Confindustria: sulla gestione Marcegaglia la tempesta è appena iniziata

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Emma MarcegagliaSulla testa di Emma Marcegaglia, presidente uscente di Confindustria, la tempesta scatenatasi con l’uscita della Fiat dall’organizzazione imprenditoriale è appena agli inizi e promette di durare a lungo, con notevoli strascichi, politici ed economici.

Come è noto, il Gruppo Fiat (Fiat Auto e Fiat Industrial) ha deciso di uscire da Confindustria pochi giorni dopo la firma da parte del suo presidente Marcegaglia dell’accordo con la Triplice sindacale con cui si sterilizza nella sostanza gli effetti dell’articolo 8 della manovra finanziaria fortissimamente voluto dal ministro Sacconi che introduceva elementi di flessibilizzazione nelle relazioni sindacali. Una mossa che ha spiazzato Fiat e le maggiori aziende italiane che dalla flessibilizzazione del rapporto di lavoro hanno estremo bisogno per cercare di reggere la competitività internazionale. Intendiamoci, qui non si vuole passare dalla ferrea regolamentazione contenuta nella legge 300 del 1970, scritta quando l’Italia e il sistema economico vivevano in tutt’altra epoca rispetto all’attuale, ma solo introdurre elementi di elasticità tali da consentire all’impresa di operare con maggiore competitività sul mercato, competitività indispensabile anche per assicurare ciò cui i sindacati tengono di più: la stabilità dell’occupazione.
Proprio quello di cui abbisogna Fiat per potere continuare a produrre in Italia: flessibilità e nuova organizzazione del lavoro introdotta ed accettata dalla maggioranza dei lavoratori con i nuovi contratti siglati in alcune fabbriche del gruppo, fortemente osteggiati dalla parte più retriva e conservatrice del mondo sindacale rappresentato dalla Cgil di quella Susanna Camusso con cui proprio Emme Marcegaglia ha firmato il contestato accordo che va in direzione diametralmente opposta a quelle attese dal mondo dell’economia.

Cosa succede ora? Fiat ha fatto da ariete e con tutta probabilità regolerà le sue relazioni sindacali con uno specifico contratto che potrebbe aprire la strada alla realizzazione di un accordo per tutto il comparto automobilistico ed il relativo indotto. Uno scenario molto concreto, che trascinerebbe inevitabilmente con sé tutte le industrie del comparto metalmeccanico che non possono affatto permettersi il lusso di gestire un contratto più oneroso di quello che utilizzerà il gruppo Fiat.
Anche all’interno di Confindustria si levano critiche pesanti all’operato della ragazza di Gazoldo degli Ippoliti: Guidalberto Guidi, imprenditore di lungo corso con la Ducati Energia e per anni ai vertici dell’organizzazione confindustriale, nel corso della trasmissione “La telefonata” in onda su Canale 5 condotta da Maurizio Belpietro (direttore del quotidiano “Libero”) non ha avuto remore nel criticare la Marcegaglia.
Guidalberto Guidi Secondo Guidi, “A Marchionne va dato il merito di dire chiaramente che con le regole che risalgono al codice di Hammurabi non si gestisce una realtà come quella italiana” e che questa uscita “costringerà Federmeccanica ad interrogarsi in profondità su cosa fare, se seguire la Fiat o rimanere in Confindustria”. Alla base dell’odierna crisi c’è la rigidità indotta dallo Statuto dei lavoratori: secondo Guidi “questa norma di quarant’anni fa ha gradualmente immesso nella società italiana un virus che poi ha contagiato la capacità di fare impresa, bloccando la crescita delle imprese sotto la soglia dei 15 dipendenti per evitare l’applicazione dello Statuto, oppure costringerle ad aprire stabilimenti all’estero”, uno Statuto che, secondo Guidi “andrebbe preso e buttato nel cestino” senza ripensamenti per “trovare nuove regole per riconoscere e garantire i diritti individuali dei lavoratori” senza gambizzare le imprese. Guidi riserva anche un pensierino velenoso alla presidente uscente Marcegaglia: “le ultime prese di posizione di Confindustria sono state bizzarre”, specie nei confronti del Governo.

Se un industriale di peso come Guidi sembra dare il preavviso di fine corsa (forse anticipato sui tempi) dell’esperienza della prima donna al vertice di un’organizzazione imprenditoriale italiana, iniziano le prime uscite dall’organizzazione di viale dell’Astronomia: le storiche Cartiere Pigna, azienda leader nel suo settore, hanno deciso di uscire per la gestione troppo politica della presidenza Marcegaglia, andando ad aggiungersi a quelle già avvenute di Amplifon, Fincantieri, Cis, Ibm ed altre ancora.
Maurizio FugattiUn’emorragia che, secondo quanto ha preconizzato l’ex vicepresidente di Confindustria Guidi, “sarà ampia”, specie nel mondo della meccanica e della componentistica e che potrebbe assumere dimensioni ancora maggiori se, come richiesto in una nota congiunta dai parlamentari della Lega Nord nelle commissioni Finanze di Senato e Camera, Paolo Franco e Maurizio Fugatti, dovessero uscire dall’orbita di Confindustria tutte le aziende a partecipazione pubblica, come Poste italiane, Trenitalia, Eni, Enel, Finmeccanica. Un abbandono che per le casse del sindacato dell’Eur comporterebbe minori entrate da quote associative per una cifra di circa 100 milioni di euro che, secondo il ministro Renato Brunetta, potrebbero essere utili per fare risparmiare allo Stato una bella somma, utilissima specie in questi momenti di crisi.

Se perfino il senatore Gianvittore Vaccari si spinge a dire che “Marcegaglia, oltre a chiedere al solo Governo, dovrebbe essere lei a dare il buon esempio, dimettendosi e tornare a fare gli interessi dell’azienda di famiglia”, sul futuro di giovane imprenditrice di belle speranze s’addensano nubi sempre più tempestose.