Al “Verdi” di Trieste i “Solisti Veneti” con Claudio Scimone e Uto Ughi al violino

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teatro-verdi-trieste-Uto-Ughi-e-Claudio-Scimone-Direttore-de-I-Solisti-Veneti-ilnordestProgramma che spazia da Corelli a Verdi, passando per Tartini, Beethoven e Mozart

Venerdì 18 ottobre (ore 20.30) al Teatro Verdi di Trieste un concerto da non perdere con protagonisti i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone e Uto Ughi al violino che proporranno pagine di Corelli (Fuga in re maggiore), Verdi (Quartetto in mi minore; versione dell’Autore per orchestra d’archi), Tartini (Concerto in mi minore D56 per violino e archi), Beethoven (Romanza op. 50 in fa maggiore per violino e orchestra) e Mozart (Concerto in la maggiore K219 per violino e orchestra). L’orchestra presenterà un eccezionale programma musicale nel quale trovano spazio alto virtuosismo, arte e maestria dei grandi interpreti, musica di raro ascolto con brani che spaziano dal barocco di Corelli e Tartini al classicismo viennese di Mozart, da Beethoven al romanticismo di Verdi.

Trecent’anni or sono, si spegneva a Roma Arcangelo Corelli; di questo primo grande genio del Concerto strumentale, ispiratore e modello di tutti gli artisti dell’epoca barocca, “I Solisti Veneti” eseguiranno in apertura di programma, la Fuga in re maggiore che ci è pervenuta con l’attribuzione ad un curioso pseudonimo: Gallario Riccoleno, che altro non è che l’anagramma del suo nome. Una fuga perfetta che ritroveremo nelle note dell’Alleluia del Messia di Haendel la cui opera strumentale tanto deve al maestro italiano. Di Giuseppe Verdi, a celebrazione del duecentesimo anniversario della nascita, “I Solisti Veneti” eseguiranno poi il “Quartetto in mi minore”, l’unica pagina di Verdi esclusivamente strumentale, composizione affascinante e ricca di una grande varietà di aspetti geniali ed arditi, che lo stesso autore voleva eseguito raddoppiando le parti, cioè in versione orchestrale poichè, sosteneva, “vi sono frasi che esigono un suono pieno e grasso piuttosto che il magro di un solo violino”.

La sempre ispirata e virtuosa arte di Uto Ughi darà vita poi, insieme a Claudio Scimone e ai suoi “Solisti”, al Concerto in mi minore D 56 per violino e archi del compositore e violinista istriano Giuseppe Tartini, nato a Pirano d’Istria (città natale anche della famiglia di Uto Ughi), per quasi 50 anni primo violino e Maestro di Concerto della Basilica di Sant’Antonio in Padova e chiamato dai contemporanei il “Maestro delle nazioni”. Seguirà poi la sublime Romanza op. 50 per violino e orchestra di Ludwig van Beethoven, e una delle pagine più alte del classicismo: il Concerto in la maggiore K 219 per violino e orchestra di Wolfgang Amadeus Mozart, il culmine della produzione di Mozart per violino e orchestra. Nell’esecuzione triestina un’interessante rarità: gli interpreti eseguiranno al posto del secondo tempo normalmente eseguito il mirabile Adagio K 261, senza dubbio uno delle più commoventi pagine del grande compositore salisburghese. Mozart, probabilmente non soddisfatto della versione precedente scrisse questo Adagio proprio perché venisse inserito al suo posto alcuni mesi dopo per un’esecuzione salisburghese tenuta dal suo amico violinista Brunetti, allora primo violino dell’Orchestra salisburghese.