A Rovereto la mostra “Cosa videro quegli occhi! Uomini e donne in guerra. 1913-1920”

Evento organizzato in occasione delle celebrazioni del Centenario della fine della Prima guerra mondiale negli spazi di Progetto Manifattura. 

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In occasione delle celebrazioni del Centenario della fine della prima guerra mondiale si inaugura la mostra “Cosa videro quegli occhi! Uomini e donne in guerra. 1913-1920”, curata da Laboratorio di storia di Rovereto e organizzata dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto (aperta dal 9 maggio al 30 dicembre, dalle ore 10.00 alle 18.00 a ingresso gratuito), che racconta un fondamentale capitolo della storia del Trentino e dei trentini durante la prima guerra mondiale.

Si tratta dell’iniziativa e del progetto espositivo più significativo e complesso nell’ambito del Centenario. La Grande Guerra è stata un conflitto di grandi numeri, e di grandissimi numeri è anche questa mostra, tra collaborazioni, prestiti, reperti, documenti, spazi:

La mostra è ospitata in un’ala del Progetto Manifattura (ex Manifattura tabacchi di Borgo Sacco), in spazi espositivi appositamente ripristinati da Trentino Sviluppo, 400 metri quadri per un nuovo e straordinario spazio di cultura e approfondimento aperto alla comunità. La straordinaria e complessa esposizione, che ha richiesto oltre un anno e mezzo di preparazione, ha visto la partecipazione di oltre 50 diversi enti – trentini, italiani e internazionali-, che hanno collaborato o prestato materiale fotografico o documentario oltre al contributo di oltre 150 prestatori privati. Inoltre, tra i circa 500 tra reperti e documenti in mostra, un cospicuo nucleo di materiali è esposto per la prima volta al pubblico.

“Cosa videro quegli occhi!” racconta la vicenda, tragica e complessa, dei soldati trentini combattenti dall’agosto 1914 sul fronte orientale, e poi prigionieri dei Serbi e dei Russi in spazi sterminati e in una babele di genti, di lingue e di esperienze; e di quelli che dal maggio 1915 combattono sul fronte italo-austriaco, spesso sulle montagne di casa, avendo di fronte un nemico che parla la stessa lingua e anche conterranei renitenti che hanno scelto la divisa italiana, dovendo magari esperire la prigionia in Italia.

Ma dietro loro, i soldati/prigionieri, c’è la storia delle loro famiglie, del distacco, di separazioni spesso incolmabili, di nuove famiglie; c’è la storia dell’esilio; c’è la storia di un territorio invaso dagli eserciti e da loro profondamente mutato, grazie anche al lavoro di anziani, donne e ragazzi militarizzati; c’è la storia, speculare e beffarda, di migliaia e migliaia di prigionieri russi e serbi portati qui a sostituire da schiavi gli uomini trentini che sono in Russia a lavorare da prigionieri-schiavi; c’è la storia dei

ritorni, mai facili, spesso tortuosi e ritardati, in un ambiente di rovine; e c’è il racconto del dolore, del lutto, dell’avventura, che da sempre accompagnano le guerre e che le incrudeliscono, ma anche, talvolta, le addolciscono.

A fianco della mostra, sarà pubblicata nei prossimi mesi anche un’opera a stampa in due volumi: uno, di mano del Laboratorio, che ripercorre il cammino di questi uomini e di queste donne attraverso le scritture diaristiche, le fotografie e un consistente numero di storie esemplari; l’altro, che raccoglie i saggi di dodici storici che ricostruiscono vicende e contesti.