Intervista al presidente del Consiglio regionale del Veneto, Clodovaldo Ruffato

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clodovaldo ruffato presidente consiglio veneto 1 1Riassetto delle province: “meglio abolirle tutte”. Costi della politica: “Veneto regione virtuosa, anche se è sempre possibile fare di più”. Il Consiglio regionale: “il municipio dei Veneti vicino alla gente”

Nato a Santa Giustina in Colle (Padova) l’8 maggio 1953, agente assicurativo, funzionario della Coldiretti dal 1976 al 1999, Clodovaldo Ruffato è titolare di uno studio di consulenza con otto dipendenti specializzato nel settore agricolo. Per tre mandati vicesindaco di Santa Giustina in Colle, comune del quale è stato sindaco nel 1994-95, dal 2002 è consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e membro del direttivo provinciale di Forza Italia. Consigliere regionale dal 2005, ha presieduto la commissione Agricoltura, caccia e pesca. E’ alla sua seconda legislatura. Dall’aprile 2010 è presidente del Consiglio regionale del Veneto.

Presidente Ruffato, il riassetto delle province italiane è uno dei temi caldi della politica. Come giudica la decisione del Governo Monti?

Quanto sta accadendo in questi giorni mi convince sempre di più della bontà di quanto ho sempre pensato: le province andavano abolite tutte quante per semplificare l’assetto istituzionale e ridurre i costi di gestione della cosa pubblica. Le province o ci sono oppure no: non si possono fare conventio ad exludendum, mediando su realtà che hanno una loro storicità consolidata. Ora c’è il rischio che la decisione del Governo di riassettare il numero delle province, confermandone 16, accorpandone 60 e creando 10 città metropolitane crei più problemi che benefici. Mentre il Veneto ha sempre detto no alla creazione di nuove province come quella di Bassano o del Veneto orientale, altre regioni hanno favorito la nascita di nuove province con i relativi costi e aggravi di burocrazia. Secondo me, le province andavano semplicemente cancellate tutte quante, riorganizzando complessivamente l’assetto istituzionale dello Stato, riorganizzando il Parlamento su due camere distinte, ciascuna con minor numero di parlamentari, una nuova forma di governo con minor numero di ministri. Un contesto da cui le odierne regioni non sono escluse, perché ci sono realtà, come il Molise, troppo piccole e troppo costose da tenere in piedi.

Si sono creati anche dei “mostri” con regioni con un’unica provincia che coincide con lo stesso territorio regionale…

Già e non vedo che utilità abbia una cosa del genere, se non a complicare inutilmente l’assetto istituzionale. Quanto alla realtà veneta, bene il mantenimento della provincia di Belluno, ma anche quella di Rovigo ha una sua specificità che andava tenuta in debita attenzione. Quando la Regione è stata costretta a decidere dall’impellenza dei tempi dettati dal Governo, abbiamo preferito lasciare le cose come stavano, perché non c’erano i tempi tecnici per fare un lavoro serio senza creare inutili tensioni tra le varie istituzioni interessate, che non portano da nessuna parte. Rimango convinto che nella situazione che si è venuta a creare è meglio abrogare tutte le province. Stato, regione e comune (o federazione di comuni laddove i singoli municipi siano troppo piccoli per assicurare le indispensabili economi e di scala per arri curare servizi efficienti) sono più che sufficienti per amministrare bene la cosa pubblica e dare ai cittadini le risposte di cui necessitano.

Lei ha citato la necessità di semplificare l’assetto regionale. Il presidente della Lombardia Roberto Formigoni ha lanciato la macroregione alpina: cosa ne pensa?

Come ho detto, sono a favore del riassetto anche del livello regionale. Più che una macroregione alpina come quella delineata da Formigoni che sarebbe uno stato all’interno di un altro stato, vedrei molto meglio il rilancio del Triveneto o del NordEst: realtà come Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige hanno in comune molto più di quanto appare, ad iniziare da una storia in larga parte comune, oltre a rapporti economici e sociali. Un Triveneto sarebbe molto più fattibile di una macroregione alpina, dove ci potrebbero essere troppe tensioni e invidie reciproche, come quella tra Veneti e Lombardi. Inoltre, realizzare un NordEst molto più integrato di oggi, per il Veneto ci sarebbe il vantaggio di avere quell’autonomia che anela da sempre, con benefici enormi per tutti.

A proposito di autonomia, il sindaco di Verona Flavio Tosi ha detto che il suo comune dista appena solo due municipi dalla ricca autonomia trentina…

Se non si governano con attenzione le spinte autonomistiche ed indipendentiste, c’è il rischio che la corsa al cambio di regione cresca ancora di più. Credo che tutte le proposte volte a dare maggiore autonomia al territorio siano giuste e che vadano perseguite. Dare autonomia significa anche raffreddare le istanze indipendentiste che stanno crescendo in Veneto. Cercare l’indipendenza tout court nell’assetto istituzionale attuale è difficile se non impossibile, ma cercare maggiore autonomia, anche spinta, credo che sia perseguibile e doveroso.

clodovaldo ruffato luca zaia aula 1Nelle scorse settimane, il presidente della Giunta regionale Luca Zaia le ha scritto chiedendole d’indire un referendum popolare per l’indipendenza del Veneto: cosa è successo?

Nulla, in quanto da un punto di vista istituzionale e normativo il Consiglio regionale non ha alcuna potestà nell’indizione di un referendum indipendentista. Meglio puntare ad ottenere l’autonomia del Veneto nell’ambito di un nuovo assetto istituzionale Triveneto o NordEst.

A proposito di autonomia, quale modello riterrebbe perseguibile per un NordEst ricompattato? Quella trentina o quella friulana?

Oggi come oggi, credo che sia maggiormente percorribile quella friulana, per la sua minore valenza dirompente nei confronti dello Stato. Mantenere su tutto il territorio il 70% del gettito fiscale prodotto in loco sarebbe un gigantesco passo in avanti per tutte e tre le attuali regioni. Pensi che oggi nel Veneto rimane solo il 16% del gettito fiscale prodotto, pari a 18 miliardi di euro, mentre il resto va a Roma. Mantenere sul territorio il 70% del totale del gettito fiscale consentirebbe di dare servizi pubblici e fare opere pubbliche senza ricorrere alla compartecipazione dei cittadini o dei privati, dando alle imprese un supporto impensabile per il loro rilancio.

Costi della politica: il Veneto è stato tra i primi a tagliare sia sul numero dei consiglieri regionali che ai relativi benefit. Ci sono spazi per altre riduzioni dei costi della politica?

Siamo stati tra i primi a fare i fatti, tagliando sulla rappresentanza e sui costi della politica regionale, allargando la razionalizzazione anche allo stesso bilancio regionale e all’organizzazione della macchina amministrativa della Regione, riducendo le spese di gestione. Abbiamo tagliato i costi eliminando prima il superfluo e poi incidendo sugli sprechi. Senza tema di smentita, oggi il Veneto è tra le realtà più virtuose d’Italia. Ora è necessario che anche tutti gli altri facciano lo stesso cammino nella direzione che abbiamo indicato, perché non è tollerabile che nello stesso Stato e in questa situazione di bilancio pubblico disastroso esistano realtà virtuose e realtà scialacquatrici. Tutte le regioni italiane, comprese quelle speciali, devono adeguarsi a nuovi parametri di gestione della cosa pubblica, simili a quelli adottati in Veneto. Questo deve fare il Governo Monti se vuole recuperare qualche miliardo di euro senza gravare nuovamente sui cittadini con il ritocco all’insù della tassazione ormai a livelli insostenibili.

Il suo partito, il PdL, ha deciso di imboccare la via delle primarie: cosa ne pensa?

Alcuni giorni fa, il presidente Berlusconi ha dichiarato che si faceva da parte, lanciando contemporaneamente le primarie per identificare il candidato premier del partito. Peccato che il giorno dopo ci sia stata una marcia indietro, con una mezza smentita. Sono in attesa di capire cosa succederà, perché l’attuale situazione di stallo sta creando non pochi danni al partito in termini di consenso. Personalmente, sono favorevole alle primarie perché sono il giusto mezzo per ritornare tra la gente a fare politica. Spero che la situazione si chiarisca al più presto, rimuovendo l’attuale confusione dove non si sa quale sia il vero interlocutore del partito a causa di troppe voci che parlano.

Carlo ALberto Tesserin Clodovaldo Ruffato Giancarlo Galan 1Alle primarie azzurre è candidato anche l’ex presidente della regione ed ex ministro Giancarlo Galan. Il Veneto è pronto per un nuovo leader nazionale dopo l’esperienza del democristiano Rumor degli anni Sessanta?

Se il Veneto potesse esprimere un leader nazionale di alta caratura la cosa sarebbe sicuramente auspicabile e ben venuta. Quanto a Galan, egli ha detto che si candida per rappresentare solo una certa parte del PdL, quella liberale. Io, come moltissimi altri del partito, non ci sentiamo rappresentati da questa visione della società e già nel passato buona parte del partito ha contrastato questa visione liberale del PdL. Non so quanta strada possa fare la candidatura Galan, almeno nei termini in cui essa è stata posta.

In Regione, come sono i rapporti nella maggioranza PdL-Lega Nord?

Sono stati, sono e saranno buoni e corretti, consolidati da un rapporto di lunga data, visto che la maggioranza è stata sperimentata già nella scorsa legislatura. Ovvio che nella vita quotidiana della politica ci sia qualche scaramuccia tra i due partiti, ma sono fatti normali che oggi avvengono a parti invertite rispetto alla scorsa legislatura, quando era il PdL ad esprimere il presidente della Giunta regionale. La cosa importante per tutti, specie per i cittadini e le imprese, è che alla fine prevalga sempre il buon senso e l’operatività: le cose da fare vengono sempre prima dei contrasti politici e su questo PdL e Lega Nord hanno fin qui condiviso cammino e strategie politiche. Credo che ci sia spazio per continuare ancora assieme per un lungo periodo di tempo per dare ai cittadini e alle imprese tutte le risposte che si attendono.

L’uscita del coordinatore regionale del PdL Alberto Giorgetti che aveva legato le sorti della maggioranza della Lombardia a quelle del Veneto sono quindi prive di fondamento?

Lombardia e Veneto sono due realtà ben distinte e non credo affatto che sia necessario legarne le sorti politiche, anche perché quanto successo in Lombardia si deve a fatti di natura extrapolitica, a problematiche di natura penale personale a carico di singoli esponenti della maggioranza. In Veneto la situazione è decisamente differente e fino ad oggi non c’è stata alcuna ripercussione giudiziaria sulla maggioranza e sul governo della Regione e spero che continui così fino al termine della legislatura.

Qual è il suo obiettivo politico futuro?

Quando ho iniziato a fare politica in Regione se qualcuno mi avesse detto che avrei fatto il presidente del Consiglio non gli avrei creduto. Non mi pongo problemi per il mio futuro, anche perché credo che la politica sia soprattutto un servizio a favore della gente, una sorta di servizio di volontariato sociale che non deve trasformarsi in un mestiere, perché chi pensa di vivere solo di politica diviene ostaggio della politica. Io sono per il fare ed essere operativo, lasciando ad altri le chiacchiere. Ho avuto una “vocazione” politica adulta e posso tornare al mio lavoro in ogni momento senza problemi.

Un futuro da assessore regionale?

Per carità, non voglio affatto suscitare invidie e aspettative. L’attuale giunta sta facendo bene il suo lavoro e spero che continui così fino alla fine della legislatura. Sono soddisfatto di quanto sto facendo da presidente del Consiglio che ho voluto aprire all’esterno per farne una sorta di municipio di tutti i veneti, sempre vicino e a contatto con i cittadini.