Emilia Romagna al voto il 26 gennaio 2020

La data comunicata dal presidente uscente Bonaccini attaccato dalle opposizioni di centro destra che lo accusano di ritardare al massimo il voto nel tentativo del centro sinistra di recuperare il consenso. 

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Dopo la crisi politica in agosto, si sperimenterà un’elezione regionale a gennaio, mese strano per chiamare alle urne i cittadini: accadrà in Emilia Romagna al voto per il rinnovo del Consiglio regionale.

La decisione è del presidente uscente, il Dem Stefano Bonaccini, che ha utilizzato l’ultima data elettorale utile per convocare alle urne i suoi concittadini. La data del 26 gennaio è stata immeditatamente criticata dalle opposizioni di centro destra a trazione leghista che sente aria di vittoria per la prima volta nella storia della regione da sempre guidata dalle sinistre.

A quattro mesi dall’appuntamento, Bonaccini, d’intesa con il presidente della Corte d’appello di Bologna, ha infatti fissato la data. La decisione era già di fatto presa all’inizio dell’estate, poi la crisi di governo e la nascita del governo BisContes hanno congelato la questione e aperto riflessioni che non hanno fatto cambiare l’orientamento iniziale.

L’ufficializzazione della data del voto regionale consente al centro sinistra almeno un paio di mesi in più per definire le alleanze in campo, cosa che sia tra gli esponenti Pd che tra quelli M5s è ritenuta indispensabile per non andare dritti versouna vittoria sempre più probabile del centro destra, tant’è che la necessità di opporsi al leghismo arrembante sta rendendo possibile pure un’alleanza tra opposti (e querelati) come PD e M5s.

Secondo la legge, la data del voto avrebbe potuto essere fissata fra l’ultima domenica d’ottobre (come richiesto insistentemente dalle opposizioni di centro destra) e l’ultima di gennaio. Bonaccini ha scelto l’ultimo momento utile, motivando la decisione con l’esigenza di approvare il bilancio entro dicembre e scongiurare la possibilità di un esercizio provvisorio.

Una decisione che ha fatto arrabbiare il centrodestra. Lucia Borgonzoni, candidata alla presidenza della Regione della Lega che non ha ancora ottenuto il via libera finale dalla coalizione di centrodestra (in particolare da Fdi che punta sul deputato Galeazzo Bignami), parla di «una scusa» trovata da Bonaccini per allungare la vita alla legislatura e per preparare il terrenoa un’alleanza spuria Pd-M5s. «Anche in Emilia Romagna – dice la senatrice leghista -, purtroppo, i giochi di palazzo hannola precedenza rispetto agli interessi dei cittadini. Altro che legge di bilancio, quella di Bonaccini è solo una scusa: da parte sua e della sinistra nessun rispetto per gli elettori, tenuti in ostaggio per fare inciuci. Avevamo proposto il voto a novembre, naturale scadenza della legislatura, ma hanno fatto di tutto per restare attaccati alle poltrone ancora un paio di mesi: un insulto per i cittadini e il territorio, che da anni attendono risposte. Mentre Bonaccini pensa solo ai propri giochetti, la Legamette gli Emiliani e i Romagnoli al primo posto, non abbiamo nessuna paura del giudizio degli elettori e vogliamo votare quanto prima, qui come in Italia: spostare di qualche settimana il giorno del voto non salverà le loro poltrone, i cittadini li manderanno a casa».

Anche se in Emilia Romagna le distanze fra Pd e M5s si sono molto accorciate soprattutto sull’esigenza di entrambi i partiti di arginare l’avanzata del centro destra a trazione leghista, al momento, ipotizzare un’alleanza fra Pd e M5s come avvenuto in Umbria all’ultimo momento dopo la bruciatura di una serie di candidati è complicato perché in Emilia Romagna il Pd un candidato ce l’ha ed è il presidente uscente Bonaccini, mentre il M5s è intenzionato a presentarne uno proprio, benché con scarse possibilità di essere competitivo.

Bonaccini tiene la porta aperta: «se i Cinque Stelle vorranno sedersi attorno a un tavolo sono i benvenuti: secondo me, abbiamo più cose che ci uniscono di quelle che immaginiamo». Il Pd, a prescindere dall’alleanza con il M5s, punta a presentarsi con una coalizione larga di centro sinistra, allargando il perimetro della maggioranza uscente verso il centro, forse anche con il supporto di una lista civica del presidente intestata allo stesso Bonaccini. Difficile che il M5s riesca a far fare al Pd un passo indietro per proporre un presidente di estrazione non partitica come successo in Umbria.

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