Venezia, al Teatro Malibran il X concerto della Stagione sinfonica 2013-2014

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Teatro la fenice marco angius 1Marco Angius dirige musiche di Mosca, Maderna, Petrassi e Stravinskij

Venerdì 11 aprile 2014 alle ore 20.00 (turno S), con replica domenica 13 alle 17.00 (turno U), il direttore Marco Angius, specialista del repertorio contemporaneo e protagonista a Venezia lo scorso ottobre di Aspern di Salvatore Sciarrino, dirige al Teatro Malibran il decimo concerto della Stagione sinfonica 2013-2014, con un programma che accosterà brani del Novecento a un recente concerto per pianoforte e orchestra del compositore milanese, veneziano d’adozione, Luca Mosca.

A differenza di quanto precedentemente annunciato, la prima parte del concerto si aprirà e sarà interamente dedicata al Quinto concerto, Undici frammenti in un girotondo per pianoforte e orchestra di Luca Mosca, proposto in seconda esecuzione assoluta dopo la prima torinese del 2012, solista al pianoforte lo stesso Luca Mosca. La seconda parte si aprirà con la giovanile Introduzione e Passacaglia Lauda Sion Salvatorem di Bruno Maderna (1942), proseguirà con il tardo Frammento per orchestra di Goffredo Petrassi, penultimo lavoro del compositore (1983), e si concluderà con la Symphony in three movements di Igor Stravinskij, composta tra il 1942 e il 1945 e definita dallo stesso compositore la sua «war symphony».
Alla poetica di Luca Mosca (Milano 1957) è particolarmente congeniale la brevità folgorante del frammento. Ne è prova di immediata evidenza il Quinto concerto per pianoforte e orchestra, composto tra marzo e settembre 2011 ed eseguito per la prima volta a Torino, a Rai Nuovamusica il 3 febbraio 2012, dall’Orchestra Nazionale della RAI, diretta da Marco Angius con l’autore solista. Il titolo del Quinto concerto ne definisce esattamente la forma: «undici frammenti in un girotondo», undici sezioni concatenate senza interruzione, secondo un meccanismo strutturale ispirato a Girotondo di Schnitzler: una forma in cui ogni movimento lascia qualcosa in eredità a quello successivo e l’ultimo si riaggancia al primo. Di grande varietà è anche la scrittura concertante: al solista si richiede un virtuosismo molto impegnativo, ma anche di dialogare continuamente con l’orchestra, spesso ricondotta a una dimensione cameristica, ma talora con momenti violentissimi e visionari del tutti.
Maderna aveva 22 anni quando, nel 1942, compose la Introduzione e Passacaglia Lauda Sion Salvatorem, di cui si ha notizia di una sola esecuzione, da lui stesso diretta, al Teatro Comunale di Firenze il 3 aprile 1947. Maderna aveva studiato a Santa Cecilia con Alessandro Bustini dal 1937 al 1940; poi dal 1940 al 1942 aveva seguito i corsi di perfezionamento di Gian Francesco Malipiero. La Introduzione e Passacaglia si colloca dunque in un periodo di apprendistato e si può forse ricondurre a un suggerimento di Malipiero l’idea di rivisitare l’antico repertorio del canto liturgico (Lauda Sion Salvatorem è una delle cinque sequenze della liturgia cattolica, su una melodia della fine del secolo XIII) in un linguaggio caratterizzato da un modalismo neotonale. L’intreccio polifonico tende a combinare le varianti della melodia della sequenza con procedimento sofisticato, con un probabile riferimento alla Sinfonia Mathis der Maler di Hindemith.
Nel catalogo di Petrassi al Frammento del 1983 segue solo il Kyrie del 1986 per coro e archi. Ultima pagina per orchestra, il Frammento lavora su continue trasformazioni della materia sonora assai più che su temi, in una dimensione che potremmo chiamare «astratta» di masse sonore in movimento che a tratti si dissolvono in ramificati arabeschi. Già il percorso degli otto concerti per orchestra (1934-72) aveva condotto Petrassi all’essenzialità e all’astrazione di un comporre «atematico» e per strutture. Il coerente proseguimento del percorso di ricerca approda a questo Frammento, il cui rilievo supera di molto la concisa dimensione.
Scritta tra il 1942 e il 1945 per la New York Philharmonic, che il compositore diresse nella prima esecuzione il 24 gennaio 1946, e collocata nel periodo così detto «neoclassico» di Stravinskij, la Symphony in three movements non ha tuttavia nulla in comune con la precedente Sinfonia in do, né nella concezione formale, né nei caratteri, né nel decisivo scatenarsi di una invenzione ritmica la cui ricchezza e complessità può far ripensare al Sacre. L’asprezza, la forte evidenza dei contrasti, le tensioni e il piglio drammatico di parte della sinfonia sono stati spesso ricondotti alla tragedia del conflitto mondiale, e nei Dialogues con Robert Craft lo stesso Stravinskij non negò un collegamento con impressioni concrete della guerra, spesso di origine cinematografica, ribadendo tuttavia l’assenza di ogni intento programmatico.