Cluster Comet, la metalmeccanica del Friuli Venezia Giulia in netta ripresa

Presentata l’analisi sul comparto manifatturiero realizzato dalle università di Trieste e Udine. Analisi strutturale e andamento negli ultimi 15 anni. 

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È stato presentato nella sede di Unindustria a Pordenone, il risultato dell’analisi “La Metalmeccanica nel Friuli Venezia Giulia. Analisi strutturale e trend negli ultimi 15 anni”, commissionata dal Cluster Comet alle Università degli Studi di Trieste e Udine alla presenza di Michelangelo Agrusti, presidente Unindustria Pordenone, Sergio Barel, presidente Cluster Comet, Marina Chiarvesio, del Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell’Università degli studi di Udine, e di Mattia Onofri, responsabile commerciale di Euler Hermes Italia.

Alla presentazione della ricerca è seguita una tavola rotonda cui hanno partecipato Gianfranco Bisaro, presidente sezione Metalmeccanica Unindustria Pordenone, Marco Camuccio, responsabile comerciale di Premek e Angelo Megaro, direttore Centro studi Federmeccanica.

In apertura di lavori, Agrusti ha sottolineato come «l’indagine, efficace strumento di analisi e verifica, evidenzia il ruolo strategico del sistema industriale pordenonese in Friuli Venezia Giulia. Esso è tale non soltanto dal punto di vista quantitativo ma anche dell’effettiva capacità evolutiva di prodotto e dei processi produttivi – sempre più basata sull’innovazione tecnologica – che è stato in grado di adottare nonostante la crisi. Unindustria Pordenone ha offerto in questo senso al proprio tessuto produttivo, ma più in generale a quello di tutta la regione, il Digital Innovation Hub (insediato nella Lean Experience Factory di San Vito al Tagliamento), primo esempio del genere in Italia creato per supportare, guidare e accompagnare le imprese nella trasformazione digitale grazie ad adeguate competenze e servizi di consulenza di primissimo livello».

Sono quasi 250 le imprese del campione rappresentativo oggetto dell’indagine condotta dai due Atenei per elaborare un report idoneo a delineare l’andamento, negli ultimi quindici anni, del comparto della metalmeccanica, motore trainante dell’economia regionale. Il coinvolgimento delle due università friulane ribadisce l’importanza della collaborazione e del sapere far squadra e conferma la volontà del Cluster Comet di cooperare e sostenere le eccellenze del territorio. Un impegno, questo, che ha portato l’ente ad essere riferimento regionale per la gestione del sistema Metalmeccanico, nonché, il Cluster più importante del territorio, che rappresenta più di 3.800 imprese, oltre 54.000 occupati. Un settore che rappresenta il 48% delle aziende manifatturiere del Friuli Venezia Giulia.

«Siamo di fronte a un tessuto imprenditoriale piuttosto frammentato e complesso – precisa Sergio Barel, presidente di Cluster Comet – rappresentato da aziende a conduzione prevalentemente familiare. È chiaro quindi come il Cluster giochi un ruolo strategico nell’aggregazione di queste imprese e nell’ascolto delle loro necessità. Diventa fondamentale il tema delle aggregazioni per affrontare sfide comuni, dividendo i rischi e cogliendo insieme opportunità e stimoli».

Sul cruciale peso del comparto della metalmeccanica nell’economia nazionale è intervenuto Angelo Megaro, direttore Centro studi Federmeccanica: «nel primo trimestre 2018, i volumi produttivi sono diffusamente cresciuti rispetto agli ultimi tre mesi del 2017 e, al contempo, il settore della metalmeccanica rappresenta il 50% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera in Italia, con un consolidamento dell’export pari a 215miliardi di Euro». Conferma l’andamento positivo nazionale, la fotografia scattata dal rapporto: dopo anni di sofferenza, la filiera metalmeccanica ha saputo reagire, dimostrando una naturale resilienza. Il fatturato complessivo delle società di capitali a fine 2016 appariva sostanzialmente in linea con quello pre-crisi, ma con segnali incoraggianti provenienti soprattutto dalle medie imprese (+10,2% in termini di ricavi) e dalle piccole (+3,4%), che in questo periodo hanno “tenuto” (durante la crisi) e reagito (poi) meglio delle microimprese, da un lato, e delle grandi multinazionali dall’altro.

Un risultato che è stato possibile grazie alla lungimiranza degli imprenditori che hanno scommesso su ricerca, progettazione, internazionalizzazione e servizi. In pratica, sul cambiamento del modello di business. Una tendenza testimoniata dal fatto che ben un terzo delle imprese intervistate (33%) ha dichiarato di aver trasformato in misura significativa il proprio modello di business verso da una logica imperniata sui prodotti, ad una servizio-centrica, nella quale il prodotto rappresenta solo una componente dell’offerta complessiva dell’impresa.

Dissolta la nebbia della crisi, si fa limpido l’avvento di un settore che punta a diventare centro dell’economia mitteleuropea, capace di dialogare con il mondo intero. Tanto è vero che oltre il 72% delle imprese analizzate risultano commercialmente presenti all’estero – in primis, sul mercato tedesco – e ben il 51% del fatturato complessivo delle imprese viene realizzato in mercati esteri. Ciò senza considerare il cosiddetto export definito “indiretto”, ovvero la vendita di componenti e prodotti ad aziende locali, per la loro incorporazione in prodotti finiti e tecnologie destinate ai mercati esteri. In scia al dinamismo dell’export, impenna anche la voglia delle PMI di sperimentare e di confrontarsi con il nuovo paradigma dell’industria 4.0: il 78% del campione ad esame ha dichiarato, d’altronde, di aver adottato almeno una delle soluzioni o tecnologie 4.0.

«Pur avendo coperto molte tematiche – internazionalizzazione, competitività, collaborazione lungo la filiera, eccetera – era inevitabile che la nostra ricerca dedicasse ampio spazio al tema del momento: l’Industry 4.0 – ha chiarito Marina Chiarvesio, del Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell’Università degli studi di Udine – quello che emerge dal rapporto è che nel comparto metalmeccanico regionale c’è molta voglia di sperimentare e di confrontarsi con queste tecnologie. Tre imprese su quattro hanno dichiarato di aver adottato almeno una delle soluzioni del 4.0. Si tratta di un valore elevato che però si accompagna a un percorso di adozione molto selettiva: poche tecnologie, e in linea con le strategie di sviluppo già avviate e con le strategie di innovazione in essere. In generale, nei contesti della fornitura e della subfornitura, la nuova manifattura digitale deve trovare un modo di sposarsi con modelli di business sedimentati – fatti di competenze produttive e di relazioni di filiera – che hanno fatto della metalmeccanica italiana una delle più competitive al mondo».

Tuttavia, dall’ascolto delle necessità degli imprenditori, è chiaro come, nonostante l’effettiva intenzione di sperimentare nuove tecnologie e la storica propensione all’innovazione incrementale, vi siano ancora delle incertezze sulla reale applicabilità e quindi ad investire in tecnologie adatte a un’innovazione radicale. Secondo Guido Bortoluzzi, del Dipartimento DEAMS dell’Università di Trieste, «un imprenditore intervenuto alla tavola rotonda mi ha detto che nel nostro rapporto legge l’evoluzione della sua azienda negli ultimi 15 anni. È proprio il messaggio principale che esce da questo rapporto: pur nella sua elevata varietà interna, quello meccanico è un comparto nel quale la competitività delle imprese non si gioca più su singole dimensioni, come possono essere l’innovazione, l’internazionalizzazione, la dotazione tecnologica o la qualità del prodotto. Ma su un mix di questi fattori. O detto in altre parole, sul modello di business».

Ed è proprio da qui che il Cluster Comet vuole partire per l’aggiornamento delle traiettorie “S3” della metalmeccanica in Friuli Venezia Giulia e implementare nuove attività e progetti: trasformando il tradizionale tessuto imprenditoriale friulano in Industria 4.0, considerando, però, sempre centrale il ruolo dell’uomo. Per questo, nel tema del trasferimento tecnologico deve entrare la collaborazione con il mondo della formazione tecnica di secondo grado e universitaria con logica duale e non di contrapposizione scuola/impresa che appartiene al secolo scorso.

«Il settore metalmeccanico vive del saper fare – sottolinea Barel -. Il tema del trasferimento tecnologico e delle competenze è la chiave della sostenibilità e dello sviluppo del settore, perciò il ruolo degli istituti di formazione diventa fondamentale per le nostre imprese. Da qui la necessità di una valutazione dei progetti della filiera da supportare con criteri e ruoli nuovi in cui anche il Cluster può e deve avere un ruolo».