Food Valley Emilia Romagna: prima regione per export carni, salumi e pasta

I risultati dell'evento Food Valley promosso da Confagricoltura. Agricoltori, agroindustriali e rappresentanti istituzionali uniti per acquisire quote di mercato sull'export. 

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Secondo i numeri di Focus Nomisma presentato all’evento bolognese Food Valley Emilia Romagna, promosso da Confagricoltura Emilia Romagna, in una sala stracolma di agricoltori, agroindustriali e rappresentanti istituzionali, alla presenza del sottosegretario al ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Franco Manzato, e del presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, con 57.919 aziende agricole e 4.835 alimentari, l’Emilia Romagna esprime l’8% dell’imprenditoria “agrifood” italiana (117.400 posti di lavoro), e manda all’estero 974 milioni di euro di prodotti agricoli più 5.295 milioni di food & beverage, cioè una quota pari ad oltre il 15% dell’intero export agroalimentare del Paese nel 2017.

La Regione è la terza esportatrice dopo Veneto e Lombardia; si conferma prima su tutte nelle vendite all’estero di carni e salumi (il 37% dell’export italiano di settore), e di pasta (il 21, 3%); solo seconda al fotofinish nell’ortofrutta (dopo il Veneto) e nel lattiero-caseario (dopo la Lombardia), peraltro quest’ultimo comparto ha messo a segno in regione la crescita più significativa nell’ultimo quinquennio: + 40%.

«La crescita futura dell’export agroalimentare regionale e nazionale è legata a diversi fattori, tra cui l’aumento delle imprese che esportano – spesso prerogativa di quelle più grandi – e la conquista di nuovi mercati − ha spiegato Denis Pantini, direttore Nomisma Agroalimentare −. Nella scelta di questi ultimi, alla luce del posizionamento di prezzo dei nostri prodotti, occorre valutare prioritariamente la crescita dei redditi più che l’aumento della popolazione nonché la compatibilità delle nostre produzioni alla tradizione alimentare locale: il “Made in Italy”, alla luce dei costi necessari per produrlo, non potrà mai essere cibo per il mass market».

L’agribusiness regionale ha registrato all’estero un balzo del 4% nei primi 6 mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, si consolida la presenza di prodotti agricoli sul mercato tedesco (275 milioni) e francese (87 milioni), con un incremento pari, rispettivamente, a +15,7% e +13%. In crescita anche il mercato statunitense: +49%. Ma la fetta più grossa spetta ai prodotti trasformati (food & beverage), con quasi 910 milioni di prodotti venduti in Germania (+4%) e 790 milioni in Francia (+4,2%). Bene anche nel Regno Unito (420 milioni) e negli Usa (408 milioni); in crescita del 6,8% il giro d’affari in Canada. Sorprende il mercato cinese (32 milioni), con un + 22%.

«La filiera dell’agroalimentare − ha dichiarato il sottosegretario al Mipaaft, Franco Manzato − riveste un ruolo importante per l’intera economia italiana. In particolare, l’Emilia Romagna presenta un’agricoltura e un’industria alimentare di qualità, con prodotti eccellenti, grandi marchi dell’agroalimentare conosciuti in tutto il mondo, una rete di centri della ricerca e dell’innovazione impegnati sui temi della sicurezza alimentare, della tracciabilità e sostenibilità ambientale. Per questi motivi, occorre valorizzare l’intera filiera puntando sull’aggregazione tra le diverse realtà imprenditoriali per rafforzare la presenza sui mercati esteri e conquistare nuovi mercati. Occorre tutelare i consumatori con cibo sicuro e di qualità, creando un sistema Paese più efficace e competitivo in grado di far diventare l’intera filiera agroalimentare un volano di sviluppo per il nostro Made in Italy».

Secondo il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, «l’Emilia Romagna, attraverso il Psr 2014-2020, ha finanziato progetti di filiera per 135 milioni di euro in grado di generare investimenti stimabili in oltre 360 milioni. Investimenti determinanti per rafforzare l’aggregazione, che è tra gli obiettivi della Politica agricola comunitaria 2021-2027. E poi azioni per favorire l’internazionalizzazione grazie alle missioni istituzionali in Usa, Cina e Canada, tre dei Paesi indicati da Nomisma in cui è possibile il maggior aumento dell’export. Infine, il turismo, che può garantire reddito e promuovere ancora di più la nostra regione nel mondo, con 14 milioni di contributi per gli investimenti negli agriturismi nel 2017, un comparto che nell’ultimo anno ha fatturato complessivamente circa 155 milioni di euro».

«Al governo e alla classe politica chiediamo di dar vita ad un Piano strategico per l’agroalimentare “Made in Italy” che punti ad aumentare la competitività delle imprese attraverso infrastrutture più efficienti, investimenti in ricerca e innovazione, digitalizzazione, rilancio dei rapporti interprofessionali e accordi commerciali che consentano di crescere sui mercati esteri» ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, incalzato dalla presidente regionale, Eugenia Bergamaschi, secondo cui «aggregazione e sburocratizzazione sono i punti cruciali per avere un’agricoltura di successo, ma abbiamo anche bisogno di uno Stato che comprenda la valenza economica, sociale e turistica delle aziende agricole e di una più puntuale politica di promozione all’estero per attrarre quei consumatori che sappiano apprezzare la qualità e il valore aggiunto dei nostri prodotti».

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio: «non c’è più tempo, bisogna fare squadra perché la concorrenza estera è seria: gli industriali e gli agricoltori devono essere uniti. Alla politica non chiediamo denaro, ma di essere “accompagnati” sui mercati esteri attraverso accordi di libero scambio e misure capaci di tutelare i nostri prodotti; preoccupano infatti le minacce dietro l’angolo, a partire dai dazi fino all’etichettatura a semaforo».

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