Attenzione a scherzare con i condoni fiscali: in 45 anni il gettito è stato magro

Recuperati complessivamente 131,8 miliardi di euro, a fronte di un’evasione annua di 110 miliardi. Secondo la Cgia l’evasione fiscale è inferiore ai costi causati dall’inefficienza cronica della pubblica amministrazione.

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Negli ultimi 45 anni, secondo l’Ufficio studi della Cgia, i condoni fiscali hanno consentito all’erario di incassare 131,8 miliardi di euro. In termini assoluti l’ammontare complessivo “recuperato” è sicuramente importante; tuttavia, lo è molto meno se lo si compara con la dimensione dell’evasione fiscale presente nel Paese che, secondo i dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, ammonta a circa 110 miliardi di euro all’anno. In altre parole, i condoni fiscali sono serviti a fare cassa, ma non a “sanare” l’evasione che continua a sottrarre ingenti risorse allo Stato. Poche illusioni, quindi: anche la “pace fiscale” che il Governo Conte vuole introdurre nel 2019 su fortissima spinta leghista rischia di assicurare un gettito molto inferiore alle attese.

«Premesso che l’evasione fiscale va contrastata ovunque essa si annidi – sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo – è bene ricordare che nel rapporto tra il fisco e il contribuente la parte maggiormente lesa non è il primo, bensì il secondo. Se, infatti, si tiene conto degli effetti economici riconducibili al cattivo funzionamento della macchina pubblica, i danni subiti dai cittadini e dalle imprese sono nettamente superiori a quelli arrecati allo Stato dagli evasori attraverso il mancato pagamento di tasse e contributi».

Secondo la Cgia i debiti della pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori ammontano, secondo le ultime stime della Banca d’Italia, a 57 miliardi di euro; da alcune analisi condotte dall’Ufficio studi della Confcommercio, il deficit infrastrutturale costa all’economia del nostro Paese 42 miliardi di euro all’anno; inoltre, secondo i calcoli del Dipartimento della Funzione Pubblica -Presidenza del Consiglio dei ministri, l’eccesso di burocrazia che caratterizza la pubblica amministrazione italiana pesa per 31 miliardi di euro all’anno sul sistema delle Pmi; a questi vanno aggiunti i ritardi della giustizia, in particolar modo di quella civile, producono, secondo la Banca d’Italia, un costo pari a un punto di Pil all’anno(circa 16 miliardi di euro); infine, in uno studio redatto da The European House Ambrosetti e le Ferrovie dello Stato emerge che gli sprechi e le inefficienze presenti nel settore del trasporto pubblico locale ammontano a 12 miliardi di euro.

Tornando ai condoni fiscali, l’Ufficio studi della Cgia sottolinea che i gettiti riportati nella tabella pubblicata quei sotto sono quelli di ciascun anno e non si riferiscono solo ad un particolare tipo di condono. Gli incassi relativi a ciascuna misura, infatti, tendono a distribuirsi in più anni; tuttavia, in questa elaborazione sono stati ordinati secondo l’annualità in cui il legislatore li ha introdotti. Si segnala, inoltre, che gli importi sono stati ricavati dalla contabilità nazionale che, in base alle regole di imputazione, sono pressoché in linea con l’effettivo incasso (vedi disposizioni previste nel Sec 2010 punto 4.150).

Va poi sottolineato che sono circa 20 milioni i contribuenti italiani che hanno un debito con il fisco. Di questi, l’82%, pari a 16.340.000 persone, deve versare un importo inferiore a 10.000 euro. Complessivamente i ruoli da riscuotere ammontano a 871 miliardi di euro. Se si tiene conto dei soggetti falliti o delle persone decedute, dei casi in cui la riscossione risulta sospesa, delle situazioni in cui sono in atto delle rateizzazioni il residuo aggredibile scende a 84,2 miliardi che include anche i debiti per i quali i contribuenti non possono essere perseguiti a seguito delle disposizioni previste dalla legge (soglia minima per l’iscrizione ipotecaria, impignorabilità prima casa, limitazione alla pignorabilità di stipendi e salari, etc.).

Oltre agli evasori tradizionali, inoltre, non va nemmeno dimenticato che una buona parte dei 110 miliardi che annualmente vengono sottratti al fisco sono imputabili alle azioni elusive delle società di capitali, alle multinazionali del web e alla fuga di alcune grandi aziende che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio per pagare meno tasse.

Con l’abolizione del segreto bancario avvenuto nel 2016, sono oltre una dozzina i provvedimenti che attualmente possono essere utilizzati dall’amministrazione finanziaria per contrastare efficacemente l’evasione. Una platea di strumenti che non dovrebbe consentire più a nessuno di sfuggire alle pretese del fisco. Essa è composta da: studi di settore; redditometro; spesometro; abolizione del segreto bancario; blitz contro la mancata emissione di scontrini e ricevute; 117 (numero telefonico di pubblica utilità della GdF); metodologie di controllo delle Pmi e dei lavoratori autonomi; limite all’utilizzo dei contanti fino a 2.999 euro; Serpico (super cervellone che registra decine di migliaia di informazioni al  secondo, mettendo a confronto i dati della dichiarazione dei redditi, le polizze assicurative, le informazioni del catasto, del demanio, della motorizzazione, etc.); utilizzo del Pos per le transazioni commerciali; fatturazione elettronica; split payment; reverse charge.

Ma ancora i risultati di una seria lotta all’evasione ed elusione fiscale tardano a vedersi, mentre le chiacchiere fioccano, eccome.

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