Partito Democratico e il rinnovamento: l’opinione del segretario provinciale dei democratici di Rovigo, Diego Crivellari

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Quale tipo di “rinnovamento” serve oggi al Partito Democratico? La domanda se la pone il segretario provinciale del PD di Rovigo, Diego Crivellari, secondo cui “se ne discute animatamente, ad ondate successive, in casa nostra, un argomento non certamente secondario, neppure nel dibattito che attraversa in questi mesi il partito nazionale”.

Secondo Crivellari “appare evidente che quando si parla di rinnovamento dei partiti, in un panorama come l’attuale, segnato da una profonda crisi politica, economica e sociale che investe il Paese nella sua globalità, si toccano inevitabilmente dei nervi scoperti, si urtano sensibilità e si creano il più delle volte incomprensioni, che spesso celano appena, oltre al sacrosanto fastidio per i luoghi comuni, radicati pregiudizi delle opposte tendenze”.

Quali sono i luoghi comuni secondo l’esponente democratico? “Non possiamo anzitutto ridurre il tema del rinnovamento al semplice conflitto generazionale, alla rituale ‘uccisione del padre’, né possiamo credere sia sufficiente procedere con energiche spallate e ‘rottamare’ qualche pezzo di partito. E questo dovrebbe valere a Roma come a Rovigo. L’idea della rottamazione, pur di sicuro impatto mediatico, è sembrata adombrare l’idea di un passato inservibile, da destinare, appunto, alla demolizione, alla ‘damnatio memoriae’: io penso al contrario che senza la consapevolezza di una sostanziale continuità tra le idee e le generazioni, non esistono veri partiti politici”.

Diego CrivellariDa dove ripartire, allora? Lasciando momentaneamente da parte “la propaganda interessata, i diuturni tatticismi, i duelli congressuali fuori tempo massimo e vincendo qualche resistenza”, per Crivellari è indispensabile avviare “nel partito e intorno al partito una discussione reale”, “allargare in maniera condivisa gli spazi del confronto e della decisione, allargare il quadro delle responsabilità, ma quella fascia di età compresa tra i venti e i quarant’anni, di giovani donne e giovani uomini, sottorappresentata ai più diversi livelli, deve assumere oggi un ruolo cruciale per un effettivo rilancio del nostro partito e per una sua piena adesione alla complessità e alle sfide della società di questo secolo”, preparando “un programma di governo credibile e praticabile, lavorare alacramente per costruire una alleanza coesa e innovativa, ma soprattutto adoperarci per diventare alternativa sul piano simbolico (dei modelli, del lessico, dei valori di riferimento ecc.) per poter sperare di produrre risultati concreti nel governo quotidiano delle cose”

Nel Partito Democratico “il rinnovamento deve necessariamente passare da una selezione che valorizzi i meriti e le competenze, la passione civile e il senso concreto della lotta politica” dice il segretario provinciale rodigino, sottolineando come “qualunque gruppo di ‘giovani turchi’ che oggi miri a prendere il testimone e si candidi ad essere ‘classe dirigente’ non potrà limitarsi a sventolare una bandiera generazionale (con quale colore? Con quale simbolo?), ma dovrà necessariamente condividere una comune matrice politica e ideale”.

Il dibattito è aperto.