2018 peso fiscale previsto in crescita causa il rallentamento del Pil

La frenata dell’economia nazionale porterà nuovamente al rialzo la pressione fiscale gravante su cittadini ed imprese. 

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Con il Pil in frenata, rispetto alle previsioni elaborate dai principali istituti economici qualche mese fa, già da quest’anno il peso fiscale sui contribuenti italiani è destinato nuovamente a crescere dopo qualche periodo di timido calo.

«Anche se se per la conferma si dovrà attendere la pubblicazione della nota di aggiornamento al Def prevista entro il prossimo 27 settembre – dichiara il coordinatore  dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo -, a seguito del rallentamento del Pil, è molto probabile che nel 2018 la pressione fiscale sarà superiore al 42,2% previsto a inizio anno. Se dovesse tornare a salire addirittura oltre il risultato conseguito nel 2017, s’invertirebbe la tendenza che iniziata nel biennio 2012-2013, anni in cui la pressione fiscale nazionale aveva toccato il record storico del 43,6%».

Tra le imposte che gravano maggiormente sui contribuenti italiani da ricordare quelle sul reddito (Irpef e addizionali comunali/regionali Irpef) che alleggeriscono le tasche delle persone fisiche (lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti, pensionati, etc.) per circa 186,5 miliardi di euro all’anno. Anche le società di capitali (Spa, Srl, etc.) sono sottoposte ad un prelievo sul reddito (Ires) significativo che vale circa 34 miliardi di euro all’anno. Il peso delle tasse non si abbatte solo sui redditi ma anche su beni che per ogni cittadino sono irrinunciabili, come la casa o l’automobile. Secondo gli ultimi dati disponibili, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica (ANFIA) stima in 73 miliardi di euro il carico fiscale che a vario titolo grava sui possessori di autoveicoli (sotto forma di prelievo Iva su manutenzione e acquisto veicoli, tasse sui carburanti, bollo auto, pedaggi autostradali, parchimetri). Mentre una elaborazione della Cgia su dati Istat indica in quasi 40 miliardi di euro il carico fiscale prelevato ogni anno ai proprietari di tutti gli immobili presenti nel Paese (case, negozi, capannoni, uffici, etc. sotto forma di Imu, Tasi, Iva, successioni, donazioni, Irpef, Ires, cedolare secca).

Dal 2014, comunque, il peso fiscale in Italia è tornato a scendere grazie alla crescita del Pil e  alla conseguente introduzione del cosiddetto bonus Renzi (maggio 2014), all’eliminazione dell’Irap dal costo del lavoro (2015)  e alla cancellazione della Tasi sulla prima casa (2016). Oltre a queste misure, nel 2017 hanno concorso alla contrazione del peso fiscale e contributivo anche la riduzione dell’Ires (imposta sui redditi delle società di capitali) dal 27,5% al 24%; i super-ammortamenti (al 140%); l’aumento delle deduzioni Irap; l’innalzamento delle soglie per accedere al regime dei minimi e la proroga del parziale esonero contributivo a carico delle imprese che hanno assunto personale a tempo indeterminato. Tra gli effetti delle misure strutturali e di quelle temporanee appena richiamate, lo sgravio complessivo annuo ammonta a oltre 30 miliardi di euro.

Se dal 2011 i contribuenti hanno subito un costante aumento del prelievo fiscale, a partire dal 2014 si è invertita la tendenza, anche se la stragrande maggioranza dei benefici introdotti dai governi Renzi e Gentiloni non ha interessato il popolo delle partite Iva, in particolar modo coloro che non hanno dipendenti che, tra gli artigiani e i commercianti, sono il 70% del totale. Pertanto, questo mondo produttivo, piegato dalla crisi dei consumi, dalle tasse eccessive e dalla stretta creditizia praticata dalle banche, attende con grande fiducia l’introduzione della “flat tax” che dovrebbe avvenire con la prossima legge di Bilancio.

E nonostante la dimensione aziendale di queste realtà sia molto contenuta, il contributo fiscale ed economico reso al Paese è rilevantissimo. In materia d’imposte e tasse, ad esempio, nel 2017 i lavoratori autonomi e le piccolissime imprese (per intenderci solo quelle sottoposte agli studi di settore), hanno versato al fisco 43,9 miliardi di euro (pari al 53% del totale delle principali imposte versate dal sistema economico). Tutte le altre, prevalentemente medie e grandi imprese, hanno invece corrisposto “solo” 39,6 miliardi (il 47% del totale) grazie alla loro capacità di elusione legale sfruttando le possibilità di delocalizzazione, creazione di holding estere laddove la tassazione è largamente inferiore a quella italiana, ecc., tutte cose che alla singola partita Iva sono precluse.

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