Il 27 ottobre il Trentino alle urne per rinnovare i vertici dell’Autonomia speciale

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ugo-rossi-ilnordestViaggio tra i candidati presidenti con Ugo Rossi, espressione della maggioranza di centro sinistra autonomista: “un Trentino autonomo che deve aprirsi a collaborazioni con il Veneto e la Lombardia, che meritano maggiore autonomia da Roma”

Il 27 ottobre prossimo, il Trentino (assieme all’Alto Adige) va alle urne per rinnovare i vertici delle istituzioni autonomistiche. Elezioni importanti, che avvengono dopo il quindicennio a guida dellaiana che vedono il centro sinistra autonomista sostanzialmente unito attorno alla figura dell’assessore alla sanità Ugo Rossi, espressione del Patt, il Partito autonomista Trentino Tirolese. Il centro destra appare ancora sparigliato tra una serie di liste civiche d’impronta centrista che hanno nell’imprenditore Diego Mosna il proprio candidato presidente, mentre le forze politiche tradizionali del centro destra (Pdl, Forza Italia e Lega Nord) litigano ancora tra loro.

Sullo sfondo, a bordo campo, si sta riscaldando un altro potenziale candidato: il leader degli imprenditori che si riconoscono nella Rete Italia, Roberto de Laurentis, che molti vedrebbero bene in campo quale alternativa alla candidatura di Rossi. In questa prima tappa, ecco l’intervista con Ugo Rossi.

Assessore Rossi, un risultato a sorpresa quello di sbaragliare le primarie del centro sinistra per la presidenza della Provincia battendo l’esponente PD da tutti dato per vincitore…

Sorpresa fino ad un certo punto… Sorpresa forse per gli altri, perché le primarie del centro sinistra trentino le ha vinte il più piccolo dei tre partiti che formano la coalizione. Poi, già da un po’ di tempo avevo segnali positivi circa la mia candidatura. Questo si è tradotto anche in voti ed ora eccoci qua a guidare l’intera coalizione.

Quanto ha pagato il radicamento tra la gente?

Molto, anche se gran parte del risultato lo devo alla mobilitazione generale del mio partito, il Patt, che è abituato ad andare direttamente dalle persone visto che non abbiamo il traino nazionale dei partiti maggiori. Credo che il voto delle città che mi ha largamente premiato sia un voto trasversale che va decisamente oltre le potenzialità del partito. E’ stato un bel segnale di cambiamento, indice che gli elettori hanno voglia di uscire dai soliti schemi.

ugo-rossi-ilnordestSi sente sicuro della fedeltà dei suoi partner di maggioranza, ad iniziare da un PD che a primarie chiuse ha evidenziato qualche scollamento e mal di pancia?

Ovvio che ci fossero fibrillazioni dovute all’inaspettato shock subito, ma ho dichiarazioni pubbliche dette e ribadite da parte di tutti i partner della coalizione di collaborazione dove riconoscono la mia vittoria. Credo che Pd e Upt di Dellai ora debbano trovare due o tre temi qualificanti per ciascuno da portare avanti, così come ha fatto il mio partito, da proporre all’elettorato.

Tra due mesi esatti il Trentino va al voto: ha già definito il suo programma elettorale?

Il programma definitivo è in via di definizione assieme alle altre forze della coalizione. La prossima settimana sarà quella decisiva.

Mai come in questa tornata elettorale, le categorie economiche e gli imprenditori vogliono giocare da protagonisti. Crisi definitiva della politica che non ha saputo dare le risposte attese da anni, oppure ci sono spazi per riportare all’interno della politica ed ei partiti le aspettative della società civile ed economica?

Che in un momento di crisi e di difficoltà dell’economia ci sia voglia da parte degli imprenditori di mettersi in gioco in prima persona è cosa sicuramente positiva. Ciò che non condivido è che si dica che debbano essere solo degli imprenditori ad essere in grado di dare risposte ad istanze precise. La politica, specie quella locale, è da sempre attenta alle esigenze del territorio e di chi intraprende e produce. Non si può ridurre la politica a discutere di nuovo e di vecchio, assumendo nel vecchio solo i partiti. Vedo esperienze politiche con soggetti molto navigati in politica, anche molto più di me, che a queste elezioni vorrebbero presentarsi come qualcosa di nuovo, magari sotto insegne nuove. Questo non mi convince affatto.

Il programma delle cose da fare che Rete Imprese per l’Italia ha presentato a tutte le forze politiche locali è più vicino a lei espressione del centro sinistra o al suo sfidante Diego Mosna, imprenditore ed espressione di una serie di liste civiche?

Quello di Rete Imprese non lo definirei un programma politico, ma una lista delle priorità con indicazioni abbastanza stringenti su alcuni temi che possono essere importanti e condivisibili. Un programma di legislatura deve affrontare questi punti in un’ottica più ampia. Sicuramente sono d’accordo nell’accelerazione della riduzione dell’Irap per le imprese modulandola con criteri di meritocrazia valutando la qualità dell’impresa, così come la partecipazione del mondo delle imprese alla gestione dei fondi destinati alla realtà produttiva, sempre che dalle parole si passi ai fatti.

Da autonomista, qual è la sua visione di regione? Quella storica del Trentino Alto Adige che è stata depotenziata nel corso degli ultimi anni, oppure l’Euregio tirolese?

La cosa è molto semplice: da Statuto, il fondamento autonomista pone le sue basi sulla regione che deve essere garantita anche per il futuro. Da un punto di vista istituzionale il fondamento è l’accordo internazionale italo austriaco Degasperi – Gruber e la Carta Costituzionale. Diverso il discorso della regione in quanto ente proprio e terzo rispetto alle due province autonome. Qui si può e si deve aprire un dibattito forte per capire se le risorse che oggi utilizziamo in questo ente possano essere più utilmente impiegate per funzioni oggi svolte in capo a ciascuna provincia, specie su temi che necessitano di un ampio bacino d’utenza per essere efficienti ed economici. Penso, ad esempio, alle mie competenze in fatto di sanità, così come la previdenza, i fondi sanitari integrativi, i trasporti, o la formazione a livello universitario, così come si è già iniziato a fare aprendo anche a collaborazioni con Innsbruck. Credo che il futuro sia costituito dall’Euroregione tra Trentino, Alto Adige e Tirolo, anche se deve essere chiaro che l’autonomia del Trentino passa attraverso il mantenimento dell’istituzione regione Trentino Alto Adige.

L’euroregione Tirolo e Senza confini (che raggruppa Veneto, Friul Venezia Giulia e Carinzia) potrebbero collaborare tra loro, o anche fondersi per arrivare ad un’unica realtà euroregionale?

La fusione tra le due euroregioni confinanti credo che al momento sia ben lungi dal divenire. Ben venga invece una collaborazione più stretta tra le due euroregioni, specie in un’ottica europea ed alpina. Pensare che queste euroregioni si fondano tra di loro per formare una macroregione europea lo vedo molto futuribile. Meglio puntare a collaborazioni comuni sul tema dell’ambiente e sulla gestione delle risorse agricole. Ma aprirei alla collaborazione anche verso la Lombardia, magari tendendo come tema comune il tema dell’autonomia, specie in un’ottica di maggiore federalismo.

Lei è favorevole a concedere un elevato grado di autonomia a tutte le regioni che lo chiedano e che dimostrino di essere in grado di gestirla adeguatamente?

Credo che lo Stato italiano dovrebbe avere il coraggio di dare autonomia a tutte quelle realtà che lo chiedano, controllando attentamente che siano in grado di assolvere al meglio i loro compiti. Credo che Veneto e Lombardia ben meriterebbero un più ampio livello di autonomia: ciò farebbe bene sia allo Stato che ai cittadini. Così come vale il discorso inverso: le autonomie speciali che dimostrano di non essere in grado di non governarsi bene dovrebbero cedere allo Stato le loro competenze per ridurre sprechi ed inefficienze che poi pesano sulle tasche di tutti i contribuenti.

Secondo uno studio sulla competitività dei territori europei elaborato da Bruxelles, l’Italia non fa una bella figura, con la Lombardia (prima regione italiana) al 128 posto, e la provincia di Trento al 145, dietro Emilia Romagna (141) e Lazio (143) e ben davanti a Bolzano che è al 173 posto. L’autonomia speciale non può servire per rilanciare l’economia, ad iniziare dal taglio della burocrazia locale, spesso molto pesante come denunciano gli imprenditori, e, magari, pure il peso fiscale chiedendo a Roma autonomia impositiva per il Trentino come Letta sembra di voler fare con Bolzano?

L’autonomia speciale di cui gode il Trentino ha già dato ampia prova di dimostrare un buon governo, visto che nel campo sanitario la provincia è all’undicesimo posto assoluto in Europa e siamo i primi in Italia nella classifica europea. L’autonomia dovremmo immaginarla tutti come autonomia compiuta, con la possibilità di decidere localmente il carico fiscale sui cittadini e sul lavoro. Non è un cammino facile, ma è un obiettivo verso cui tutti, ad iniziare dalle imprese, dovremmo tendere. Già oggi il Trentino finanzia gran parte del proprio bilancio con entrate autonome. Credo che dovremmo aprire una discussione anche sul costo dell’energia a livello locale, da utilizzare come leva per favorire lo sviluppo, stando ben attenti all’equilibrio complessivo della finanza locale.

Nodo infrastrutture: lei sembra avere definitivamente archiviato il progetto “Metroland”, che ha caratterizzato tutto il cammino della legislatura che sta per finire e che prevedeva un deciso sviluppo della rete ferroviaria nelle valli. Che scenario vede per la prossima legislatura, visto che i nodi irrisolti sono ancora tanti?

Personalmente non ho mai creduto al progetto “Metroland” e alla costruzione di ferrovie in ogni valle del Trentino. Dobbiamo essere realisti: i tempi per i grandi investimenti sono ormai passati. Dobbiamo studiare se la ferrovia di Fiemme possa avere un senso per lo sviluppo turistico delle valli interessate, mentre va completata la ferrovia della Trento-Malè. Si può ragionare concretamente nell’estensione della linea della Trento-Malè anche nell’ottica di metropolitana urbana tra Mezzolombardo e Rovereto. Credo che si debba intervenire anche sulla rete viabilistica esistente, ad iniziare dai nodi più problematici, che sono quelli dei collegamenti tra la valle dell’Adige e l’Alto Garda e la tangenziale di Rovereto.

Lei sulla questione del completamento della Valdastico, a differenza dei suoi colleghi di giunta, non ha chiuso aprioristicamente la discussione su un’opera chiesta a gran voce da gran parte dei trentini e da tutte le categorie economiche locali. Se eletto alla presidenza, si potrà completare la Valdastico anche per evitare il tracollo della Valsugana come ha nuovamente chiesto l’altro giorno il sindaco di Pergine Oss Emer?

Non credo che la Valdastico oggi sia una necessità per il Trentino. Si può ragionare sul suo completamento in modo aperto, specie sulla base di quanto accadrà in Veneto con la nuova Valsugana e con la Pedemontana. Credo ci sia la necessità di sedersi attorno ad un tavolo con il Veneto per trattare, con il punto fermo che il completamento della Valdastico non può avvenire a prescindere dalla volontà del Trentino, imponendola dall’alto. Anche circa il traffico in Valsugana, i tre quarti di questo sono di carattere locale.

3.000 domande per contributi rivolti alla ristrutturazione o all’acquisto/costruzione della “prima casa”. I 30 milioni di euro stanziati per l’acquisto e i 48 milioni (già raddoppiati) per le ristrutturazioni non sono evidentemente sufficienti, visto che con le cifre disponibili si potranno soddisfare meno di una domanda su dieci. Lei ha aperto ad una possibile integrazione dei fondi, specie nella prossima legislatura. Può dare una rassicurazione ai trentini che hanno fatto domanda?

Nel bilancio della Provincia appena approvato, abbiamo lasciato 150 milioni di euro liberi di allocazione, che spetterà alla nuova giunta decidere come spendere. Quanto alla mole delle domande, credo che si potrà tenere aperta la validità della graduatoria per più anni, allungandone i tempi per soddisfare una gran parte delle domande, perché molte di queste verranno a cadere spontaneamente perché presentate in più località. Credo comunque che per il futuro si debbano sperimentare altri percorsi per consentire la proprietà della “prima casa”, magari imitando le nuove politiche dell’Alto Adige con il programma del risparmio casa, magari attingendo anche al cofinanziamento del fondo pensione regionale.

Specie nel caso di acquisto o di nuove costruzioni rivolte alla “prima casa”, nel bando è stata inserita la previsione di portare dal 50 al 60% il tetto della somma ammissibile nel caso di interventi nei centri storici o per l’utilizzo di legno nella costruzione o di elevati standard energetici. Non varrebbe la pena di accelerare sul raggiungimento di standard di efficienza energetica più elevata già da subito, senza aspettare il 2020 con l’obbligo dello standard “passivo”, prevedendo una quota d’incentivazione maggiore?

Si potrebbe spingere in questa direzione, anche se il rischio è quello di ampliare la fetta d’invenduto immobiliare attuale, che potrebbe essere anche riqualificato. Sicuramente, dovremmo valutare attentamente l’anticipazione degli obblighi del 2020, evitando di perdere sei anni.