“Sacile Il volo del Jazz” 2013 decolla l’11 novembre

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logovolodeljazz 1Appuntamento al Teatro Verdi di Pordenone con il concerto di apertura dei “Remember Shakti”

Si aprirà con l’anteprima indianeggiante del gruppo anglo-indiano Remember Shakti, la IX edizione di “Sacile. Il Volo del Jazz”, proposta culturale firmata Circolo Controtempo, che dal 11 novembre al 15 dicembre 2013 – dopo il Festival Jazz & Wine of Peace, a Cormòns – catalizzerà su Sacile, una tra le città più dinamiche del Nord est, l’energia di tanti appassionati di musica, alla ricerca di vibrazioni fuori dal comune e sonorità che vengono da lontano. In programma una manciata di imperdibili concerti all’insegna della contaminazione, firmati da indiscussi talenti di caratura internazionale.

Apertura l’11 novembre (ore 20.45 – Teatro Verdi di Pordenone) con un viaggio a ritroso nel tempo, alle origini della world music, quello proposto da “Remember Shakti”, formazione anglo-indiana capitanata da uno dei chitarristi che hanno segnato la storia del jazz, John McLaughlin, in concerto l’11 novembre alle 20.45 al Teatro Verdi di Pordenone come anteprima de “Il volo del jazz 2013”. Sarà un concerto parte dello speciale tour “Remember Shakti”, che segna il ritorno di John McLaughlin e Zakir Hussain in Europa per celebrare i 40 anni di amicizia e musica che li uniscono. McLaughlin torna ai suoi anni Settanta, quando ideò il progetto Shakti, la band con L. Shankar al violino, Zakir Hussain alle tabla e altri musicisti indiani: “world-music ante litteram, non solamente un’organica combinazione di elementi jazz e rock occidentali e musica indiana, ma anche una fusione di tradizioni musicali diverse dell’India, come quella Carnatica e quella Hindustana.  L’incontro divenne uno di quelli destinati a cambiare il corso della storia musicale. Dopo una serie di album e concerti, il gruppo si sciolse nel 1978. 

Nel 1997, McLaughllin e Zakir riformarono il gruppo con il nome di “Remember Shakti” e con una nuova formazione: “Vikku” fu sostituito da suo figlio V. Selvaghanesh, Shankar fu sostituito dal mandolinista U. Shrinivas, R. Ragavan abbandonò il gruppo ed entrò il cantante Shankar Mahadevan. Dentro questo progetto musicale c’è tutto quello che ha reso così magica la prima formula, si ritorna alla formazione originale con due suonatori di strumenti a corda e due spiriti percussivi. L’improvvisazione rimane l’elemento dominante, si tratti di un monologo, di un dialogo o di una conversazione a quattro. Naturalmente, la musica indiana viene alla luce con tutto il suo splendore poetico, dalla prima all’ultima nota, non lasciando mai il jazz troppo lontano, ma anche altri generi entrano a far parte di questo girotondo di note danzanti: un po’ di blues, un po’ di funk. Il contenuto tematico è talmente ampio e indipendente da ogni condizionamento che l’ascolto di questa musica non può che elevare lo spirito e liberare i desideri più intimi di ognuno.

Dopo l’anteprima indianeggiante del festival al Teatro Verdi di Pordenone a rompere il ghiaccio sul palco del Teatro Zancanaro di Sacile ci penserà la sera del 17 novembre, alle 21, in esclusiva italiana, il sorprendente trio statunitense Medeski Martin & Wood: i padroni incontrastati del groove offriranno per l’occasione un set indiavolato a base di jazz e funk. Il trio statunitense è il gruppo simbolo del nuovo jazz elettrico, una fra le più imprevedibili, anarchiche formazioni dell’era post-fusion. Il linguaggio della band si è evoluto in molte direzioni, sempre più legate tra loro. Jazz, funk, trance, soul, hip-hop, progressive e massicce dosi di blues si mescolano in un flusso sonoro continuo ed esaltante. MMW è un laboratorio aperto che recupera l’archetipo dell’organ trio e lo proietta ai massimi livelli della contemporaneità.  A Sacile, in esclusiva italiana, tornano alle proprie radici proponendosi dal vivo in veste acustica, che fa emergere la matrice jazzistica che è sempre alla base della loro musica. Medeski Martin & Wood è un nome sinonimo di vibrazioni “cool” sia per l’ortodossia jazz che per la nuova jam generation. Un concerto con una cult band straordinaria.

La voce è repertorio genetico che si può trasmettere da padre a figlio, o meglio da madre a figlia? Il pubblico lo potrà verificare personalmente sabato 23 novembre alle 21, quando salirà sul palco dello Zancanaro Simone, la figlia di Nina, che accompagnata da Clifford Starkey al pianoforte, Bennie Sims al basso e Paul Robinson alla batteria riproporrà, reinterpretandoli, i grandi successi materni, classici come “Keeper Of The Flame”, “Je n’ai rien”, “Feeling Good”, “Black Is The Color Of My True Love’s Hair”, “Work Song”, “Go To Hell” e “Love me or leave me”.Il progetto “Simone sings Nina”, che ha visto questa cantautrice oltre che sorprendente interprete, collaborare con Bob Belden, produttore di Herbie Hancock, Cassandra Wilson, Sting e Chick Corea, è stato da lei definito “un omaggio a mia madre, il più importante progetto della mia vita.” Per l’occasione Simone proporrà anche “How Long Must I promise You”, un brano originale ed autobiografico che racconta di Simone e della madre, partendo dall’epoca dei viaggi, della musica e dal loro personale vissuto.

Altro concerto da non perdere tra quelli in calendario a novembre per “Il Volo del Jazz 2013”, in programma sabato 30 novembre alle 21, sarà quello dedicato al progetto “Drops”: sul palco due tra i più apprezzati jazzisti italiani, Tino Tracanna e Roberto Cecchetto, riuniti in un insolito trio con un mago dell’elettronica e dell’hip hop, Bonnot, al secolo Walter Buonanno. Il risultato è un gioiello di contaminazione creativa, in cui sostanze musicali completamente diverse si incontrano, dando vita a un dialogo a più voci che ripropone in musica il babelico caos del mondo odierno. Così sonorità acustiche, spasmi e diavolerie elettroniche, frammenti d’Africa, ectoplasmi classici, voci, archi, hip hop, vinili scratchati si intrecciano, in un ipotetico viaggio rasoterra, intorno al mondo, alla velocità del pensiero. Arricchisce e completa il mix la tromba di Paolo Fresu, mentre l’improvvisazione tra i musicisti tende i fili di un senso musicale non certo preordinato, ma sorprendentemente concreto.