regionale sia messa immediatamente sotto stretta osservazione da una gestione competente: va riprogettato completamente il suo sistema di finanziamento rivedendo i termini degli accordi con lo Stato. Va rivista l’intera organizzazione amministrativa, semplificando e ottimizzando i servizi, ripulendo quel pastone assurdo che, oggi, mette in un unico calderone chi gestisce i servizi veterinari o quelli di assistenza domiciliare, con le importanti specialità sanitari, cardio e neurochirurgia. Va fatto un piano del personale adeguato a quella che è stata e deve tornare ad essere una sanità di eccellenza, valorizzando il grande potenziale delle nostre risorse che, ad oggi, con la loro volontà e professionalità, sono riuscite a far stare in piedi un sistema colpito da tutte le parti dall’inadeguatezza gestionale del centrosinistra».