Assindustria Venetocentro stronca il decreto dignità

La dura analisi del presidente Massimo Finco e del presidente vicario Maria Cristina Piovesana: «senza modifiche, l’unico effetto sarà la perdita di occupazione e investimenti». 

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Assindustria Venetocentro stronca il decreto dignità

Assindustria Venetocentro stronca il decreto dignità con una dura reprimenda nei confronti dei suoi contenuti che ha iniziato il suo esame alle commissioni parlamentari. Una stroncatura avvenuta nel costo del doppio incontro di studio su “novità normative e criticità del dl dignità”, svoltosi a Quinto di Treviso e a Padova, a cui è intervenuto il giuslavorista Arturo Maresca, drdinario di diritto del lavoro all’Università di Roma La Sapienza.

«Il decreto dignità, se confermato nella sua impostazione, è destinato a incidere in maniera pesantemente negativa sull’occupazione e sulle imprese – affermano il presidente di Assindustria Venetocentro, Massimo Finco e il suo vicario, Maria Cristina Piovesana -. Le rigidità che esso introduce, avranno il solo effetto di far perdere le occasioni di lavoro che un’economia sia pure in fragile ripresa sta creando. Col rischio di azzerare una tendenza virtuosa che solo in Veneto ha visto nel primo trimestre 2018 un saldo positivo di 53.200 nuovi posti di lavoro e la crescita dei contratti a tempo indeterminato (29.500, +26%), specie per effetto della transizione dai contratti a termine». Insomma, «l’esatto contrario degli obiettivi dichiarati dal decreto», che rende «più incerto e imprevedibile il quadro delle regole» per le imprese. In questo modo «si disincentiva chi ha sempre operato nel rispetto della legge, si perde occupazione, si allontanano gli investitori italiani ed esteri».

Oltre 600 imprenditori e manager delle risorse umane in rappresentanza delle 3.400 imprese per 160.000 addetti associate ad Assindustria Venetocentro Imprenditori Padova Treviso hanno affollato il doppio appuntamento. Una partecipazione ampia, che misura l’esigenza di capire come la nuova normativa inciderà nell’organizzazione quotidiana del lavoro in azienda, con la preoccupazione per i costi aggiuntivi, l’incertezza, le nuove rigidità e il rischio di contenziosi. Ad aprire i lavori sono stati, a Treviso Finco e a Padova Piovesana.

«Non c’era occasione più “difficile” per questo esordio associativo, di quella rappresentata dall’approfondimento di un provvedimento di legge che, se confermato nella sua impostazione originaria, è destinato ad incidere in maniera pesantemente negativa sul lavoro e sull’organizzazione del lavoro delle nostre imprese – ha detto Finco -. Se nelle intenzioni dichiarate, e nel titolo che ne esprime gli intendimenti, vorrebbe restituire dignità al lavoro e ai lavoratori e combattere la precarietà, l’esito ci appare totalmente disallineato rispetto agli obiettivi, figlio di un’altra economia (quella della crisi) che oggi, possiamo dire in via di superamento e figlio di pregiudizi culturali fuori dal tempo».

«Si dichiara di voler combattere la precarietà del lavoro – ha aggiunto Piovesana -. Ma quella è stata figlia degli anni di crisi, e non causata da una normativa troppo “generosa” in termini di flessibilità che oggi si vorrebbe cancellare. Oggi l’economia si è ripresa, e affrontare in questo modo la presunta precarietà con la memoria del passato, significa illudersi, ancora una volta, che sia un provvedimento di legge a creare il lavoro. Non è mai stato così, non è così e non lo sarà. Il lavoro lo creano un’economia in crescita e le imprese. Purtroppo, le rigidità che questo decreto legge introduce, avranno solo l’effetto di far perdere le occasioni di lavoro che un’economia in lenta ripresa sta creando».

Peraltro, ricordano gli imprenditori di Padova e Treviso, gli occupati a tempo determinato sono molti meno rispetto agli altri Paesi europei. In Italia il 14,5%, in Francia e Svezia il 16,9%, nei Paesi Bassi il 21,8%. Tutti Paesi con un tasso di occupazione superiore al nostro.

«Quella che emerge dal decreto è una visione ideologica, pregiudiziale e antica, ostile alle imprese e ad una moderna politica industriale – continua Finco -. Imprese e imprenditori che vengono percepiti in mala fede e approfittatori verso i lavoratori e i giovani. Esattamente il contrario di quanto l’evidenza e la nostra esperienza quotidiana testimoniano. Certo, potranno esserci state situazioni irregolari, ma costruire una regolazione sulle eccezioni di abuso per andare a penalizzare tutta un’economia positiva, crediamo sia assolutamente sbagliato e dannoso. In questo modo si disincentiva chi ha sempre operato nel rispetto della legge, si perde occupazione (come alcuni autorevoli istituti hanno già paventato) e si allontanano gli investitori italiani ed esteri».

«Oggi l’economia 4.0 sta superando le categorie di spazio e di tempo che hanno fin qui regolato il lavoro – ha detto Piovesana -. Infatti, i concetti di luoghi di lavoro e di orari di lavoro sui quali in questi decenni si è basata la disciplina sia legale che contrattuale del lavoro, sono sempre più destinati ad essere superati».

Questo decreto, concludono Finco e Piovesana, «riporta le lancette della normativa ad un tempo e ad un lavoro che non ci sono più. E cancella in un sol colpo un percorso riformista bipartisan, quello di Marco Biagi, di Tiziano Treu, Maurizio Sacconi e del Jobs Act, che in questi anni ha valorizzato e disciplinato tutte le forme di lavoro, anche temporanee, che prima ricadevano invece nel lavoro nero. Quello sì indegno e precario».

Per questo, «abbiamo rivolto uno specifico invito a tutti i Parlamentari veneti ad intervenire, in sede di conversione del decreto, per apportare i necessari correttivi ad un provvedimento che consideriamo profondamente sbagliato e dannoso per l’occupazione, in particolare dei più giovani».