Napolitano a Venezia per visitare la Biennale e la Mostra del cinema

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napolitano biennale venezia zaia zaccariotto 1Corollario di polemiche con il PdL per le sue affermazioni circa l’Alto Adige. Bond: “pensavo che Napolitano fosse il presidente di tutti gli italiani”

Il viaggio a NordEst del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dopo Merano per la festa dell’autonomia approda a Venezia per la Biennale, non senza uno strascico di polemiche con gli esponenti del PdL veneto circa le sue affermazioni sull’intangibilità dell’autonomia speciale dell’Alto Adige.

“Veramente bella la Biennale Architettura: mi sembra un approccio veramente nuovo da quello che ho potuto vedere”, questo il commento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della visita oggi a Common Ground, titolo della XIII esposizione Internazionale della Biennale di quest’anno. Napolitano ha visitato, accompagnato dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia, da quello del Consiglio regionale, Clodovaldo Ruffato, presenti inoltre la presidente della Provincia di Venezia Francesca Zaccariotto e il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, il Padiglione dei Grafton Architects, Leoni d’Argento per il più promettente studio di architettura in mostra. Nel pomeriggio si è recato alla Mostra del cinema, dove ha incontrato i giurati, presente il regista Ermanno Olmi. Successivamente si è recato a Mestre dove, con la Fondazione Pellicani, dedicata al politico veneziano al quale il presidente era legato da lunga amicizia e dalla comune militanza politica, ha tenuto una conferenza pubblica su “Nuove mappe della politica in Italia e in Europa”, trattando in particolare i temi della democrazia da cui ripartire e dell’europeismo”.

Al termine del convegno, il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato ha consegnato in dono al presidente Napolitano il catalogo della mostra “La differenza repubblicana, volti e luoghi del 1848-1849 a Venezia e nel Veneto”. Il catalogo ripercorre attraverso la riproduzione degli oltre duecento tra quadri, stampe e cimeli e i 13 saggi storici, la vicenda della insurrezione popolare di Venezia e delle città della terraferma nel 1848-49, ricostruendone tutta le specificità, a partire dal contributo offerto dalle donne veneziane, in prima fila nel sostenere i moti patriottici al punto da proporre addirittura la costituzione di un battaglione femminile e da rivendicare, inascoltate, il diritto di voto nel 1866.

Come detto, sulla tappa veneziana di Napolitano è aleggiata la polemica sulla sua visita a Merano per celebrare l’anniversario dell’autonomia speciale altoatesina. Per capogruppo veneto del PdL, Dario Bond “la replica del Capo dello Stato sulle autonomie locali è sconcertante e conferma purtroppo che ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B. Peccato, pensavo che Napolitano fosse il presidente di tutti”. L’affermazione di Bond giunge in risposta alle spallucce fatte da Napolitano ad una polemica innescata proprio dallo stesso capogruppo azzurro, stroncata con un “francamente polemizzare su quello che fece De Gasperi nel 1946 mi pare un po’ tardivo”.

“Come temevo Napolitano si è fatto garante dei privilegi altoatesini”, afferma Bond, “dimostrando una scarsa sensibilità nei confronti della condizione dei territori periferici delle regioni a statuto ordinario. Spero solo che ci sia un sussulto di dignità e di orgoglio da parte dei nostri parlamentari di tutti gli schieramenti”, prosegue il capogruppo del Pdl. “La partita contro i privilegi dei nostri vicini a statuto speciale non può dirsi assolutamente chiusa”. Per Bond “la dichiarazione di Napolitano equivale a sputare sopra tutte quelle iniziative che sono partite e stanno partendo dal basso, non solo in provincia di Belluno. Resta il fatto che l’irremovibilità e la durezza del Capo dello Stato fanno male”.

Bond non è stato il solo ad incrociare la spada della polemica con Napolitano: ci si è messo anche il sindaco di Calalzo, Luca De Carlo, che esprime una valutazione critica riguardo alla visita del presidente Giorgio Napolitano a Merano sottolineando tutta l’ipocrisia che ha permeato la manifestazione meranese. “Vedere – dice De Carlo in una nota – il presidente della Repubblica che va a Merano a festeggiare i 40 anni di autonomia per l’Alto Adige, dopo che un anno e mezzo fa Durnwalder si rifiutò di celebrare l’unità di un Paese che pur gli concede anacronistici ed assurdi privilegi, è una assurdità che noi ‘vicini’ cadorini fatichiamo a comprendere. Non so di che ‘politica nuova’ voglia farsi portavoce Napolitano a NordEst, ma se questa è l’alba, meglio arrivi presto il tramonto”. De Carlo rileva che Napolitano è andato “proprio in casa di chi il 17 marzo 2011 pronunciò queste parole: ‘Nel 1919 non ci è stato chiesto se volevamo fare parte dello Stato italiano e per questo non parteciperò ai festeggiamenti. I sudtirolesi hanno sofferto molto tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta, non vedo veramente giustificazioni per festeggiare questa ricorrenza’. Durnwalder è libero di astenersi dal festeggiare chi gli dà da mangiare, ma da parte sua ci saremmo attesi che Napolitano rendesse il favore e venisse piuttosto in visita in Cadore. Un territorio stretto tra due autonomie e destinato a pagare per tutti, anche per chi la bandiera nazionale la vorrebbe senza banda verde e che discrimina chi non parla italiano”.

Per il sidnaco di Calalzo “se questa è la politica nuova di cui vuol farsi portavoce Napolitano è meglio lasciare ad altri il compito, le idee, le proposte. Qualcuno ad esempio che elimini gli assurdi statuti speciali e magari intraprenda di corsa la strada del vero federalismo. Quello, guarda caso, che il Capo dello Stato ritiene non più urgente, preferendo andare a celebrare l’Autonomia del Sudtirolo”. De Carlo rincara le critiche su Napolitano: “la mia polemica sull’accordo del 1946, che dà all’Alto Adige una autonomia oggi assurda e anacronistica, non è in ritardo. La società è cambiata, l’economia del Paese è cambiata, e vanno cambiati anche certi accordi. Se qualcuno non se ne rende conto, forse è ora che se ne vada a casa, considerando il fatto che siede nei palazzi romani dal 1953. Massimo rispetto per l’istituzione, ma lo stesso rispetto lo pretendo per la mia gente”.