“L’acqua è già pubblica!”. Studio IBL sulla proposta di legge sull’acqua

La proposta di legge non produrrebbe alcun cambiamento sostanziale, ma metterebbe a repentaglio gli investimenti ambientali e costerebbe decine di miliardi allo Stato. 

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Il 95% degli italiani è già servito da gestori idrici a controllo pubblico. La proposta di legge per la pubblicizzazione dell’acqua non produrrebbe alcun cambiamento sostanziale, ma metterebbe a repentaglio gli investimenti ambientali e costerebbe decine di miliardi allo Stato. Lo sostengono Cosimo Melella e Carlo Stagnaro nello studio “L’acqua è già pubblica! Perché la proposta di legge sull’acqua fa male agli investimenti e all’ambiente” per l’Istituto Bruno Leoni.

Il disegno di legge sull’acqua pubblica, attualmente in discussione alla Camera interviene su tre aspetti: i) anticipa la scadenza delle concessioni esistenti; ii) impone che dal 2020 i soggetti gestori del servizio debbano essere enti pubblici; iii) sposta i poteri in materia di tariffe dall’Autorità per l’energia al ministero dell’Ambiente. Secondo Melella e Stagnaro, «complessivamente circa 41 milioni di italiani (il 68,7%) sono serviti da gestori interamente pubblici, mentre il restante 31,3% (18,7 milioni) ricevono il servizio da soggetti che hanno la partecipazione di capitali privati ma per la maggior parte rimangono a controllo pubblico. Solo il 5% degli italiani hanno gestori a controllo privato».

In compenso, la pubblicizzazione del settore comporterebbe indennizzi una tantum stimati in 8,7-10,6 miliardi di euro, a cui si aggiungerebbero oltre 3 miliardi di euro per il rimborso del debito finanziario a carico degli enti locali e circa 2 miliardi (espressi come valore attualizzato) per i mancati introiti da canoni di concessione. Non solo: «se la riforma fosse approvata, i gestori del servizio sarebbero riclassificati ai fini statistici all’interno del perimetro pubblico. In tal caso, i rispettivi debiti andrebbero consolidati nel bilancio degli enti controllanti». Si tratta di circa 17 miliardi di euro, a cui si aggiunge un fabbisogno annuo di 2-4 miliardi di euro per i nuovi investimenti.

Infine, il ritorno della politica tariffaria al Governo «metterebbe a repentaglio la capacità delle imprese di raccogliere le risorse richiestedagli investimenti necessari. Tale modifica verrebbe introdotta proprio nel momento in cui gli investimenti sono tornati a crescere». Il fabbisogno di investimenti riguarda soprattutto la depurazione, ancora insufficiente o inadeguata per il 15% della capacità e il 21,5% del carico trattato.

Lo studio “L’acqua è già pubblica! Perché la proposta di legge sull’acqua fa male agli investimenti e all’ambiente” di Cosimo Melella e Carlo Stagnaro è liberamente disponibile a questo link.

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