Da Pd schiaffo a Rossi che si scontra con Roma

L’assemblea degli iscritti Dem boccia il bis. Il segretario Muzio rassegna le dimissioni. La segreteria nazionale: «Scelta molto grave». Inviperito il Patt. 

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Alla fine, dopo un lungo tira e molla, dal Pd schiaffo a Rossi: i Dem trentini hanno passato il Rubicone votando in assemblea degli iscritti il “no” al Rossi bis alla guida della provincia di Trento alle elezioni del prossimo 21 ottobre. Uno schiaffo sonoro vergato dal principale alleato della maggioranza di centro sinistra autonomista al governo provinciale uscente e al suo presidente che è rimasto invischiato tra la crisi economica e l’incapacità di dare un colpo di reni all’Autonomia, con il risultato che negli ultimi cinque anni il Trentino ha clamorosamente frenato rispetto ad un Alto Adige che ha corso, agguantato e superato la ripresa economica con risultati che sono spesso multipli del Trentino e della stessa Italia.

Lo schiaffo suonato dall’assemblea Dem è stato a maggioranza risicata, 25 “no” contro 22 “sì”, ma tanto è bastato perché il segretario provinciale Pd Giuliano Muzio traesse le conseguenze del voto, rimettendo le proprie dimissioni, lui che era a favore della linea della continuità aprendo al Rossi bis, cosa del resto auspicata dalla segreteria nazionale Dem che del voto trentino si è detta stupita e rammaricata, tanto da invocare una ripetizione del voto alla presenza di un esponente della segreteria nazionale.

Ma anche tra le fila del Pd trentino la voglia di lasciarsi alle spalle un quinquennio difficile, dove la stessa presidenza Rossi era nata più dalla capacità di mobilitazione del Patt nelle primarie (e dalla cattiva organizzazione Dem nella mobilitazione della propria base) che alle reali capacità di guida politica di Ugo Rossi, ha fatto premio su tutto. Complice anche le frizioni presenti all’interno del partito, tra l’ala governativa espressione degli assessori provinciali favorevoli alla conferma del mandato al presidente uscente Rossi, e quella movimentista guidata dalla presidente del partito, Dodata Borgonovo Re, da tempo in rotta con Rossi (già all’epoca del suo dimissionamento a mezzo social), più vicina ai sentimenti della base, che guarda con molto interesse alla figura del giornalista in pensione Paolo Ghezzi.

Dopo il voto notturno dell’assemblea Dem le reazioni non si sono fatte attendere. Lo stesso Rossi ha sbottato via social: «per cinque mesi hanno cantato il ritornello “prima di tutto la coalizione”. Ieri sera, gli stessi che cantavano, la hanno invece affossata. Rinnegando ciò che hanno promosso e sostenuto lungo la legislatura». Poco più tardi, l’ormai presidente uscente fa buon viso a cattivo gioco: «non sarò più il candidato del centrosinistra autonomista».

Se Rossi incassa malamente lo schiaffo del suo alleato di giunta, viceversa è ancora combattivo il segretario del partito autonomista di Rossi, quel Franco Panizza uscito letteralmente asfaltato alle Politiche scorse, surclassato da una giovane esponente della Lega: «il Patt è pronto a tornare all’opposizione perché non ci si candida per governare, ma perché si ha una proposta politica in cui si crede. Il Patt può anche andare da solo. Eravamo pronti a ripartire come centrosinistra autonomista. In cinque mesi non c’è stato un alleato che ci abbia dato le motivazioni politiche per le quali la ricandidatura di Ugo Rossi non andava bene. Ne avremmo discusso, ma invece abbiamo solamente assistito al tentativo di sostituire Rossi con il candidato di una altro partito. Fino alla decisione del Pd di giovedì notte, autolesionista e irresponsabile, una decisione che ha come effetto quello di destabilizzare l’intera coalizione».

In serata il tentativo di rilanciare e di mettere assieme i cocci della coalizione con la proposta «senza se e senza ma» del segretario Panizza e dei maggiorenti del partito autonomista di «rilanciare la volontà di essere soggetto politico che esprime unità e responsabilità per il bene del Trentino e dell’Autonomia. La proposta del Patt è quindi aperta a 360 gradi a tutti coloro che vorranno condividere un progetto per il Trentino con alla guida il presidente Ugo Rossi». Un appello destinato a rimanere senza risposta, visto che il Pd guarda con sempre più affascinamento alla candidatura di Ghezzi, mentre l’area postdemocristiana dell’Upt – anch’essa partner di maggioranza uscente – guarda con estremo favore alla candidatura di Claudio Daldoss, assessore agli enti locali fresco di dimissioni dalla giunta Rossi, lanciato alla guida della provincia di Trento dall’area civica. Candidatura che potrebbe fungere da catalizzatore di tutte le anime centriste e dei voti in libertà che vogliono il cambiamento dopo la non entusiasmante esperienza Rossi, ma che al contempo non vogliono finire nelle maglie di un centro destra estremamente scoordinato guidato da un arrembante ma poco aggregante sottosegretario alla sanità, Maurizio Fugatti, con quest’ultimo che potrebbe finire vittima della risacca dello tsunami dello scorso 4 marzo. Una risacca che vede proprio la figura di Daldoss come un baluardo alla tradizionale linea governista e moderata dei trentini quando si tratta di toccare le leve dell’Autonomia speciale, dove i partiti di stampo nazionale non hanno mai avuto grande forza d’urto.