Gioco d’azzardo: i Veneti spendono più di 6 miliardi l’anno in videoslot e scommesse

Lanzarin: «gioco patologico piaga nascosta, in arrivo nuova legge regionale di prevenzione e contrasto». Pronta la legge regionale per disincentivare la diffusione del gioco. 

0
839
giochi d'azzardo gioco d'azzardo

Lo scorso anno i Veneti hanno speso in gioco d’azzardo e scommesse oltre 6 miliardi di euro, per la precisione 6.106 milioni. E’ come se ogni residente, neonati e centenari compresi, avesse giocato 1.245 euro a testa. A certificare i volumi delle giocate in Veneto sono le anteprime del “Libro blu” dell’Agenzia nazionale delle Dogane e dei Monopoli. Nel 2017 i Veneti hanno speso in giochi e scommesse 276 milioni in più del 2015. In tutta Italia la spesa per l’azzardo è stata di 101,85 miliardi di euro, lievitata del 142% in dieci anni. Numeri impressionanti.

Tanto per avere un idea sul volume del gioco d’azzardo in Veneto, nel solo 2017, gli incassi dell’industria del gioco – tra videolottery e sale-bingo, agenzie di scommesse, lotto, Gratta&Vinci e Winforlife – superano il costo complessivo per la realizzazione del Mose. La “parte del leone” la fanno le slot e le videolottery, posizionate nei bar, ristoranti, esercizi pubblici di ogni tipo: lo scorso anno le circa 40.000 “macchinette mangiasoldi” disseminate in Veneto hanno inghiottito 4,7 miliardi di euro, pari al 77% delle scommesse complessive nel territorio regionale.

«I dati dell’agenzia del Monopolio evidenziano un continuo incremento dei volumi del gioco d’azzardo – commenta l’assessore regionale alle politiche sociali, Manuela Lanzarin –. Il Veneto risulta essere la quinta regione in Italia, dopo Lombardia, Lazio Campania ed Emilia Romagna. Ma schizza al terzo posto per cifre giocate alle cosiddette “macchinette”, Awp (più semplici e a basse giocate) e Vlt (di nuova generazione e con possibilità di vincite più lucrose), preceduto solo dalle più popolose Lombardia e Lazio. Senza rendersene conto, i giocatori abituali si sottopongono ad una sorta di prelievo forzoso, di cui beneficiano l’Erario (per il 12%, pari in Veneto a 765 milioni di gettito nel 2017), la filiera dell’industria del gioco (che ha guadagnato circa l’11% del volume delle scommesse in Veneto) e la “dea bendata”, che redistribuisce il monte-premi secondo le “regole” dell’azzardo, per cui è il banco a vincere sempre».

Disaggregati per provincia, i volumi delle giocate relativi a Awp e Vdl denotano una netta propensione per le “macchinette” degli abitanti del Polesine che lo scorso anno hanno scommesso 1.470 euro a testa, seguiti dai Veneziani (1.051 euro a testa, compresi neonati e centenari), dai Veronesi con 1.114 euro a persona e dagli abitanti della Marca (900 euro a testa). Meno dipendenti dalle “macchinette” risultano essere i Padovani, con scommesse di 792 euro pro capite, e i Bellunesi con 779 euro a testa.

«Sono numeri allarmanti, perché slot e videolottery sono dispositivi elettronici che favoriscono un utilizzo compulsivo, isolano i giocatori e creano una vera e propria dipendenza patologica – prosegue Lanzarin –. Nel 2016 i giocatori problematici in Veneto risultavano essere 32.500 e i potenziali “malati di gioco patologico” sono stimati tra i 3.200 e i 3.700. Ma solo la metà di questi si rivolge ai servizi pubblici per chiedere un aiuto a uscire dalla spirale della ludopatia, ormai riconosciuta come vera e propria patologia da prevenire e curare».

La Giunta regionale del Veneto ha varato lo scorso anno un piano regionale di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo in collaborazione con le Ulss, i Serd e le associazioni del territorio, stanziando 5,3 milioni di euro (di cui circa 4 provenienti dal Fondo nazionale di contrasto al gioco patologico) per sostenere campagne di sensibilizzazione, la formazione degli operatori, interventi di cura ed esperienze di mutuo-auto-aiuto.

In questi giorni ha approvato un disegno di legge, inviato al Consiglio regionale per la sua approvazione definitiva, per sostenere l’iniziativa degli enti territoriali, dei servizi sociosanitari e delle agenzie educative negli interventi di prevenzione e contrasto. «I 15 articoli della legge-quadro proposta dalla Giunta – riassume Lanzarin, prima proponente del testo – prevedono distanze minime dei “punti gioco” dai luoghi di aggregazione sociale (300 metri nei comuni più piccoli, 500 in quelli con oltre 5 mila abitanti), stop alle aperture ininterrotte delle sale gioco e niente pubblicità di vincite, obbligo di vetrine trasparenti per le sale e le agenzie di scommesse, Irap maggiorata dello 0,92% per gli esercenti che ospitano slot e apparecchiature da gioco. In materia urbanistica e di regolamentazione amministrativa il disegno di legge rimanda ai Comuni, che possono individuare criteri per la dislocazione territoriale dei punti gioco e prevedere incentivi e forme premiali per gli esercenti che disinstallano “macchinette”, slot machines e apparecchiature varie da gioco. Le sanzioni previste per violazioni o mancata osservanza della legge potranno arrivare a 6.000 euro».

«Mi auguro che il testo sia approvato presto dal Consiglio – conclude l’assessore – perché gli enti territoriali hanno bisogno di un riferimento legislativo certo, per imporre distanze minime e misure preventive e affrontare le incertezze dell’attuale quadro normativo. Il dovere dell’istituzione pubblica è tutelare la salute dei propri cittadini».

Il “Libro Blu” del Monopolio di Stato riepiloga dati del gioco d’azzardo relativi al 2016 (è prossima la pubblicazione dei dati del 2017).  I dati relativi al Veneto sono consultabili alle pagine 75-87

https://www.adm.gov.it/portale/documents/20182/536133/Finale.pdf/be930354-13d9-46b9-958b-69eb128a1869

© Riproduzione Riservata