Fassa Bortolo: bloccati dalla burocrazia 42 milioni di euro per il rilancio della Vilca di Dolcé

L’azienda trevigiana feramta dalla mancanza di una firma da parte del comune veronese. Occupazione ed investimenti a rischio per un semplice cavillo. 

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vilca di dolcè

Occupazione ed investimenti a rischio per un semplice cavillo burocratico. È la burocrazia la minaccia maggiore per una impresa storica del veronese, la Vilca di Dolcè, acquisita nel 2017 dalla Fassa Bortolo per 24 milioni di euro a seguito di un concordato preventivo con continuità aziendale.

Mancano i permessi del Comune di Dolcè, in un primo momento favorevole, per l’ampliamento del nuovo sito produttivo. Un rimpallo tra sindaco e segretario comunale ed ufficio tecnico, per apporre una semplice firma a cui basterebbe un notaio, rischia di far saltare un piano di investimenti di 42 milioni di euro. Questa la cifra che Fassa Bortolo è pronta a mettere sul campo e che incredibilmente è bloccata per una mancata decisione.

La Vilca, azienda del comparto della produzione di calce che attualmente impiega circa cinquanta addetti, nel 2017 non versava in buone acque. Grazie a Fassa Bortolo non solo è stata salvata da una crisi che sembrava irreversibile, ma ha messo a punto un piano di rilancio per potenziare le linee produttive, cambiare il combustibile delle fornaci per ridurre l’impatto ambientale, ampliamento dello stabilimento per lo stoccaggio e rendere più efficiente la cava. Il piano di Fassa Bortolo del valore di 42milioni di euro comprende anche opere per mitigare l’impatto morfologico – paesaggistico della cava sull’ambiente circostante.

«E’ una situazione paradossale che mi lascia tanta amarezza perché in questo Paese sempre di più, per noi imprenditori è difficile investire – commenta Paolo Fassa presidente del gruppo di Spresiano –. Sono esasperato da questa burocrazia che non aiuta le imprese ma addirittura le mortifica. Come Gruppo siamo pronti a investire decine di milioni di euro, siamo pronti a migliorare la situazione ambientale e occupazionale. Se si continua così sarò costretto a ripensare alle strategie aziendali e indirizzare i progetti di sviluppo verso l’estero. Un pensiero comune a tanti colleghi che rischiano i propri soldi e si vedono negare le autorizzazioni solo perché un’amministrazione comunale non vuole decidere. Una sciagura per l’Italia e per i giovani che sempre di più abbandoneranno questo Paese per andare a lavorare altrove».