‘Storie di un fotografo’, mostra retrospettiva di Gianni Berengo Gardin

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Gianni Berengo Gardin Yugoslavia
Gianni Berengo Gardin Yugoslavia
Venezia, Casa dei Tre Oci, fino al 12 maggio
di Giovanni Greto

La casa dei Tre Oci alle Zitelle, isola della Giudecca, raggiungibile con il trasporto pubblico (linea 2) dalla stazione ferroviaria, da piazzale Roma o dal Tronchetto, merita di per sé stessa una visita. Splendida testimonianza dell’architettura veneziana d’inizio ’900, disegnata dal pittore Mario De Maria (1852-1924), conosciuto come ‘Marius Pictor’ e costruita nel 1913, costituisce uno dei principali episodi di architettura neogotica di Venezia, tanto da essere stata dichiarata nel 2000 dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e paesaggistici del Veneto bene di interesse storico e artistico.

Acquistata nel 2000 dalla Fondazione di Venezia, dopo un accurato restauro è stata recuperata al pubblico come spazio espositivo, dedicato all’elaborazione e al confronto culturale sui linguaggi del contemporaneo, con particolare attenzione a quello fotografico. Ad accrescere l’interesse del visitatore, attualmente la casa/palazzo ospita al suo interno fino al 12 maggio – tutti i giorni, escluso il martedì, dalle 10 alle 19 – l’esposizione di 130 esemplari di uno tra i più grandi fotografi del Novecento, Gianni Berengo Gardin.

Premessa. Nell’era del digitale, quando tutti estraggono dalle tasche il proprio telefonino e cominciano a scattare foto a ripetizione, ha ancora senso la presenza di figure come GBG, maestri di un modo di fotografare (forse) destinato a scomparire? Sì, senza ombra di dubbio. Basta guardare una qualsiasi delle sue foto, ordinate in otto capitoli, a seconda dell’argomento ispezionato. Un bianco e nero che affascina, penetrante, che suscita emozioni, che parla come e più di un lungometraggio. In un breve monologo visibile in internet, GBG, sullo sfondo delle sue immagini, spiega la scelta del bianco e nero. “Io amo moltissimo il bianco e nero. Infatti ho quasi sempre, al 90%, fotografato in bianco e nero. Prima di tutto perché io nasco – a Santa Margherita ligure nel 1931 – con la televisione in bianco e nero, col cinema in bianco e nero, con la fotografia in bianco e nero. Tutti i miei maestri erano fotografi di bianco e nero, quindi io non potevo essere che un fotografo di bianco e nero. E poi perché per il mio tipo di fotografia, il bianco e nero è senz’altro più efficace. Il colore distrae sempre. Si vedono di più i colori che il contenuto della foto”.

Socio storico del circolo ‘La Gondola’ di Venezia, GBG ricorda così i suoi esordi. “Fotografavo per lavoro gli aerei dell’aereoporto Nicelli del Lido e un giorno, passando per il ponte dei Dai, buttai l’occhio al negozietto del circolo e mi son detto: ‘porto anche le mie’. Volevo fare foto artistiche ma, lo giuro, ne avevo fatte di orribili”. Innamorato della città lagunare, così il Maestro ricorda la Venezia di allora. “Ovvio, non era quella di adesso. Era una città intima, in cui la vita quotidiana degli abitanti si respirava dietro l’angolo. Mi dispiace vederla così, adesso; è vittima di un gioco al massacro, invasa com’è dai turisti e ridotta a mercato. Ne risente anche la sua poesia”.

Gianni Berengo Gardin La SpeziaPer fortuna ci sono le sue foto a farci rivedere la città che non c’è più, a farci rimpiangere un ritmo di vita più lento, senza frenesia, a guardare i bambini giocare felici nei campi, e non più con gli occhi attoniti su di un videogioco. Ma cosa pensa GBG del digitale, al quale si affida solo quando la professione lo impone? “Il digitale, come tutte le grandi rivoluzioni ha fatto delle cose positive e delle altre negative. Le positive sono solo due : 1)la possibilità di spedire una foto in tutto il mondo appena fatta e 2) la possibilità di cambiare la velocità secondo la condizione di luce dove sei. Tutte le altre cose sono negative, secondo me. Ma il pericolo più grave è che non esisteranno più gli archivi, perché il digitale, non sappiamo tra un po’ di anni quali saranno i mezzi di lettura delle immagini che abbiamo fatto. E poi perché le foto si guardano velocemente sul computer, e poi? E poi? Cosa succede?

Una citazione di merito va spesa per il bel catalogo Marsilio, che riproduce nitidamente il percorso espositivo, introdotto da due brevi saggi. Il primo, del curatore e direttore artistico della Casa dei Tre Oci, Denis Curti, il secondo dello storico della fotografia Italo Zannier, il quale nella sua ‘Storia della fotografia’ definisce GBG “il fotografo italiano più ragguardevole del dopoguerra, quello che meglio ha saputo mediare proficuamente le varie tendenze,con un acume visivo che non si è lasciato condizionare troppo dal gusto del momento, slittando subito oltre la moda, per cercare garanzie soprattutto nella chiarezza dello sguardo”.

Lunedì 11 febbraio la Casa dei Tre Oci, in occasione della Notte Bianca del Carnevale, offrirà dalle 18 alle 24, con ingresso gratuito, un percorso di visita insieme al curatore Denis Curti. Lasciamo a Elliott Erwitt, il celebre fotografo dell’agenzia Magnum, una retrospettiva del quale venne esposta l’anno scorso alla Casa, il compito di concludere : “I veri fotografi sono una razza a parte. Specialmente oggi, in questa nostra epoca digitale, quando chiunque possieda un telefono si considera un fotografo. Ma chiunque possiede una penna e un pezzo di carta non per questo può considerarsi un narratore. Nel mio libro, Gianni Berengo Gardin è la quintessenza del fotografo narratore”.