Il viceministro alle Infrastrutture Ciaccia convoca a Roma Pacher, Chisso e Schneck per affrontare e risolvere il nord Valdastico

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Mario Ciaccia

 

Mario Ciaccia Domani al ministero l’incontro che dovrebbe fare chiarezza anche sul rinnovo della concessione ad Autobrennero

 

Attorno al futuro delle infrastrutture italiane c’è grande attivismo e il principale regista di tutto ciò è il viceministro alle infrastrutture Mario Ciaccia, ovvero colui che prima dell’incarico tecnico al ministero dello Sviluppo retto da Corrado Passera era il responsabile della BIIS, la Banca Innovazione Infrastrutture e Sviluppo del Gruppo San Paolo Intesa, di cui era amministratore delegato proprio l’attuale ministro Passera. Logico che il viceministro Ciaccia sia un tecnico che conosce in modo approfondito tutte le tematiche legate alle infrastrutture italiane.

Voci ed indiscrezioni dicono che il viceministro stia tessendo una tela per arrivare ad un diverso assetto delle concessionarie autostradali del Nord, magari ripercorrendo quella strada della Federazione autostradale vagheggiata qualche anno fa, finita poi nel nulla per i soliti veti incrociati e distinguo della politica. Ma ora le cose potrebbero cambiare, anche perché all’interno delle singole compagini autostradali, sempre più in difficoltà per reperire adeguate risorse per i nuovi investimenti, stanno facendo il loro massiccio ingresso banche e società costruttrici, come nel caso della società Brescia-Padova, dove nei giorni scorsi Banca Intesa assieme all’impresa Astaldi è diventata l’azionista di riferimento. C’è interesse dei gruppi bancari anche ad Autovie Venete, impegnata nella realizzazione della terza corsia tra Venezia e Trieste, oppure alla Centropadane che ha la scadenza della concessione nel 2013 o, ancora, l’Autobrennero che sta trattando con il Governo e con l’Anas le modalità per l’effettuazione della gara per il rinnovo cinquantennale della concessione. Gara che si sta ormai trascinando da mesi tra ricorsi e contro ricorsi alla magistratura amministrativa per via delle modalità stabilite in un primo bando da Anas, che prevedono condizioni davvero ostiche per la compagine azionaria uscente (e, forse, rientrante), che vede gli enti pubblici attraversati dall’arteria dal Brennero a Modena in salda maggioranza, anche se alcuni sono tentati di vendere le quote al miglior offerente per monetizzare l’investimento in modo da alimentare bilanci sempre più asfittici causa i vincoli alla spesa.

Dopo qualche mese di stasi, il balletto che ruota attorno alle società concessionarie autostradali si è rimesso in modo, con l’Autostrada Brescia-Padova protagonista di un possibile riassetto, visto che la società ha la necessità di attuare rapidamente alcune iniziative per vedersi confermata la concessione fino al 2026. Proprio attorno a queste opere, verte l’incontro di venerdì 16 marzo al ministero delle Infrastrutture dinanzi al viceministro Mario Ciaccia, che ha convocato a Roma gli assessori ai trasporti di Trentino (Alberto Pacher) e del Veneto (Renato Chisso), oltre al presidente della società Autostrada BS-PD, Attilio Schneck. Sul tavolo del viceministro i progetti di completamento del tratto della Valdastico Nord (quello Sud è in corso di completamento e, dal prossimo giugno in poi, dovrebbero essere aperti al traffico alcune tratte già completate), che prevede la realizzazione di un tracciato a ridottissimo impatto ambientale in gran parte in galleria tra Piovene Rocchette e Besenello in Trentino dello sviluppo di poco più di 30 chilometri. Un’opera che ha visto il Trentino contrapporsi frontalmente, spesso in modo violento, aprioristico e, forse, pure demagogico da parte delle varie maggioranze provinciali di centro sinistra, che porterebbe invece innumerevoli vantaggi al territorio, all’ambiente e all’economia, visto che tutte le categorie interessate sono da anni favorevoli al suo completamento. Anche gli abitanti della Valsugana guardano con interesse al completamento della Valdastico, visto che quando sarà completata la Pedemontana Veneta in corso di realizzazione, tutto il traffico pesante diretto verso nord imboccherà giocoforza la Valsugana in carenza di altre vie di comunicazioni tecnicamente più adatte come potrebbe essere la Valdastico Nord se venisse completata.

Alberto Pacher

 

Sarà interessante vedere cosa porterà a Roma l’assessore ai trasporti e vicepresidente della Giunta provinciale di Trento, Alberto Pacher, che negli ultimi tempi si è sempre dichiarato contrario al completamento della Valdastico, argomentando problematiche di costi e d’impatto ambientale che i numeri e i dati tecnici smentiscono, così come le argomentazioni economiche e politiche sono confutate da autorevoli commentatori in una serie di articoli apparsi in questi giorni su “il Sole 24Ore” e sull’inserto settimanale dell’economia del “Corriere della Sera”. Sarà, ma Pacher non può più presentarsi a Roma a dire “NO” alla Valdastico Nord e poi chiedere un trattamento di riguardo per il rinnovo della concessione di Autobrennero in capo alla compagine uscente: per ricevere bisogna anche saper dare e la politica da sempre è l’arte del possibile alla ricerca del compromesso in grado di soddisfare tutte le esigenze sul tavolo. Per usare le parole contenute in una nota del senatore leghista Sergio Divina diffusa sul tema, “i Trentini hanno interesse sia alla Valdastico che per l’Autobrennero, ed è facile che le sue strade a Roma s’incontrino”, è opportuno che Pacher sfrutti l’occasione che gli sarà proposta dai suoi interlocutori, per raggiungere un accordo quadro che contemperi le esigenze di Autostrada BS-PD, del Veneto e, più in generale della dorsale adriatica, con quelle di Autobrennero e della Valsugana. In caso contrario, Pacher poterebbe a casa una vittoria di Pirro, inutile a tutti, che farebbe un pessimo servizio al Trentino, alla sua economia e al suo ambiente, specie in quella Valsugana che decenni di amministratori di espressione progressista hanno trasformato in una sorta di ghetto del ricco e prospero Trentino, buona solo per le discariche abusive di rifiuti tossici, per le fabbriche inquinanti e per l’inquinamento atmosferico che andrebbe ad aggravarsi con il passaggio ulteriore di circa 30.000 mezzi pesanti al giorno. E’ questo lo scenario che si prefigge l’assessore Pacher che tra le sue competenze annovera anche quella dell’ambiente?

Meglio sperare in un tardivo rinsavimento della classe politica trentina, che vada verso la soluzione attesa da anni da tutto il Trentino che rischia, che produce e che esporta in tutto il mondo, realizzando le infrastrutture che servono al Trentino stesso e ai territori confinanti, perché non ci si può mica chiudere entro i confini dell’Autonomia e vivere solo di sogni e di speranze. Soprattutto in un momento come l’attuale, dove le imprese combattono pancia a terra la concorrenza internazionale, la politica deve scendere a fianco di chi produce ricchezza (quella stessa ricchezza che, dopo l’“Accordo di Milano” finanzia per i 9/10 il bilancio provinciale, che non si alimenta con i sogni e i voli pindarici) per fare sviluppo e creare posti di lavoro, che passa attraverso la riduzione dei costi del pachiderma pubblico provinciale e delle sue ramificazioni e la rapida attivazione di progetti concreti e realizzabili (mica l’utopia del fantasmagorico “Metroland” su cui discetta Pacher ogni volta che apre la bocca per paralre di infrastrutture), dove il potenziamento della linea ferroviaria del Brennero e lo sbocco in Valdadige della Valdastico sono quasi due realtà.