Stagione concertistica Auditorium Lo Squero di Venezia conclusa in bellezza

L’ensemble l’Arte dell’Arco e il Quartetto di Venezia hanno incantato il pubblico del gioiello acustico della Fondazione Cini.  Di Giovani Greto

0
1024
inaugurazioen squero quartetto

Gioiello acustico e visivo della Fondazione Cini, immerso nell’acqua della laguna, l’Auditorium lo  Squero ha ospitato gli ultimi due concerti della stagione.

Fondato nel 1994 da Giovanni e Federico Guglielmo, l’ensemble padovana “l’Arte dell’Arco” ha proposto nel primo concerto un repertorio di Sonate/Suonate “A solo e da camera” di Antonio Vivaldi (Venezia, 1678 – Vienna, 1741). Conosciuto universalmente per i concerti “Le quattro stagioni”, che aprono il ciclo “Il cimento dell’armonia e dell’invenzione”, utilizzati come jingle, spesso gracchianti, nei fastidiosi periodi di attesa telefonici, Vivaldi risulta interessante nelle numerose Sonate da camera a tre, secondo l’organico di due violini e violone o cembalo.

Federico Guglielmo, virtuoso indiscusso del violino, ha guidato invece un Quintetto comprendente il secondo violino Rossella Croce, in sostituzione di Gianpiero Zanocco, in tournee in Giappone con la Venice Baroque Orchestra, Francesco Galligioni al violoncello,Roberto Loreggian al cembalo e Ivano Zanenghi al liuto. Quest’ultimo è risultato penalizzato acusticamente, udibile chiaramente soltanto in rari e brevi momenti in solitudine. Otto le Sonate eseguite, a cominciare dalla “Suonata in Si bemolle maggiore”, op. 1, RV 78, in tre movimenti – Preludio: Adagio; Allemanda : Allegro; Gavotta: Presto – . Ottimo l’affiatamento, la precisione e l’importante lavoro del cembalo, a cura di un ispirato Roberto Loreggian. Ma la Sonata di maggior presa è però l’ultima eseguita nel pomeriggio sabatino, “La Follia”, op,1, RV 63”, in Re minore, composta nel 1705.

Dal XVI al XVIII secolo, oltre 150 compositori hanno utilizzato il tema della “Follia”. Memorabili, tra gli italiani, quelle di Frescobaldi, Corelli, Alessandro Scarlatti, Bononcini e, appunto, Vivaldi. La più ammirata è forse quella di Arcangelo Corelli (1653, Fusignano – 1713, Roma), composta nel 1700, alla quale si è ispirato Vivaldi, che deve averla intensamente analizzata. Ha costruito un ciclo di venti variazioni sull’antico e celeberrimo tema in tempo di Sarabanda, una danza in voga dal secolo XVI alla metà del XVIII, di probabile origine orientale (il nome sembra provenire dal persiano serbend). Durante l’ascolto si viene trasportati dall’andamento della musica in una specie di rilassante transe, col risultato di dimenticare affanni e dolori, cercando una  guarigione attraverso la musica.

Il secondo concerto ha visto ancora una volta protagonista lo storico “Quartetto di Venezia”, rinforzato dal violista Danilo Rossi, per eseguire l’esecuzione degli unici due quintetti di Johannes Brahms (1833 – 1897). Si tratta di composizioni impegnative della durata attorno ai venti minuti. L’ensemble esegue dapprima il “Quintetto n. 2 in Sol maggiore, op. 111”, in quattro movimenti, composto nel 1890 a Bad Ischl, località austriaca all’epoca molto di moda, Nel primo, “Allegro non troppo, ma con brio” è in primo piano il violoncello di Angelo Zanin, concentratissimo sia utilizzando l’archetto, che sviluppando una gradevolissima sequenza di pizzicato.

Il secondo movimento, “Adagio”, come nota Arrigo Quattrocchi “adotta la forma del tema con variazioni e si svolge in un’ambientazione espressiva segnata da un pathos malinconico tipicamente brahmsiano”.

Cesare Fertonani, invece, riflette su una probabile ispirazione da parte di Brahms verso la musica tzigana dei caffè viennesi, “frasi corte, ritmi puntati, intervalli eccedenti e diminuiti, tremoli che imitano il cimbalom”. Il terzo movimento, “Un poco Allegretto”, ha il carattere di intermezzo animato da un lirismo e da una scrittura cristallina.

Il finale, prosegue Quattrocchi, “Vivace ma non troppo presto”, “si riallaccia al tempo iniziale per la complessità dell’impostazione. Il tema principale è di ascendenza ungherese e il movimento è tuttavia in forma di Sonata piuttosto che in quella di Rondò. Secondo Fertonani, il tema che si ascolta nel Finale , “Vivace ma non troppo presto”, avviato dalle viole e dal violoncello, “ha i tratti di una csàrdàs pulsante e fortemente ritmata.

La genesi del “Quintetto n.1 in Fa maggiore, op. 88” fu coerente e rapida nella primavera-estate 1882 a Bad Ischl. Un intenso uso di pizzicati caratterizza il primo movimento, “Allegro non troppo ma con brio”, in 4/4. Il tema iniziale, forse per il suo carattere pastorale, dà la sensazione di una ballata country.

Il secondo movimento, Grave ed appassionato”, in do diesis minore e in la maggiore, in ¾ e in 6/8, secondo Luigi Bellingardi “offre un chiarissimo esempio del procedimento impiegato dall’Autore per condensare in un tempo solo due distinti movimenti. Quest’opera infatti è una delle pochissime di Brahms in cui i movimenti sono solamente tre, risultando i tradizionali tempi del Lento e dello Scherzo, racchiusi entro i confini dell’unico movimento centrale. Si ascolta la successione di tre episodi lenti, tra l’uno e l’altro dei quali vengono ad inserirsi due interludi animati, il primo essendo un Allegretto, il secondo un Presto”.

Il Finale, “Allegro energico”, in 3/2 vede finalmente e meritatamente in primo piano nella parte iniziale la viola di Marco Paladin. “Prende l’avvio da un motivo fugato”, sottolinea Quattrocchi “ed è tutto innervato da una fitta scrittura contrappuntistica”.

Applausi scroscianti e richiami a gran voce inducono il Quintetto a concedere il bis. “Non essendoci altro che queste due composizioni”, dichiara il primo violino Andrea Vio, “riproponiamo, se vi va, l’ultimo movimento del secondo Quintetto”. Vio, per l’occasione, ha provato un nuovo strumento di scuola napoletana dell’800, dal suono brillante, acutissimo, che farebbe pensare ad un esemplare molto più antico. Bravo e sciolto anche nelle parti più insidiose, Vio ha interagito come sempre in maniera impeccabile con il secondo violino, l’attento Alberto Battiston. Ottimo il lavoro di tessitura di Angelo Zanin, mentre si è bene inserito con frequenti episodi solistici, il violista ospite Danilo Rossi.

La nuova stagione dello “Squero” proporrà ancora una volta dodici concerti, sei dei quali avranno come protagonista il Quartetto di Venezia, stabilmente in residenza, che eseguirà i Sei Quartetti di Mozart dedicati ad Haydn e i Sei quartetti “Russi”, op. 33 di Haydn.

Gradita come sempre, in tre pomeriggi, la presenza di Mario Brunello, garanzia di tutto esaurito che fa felice Asolo Musica, organizzatore della stagione. Risulta interessante assistere al recital solistico della violinista Sonig Tchakerian, impegnata in un programma interamente dedicato a Bach. Il primo concerto, affidato al Quartetto di Venezia, il 9 febbraio; l’ultimo, il 7 dicembre, vedrà Mario Brunello alla guida di un quartetto proporre un programma intitolato “Giuseppe Tartini e il suo tempo”.

Per rimanere sempre aggiornato con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano”, iscriviti al canale Telegram

https://t.me/ilnordest

© Riproduzione Riservata