Fondazione NordEst, Confindustria Veneto e gli scenari geoeconomici

Contesto decisamente complesso e altamente incerto. Nel 2019 recessione evitabile solo grazie ad un forte sostegno all’export. 

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Fondazione NordEst
Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto

Nel 2019-2020, secondo il focus di Fondazione NordEst e Confindustria Veneto, una recessione italiana potrà essere evitatasolo grazie alla crescita dell’export. Ma gli scenari geoeconomici sono complessi e altamente incerti ecco perché le prospettive per l’economia italiana si presentano così preoccupanti.

Un export che appare non brillante, per la minore crescita del commercio mondiale e la frenata nelle principali aree, specie l’Eurozona. Da monitorare con attenzione l’andamento della Germania visto che in 7 regioni italiane (NordEst compreso) l’exportdi beni verso il mercato tedesco vale più del 24% del valore aggiunto manifatturiero. Ma i rischi riguardano anche gli Stati Uniti, principale partner geoeconomico italiano, e la Gran Bretagna. Questa, in estrema sintesi, la fotografia dei rischi geoeconomici che incombono sull’Italia che è stata scattata a Mestre, nella sede del Museo M9, da Andrea Montanino (capo economista di Confindustria) e Carlo Carraro (direttore scientifico di Fondazione NordEst) che hanno presentato la parte del Rapporto previsionale 2019 dedicata ai fattori geopolitici internazionali e ai loro impatti sull’economia italiana e del NordEst in particolare.

«Obiettivo dell’azione di Governo deve essere la messa in campo di molteplici leve competitive in grado di assicurare non solo la ripresa ma una robusta crescita economica – ha affermato Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto -. L’export è una delle poche ancore di salvezza delle imprese, ma oggi è in rallentamento anche a NordEst. Molte sono le nubi che si addensano all’orizzonte: c’è lo scontro USA-Cina sulle barriere tariffarie; le negoziazioni tra Stati Uniti e UE per scongiurare nuovi dazi sugli autoveicoli; le elezioni del Parlamento europeo che potrebbero cambiare il processo di riforma dell’UE; la trattativa sulla Brexit e le conseguenze sugli interscambi commerciali».

Secondo Zoppas «è necessario anticipare e compensare a livello interno le conseguenze delle congiunture esterne agendo sui costi dei fattori produttivi. Urgente mettere in campo la riduzione del cuneo fiscale, lo sblocca cantieri, incentivi e defiscalizzazioni per l’innovazione e la ricerca e sviluppo, quali misure propulsive per l’occupazione e la crescita. Solo raggiungendo questi livelli di competitività è garantita la ripresa dell’economia. Ci vuole progettualità, piani economici di medio lungo termine che identifichino gli obiettivi di ripristino della competitività del Paese e tutte le attività devono andare in quella direzione. Riconoscere l’impresa come principale centro della ripresa economica e non disperdere riserve in investimenti senza moltiplicatori».

Gli eventi del 2018 hanno sorpreso, in negativo, operatori e analisti. Si è creato un clima di profonda incertezza, che deriva dall’impossibilità di assegnare una precisa probabilità di realizzazione a esiti diversi, anche inaspettati. Questi esiti potrebbero provocare vere e proprie discontinuità nelle relazioni economiche internazionali. «L’impatto degli scenari geoeconomici globali sull’Italia – ha aggiunto Andrea Montanino, capo economista di Confindustria – è amplificato dai suoi profondi legami commerciali, produttivi, finanziari, energetici e tecnologici con l’estero. Il Centro Studi Confindustria ha elaborato un Indice sintetico di rilevanza geoeconomica (IRG) per oltre 100 paesi, che permette di tracciare una mappa mondiale delle aree strategiche più importanti per l’economia italiana sulla base di sei canali di trasmissione: interscambio commerciale; investimenti diretti esteri; legami finanziari; import di idrocarburi; scambi di tecnologia; crescita dei mercati di destinazione. Le aree più rilevanti risultano gli USA e i principali paesi europei; un ruolo di primo piano è svolto dalla Russia per l’energia e dalla Cina per la crescita di questo mercato come destinazione dei nostri prodotti».

Da questa mappa geoeconomica emerge che l’Europa è l’area strategica di riferimento per l’Italia, perché il mercato unico è in valore la più grande area economica del mondo ed è fondamentale per un’industria italiana in grado di competere a livello globale; la Francia è il principale partner dell’Italia in campo finanziario e la Germania in campo commerciale; il Regno Unito è parte integrante di questa area, soprattutto dal punto di vista finanziario e tecnologico, ed è quindi cruciale gestire in modo ordinato il percorso della Brexit.

I paesi europei si posizionano più indietro per quanto riguarda il fattore energetico e quello di crescita futura del mercato; per l’energia, l’Italia dipende soprattutto dalla Russia e dal Medio Oriente; per quanto riguarda l’espansione della domanda, non si può fare a meno della Cina, l’economia mondiale più dinamica. Gli Stati Uniti rimangono il principale partner geoeconomico dell’Italia; sono primi per cooperazione tecnologica, importanti in tutti i canali e rappresentano ancora il mercato di destinazione più grande del mondo e il secondo più dinamico.

Come spiega Carlo Carraro, direttore scientifico della Fondazione NordEst, «il NordEst è l’area d’Italia con la più alta apertura internazionale. In particolare, Veneto e Emilia Romagna presentano il valore più alto in termini di quota media di valore aggiunto stimolato dalla domanda internazionale (rispettivamente per il 19,1% e il 18,1%). Questo dato così importante è determinato non solo dai flussi commerciali, ma anche dalla partecipazione alle catene globali del valore su scala internazionale. Di conseguenza, il NordEst più di altre aree del paese è sensibile ai rischi connessi dallo scenario incerto e critico a livello internazionale – sottolinea Carraro -. Queste vanno analizzate con cura e la politica deve prestare la massima attenzione a favorire la dimensione internazionale delle imprese e la collaborazione con tutti i nostri principali partner in Europa e fuori Europa».

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