Debito pubblico, raggiunta quota 2.341,7 miliardi di euro

Secondo Bankitalia il debito è cresciuto nel solo mese di luglio di 18,4 miliardi di euro. Nella legge di bilancio 2019 indispensabile contenere la spesa corrente e dare risorse al rilancio del Paese.

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Bankitalia ha diffuso il consueto bollettino sull’andamento del debito pubblico e nemmeno il governo gialloverde brilla per capacità del buon padre di famiglia nel contenere la spesa della famiglia Italia entro limiti di sopportabilità e morigeratezza. Tutt’altro.

Grillini e leghisti al governo fanno a gara a chi la spara più grossa, tutto a favore di qualche like sui social, fregandosene bellamente dell’azione di governo che appare sempre più sgarruppata e priva di una rotta chiara e capibile a breve e medio termine.

A luglio 2018 il debito pubblico è cresciuto di altri 18,4 miliardi di euro portando l’ammontare del debito pubblico alla non invidiabile record di 2.341.7 miliardi di euro. La corsa allo scialo verso la spesa improduttiva è alimentata dalla forsennata voglia pazza di soddisfare le promesse fatte durante la campagna elettorale, dal fantomatico reddito di cittadinanza al ritiro anticipato dal lavoro, tutti provvedimenti che costano un botto e che non rendono nulla in termini di crescita e di competitività del sistema Paese.

Il grosso della spesa a luglio è stato determinato in larghissima parte dalle amministrazioni centrali dello Stato, mentre le amministrazioni locali sono state virtuose e hanno tagliato il loro debito. Mente i “padri” al governo centrale scialano, regioni e comuni non hanno speso un centesimo in più di quanto hanno avuto in cassa, ma hanno risparmiato.

Il problema è che l’indebitamento risente grandemente dall’andamento del Pil: se questo cresce poco o è addirittura in calo (come sta avvenendo negli ultimi trimestri per l’Italia) le cose sono destinate a peggiorare. Sarebbe ora che alla corsa a chi fa promesse più roboanti e al maggior numero di like si sostituisse un bagno di realtà. E’ necessario partire da subito con provvedimenti che diano un’iniezione di fiducia alla crescita e allo sviluppo economico del Paese, puntando a qualificare la spesa pubblica laddove esistono ancora vaste sacche d’inefficienza, valorizzare l’ampio patrimonio pubblico largamente sottoutilizzato, tagliare la tassazione su redditi ed imprese per favorirne lo sviluppo e la crescita dei consumi. Solo dopoche si è avviata la crescita del Paese e l’incremento del gettito su basi stabili, si possono attuare provvedimenti di spesa destinati all’assistenzialismo puro e semplice. Passare prima alla cassa per una facile spesa clientelare ed elettoralistica come qualche governante di turno avrebbe in animo di fare solo per il gusto di piazzare una bandierina di partito è solo un puntuale esempio di quella politica di vecchio stampo che i “nuovi” aborriscono (a parole) come la peste. Ma spesso il “nuovo” si dimostra peggio del “vecchio”.

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