Friuli Venezia Giulia, al via il riassetto istituzionale

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fvg Sergio Bolzonello Debora Serracchiani Daniele Bertuzzi Segretario generale Presidenza 1Serracchiani: «i due pilastri portanti saranno la Regione e il Comune»

Primo fondamentale passo per dar vita ad un nuovo sistema istituzionale regionale fondato su due pilastri: la Regione e il Comune.

La Giunta regionale ha approvato in via preliminare, su proposta dell’assessore Paolo Panontin, lo schema di un disegno di legge di “Riordino del sistema Regione-Autonomie locali in Friuli Venezia Giulia”, finalizzato a valorizzare un sistema policentrico che favorisca le Unioni di Comuni chiamati a gestire importanti funzioni in forma associata. Viene data così attuazione anche in questo settore al programma di Governo dell’esecutivo regionale, «con il preciso intento – spiega la presidente Debora Serracchiani – di recuperare efficienza, di essere meno burocratici, di costare meno», perché «l’organizzazione basata sulle aggregazioni comunali consentirà la migliore interconnessione dei territori della Regione con conseguente razionalizzazione delle responsabilità e delle funzioni».

In sostanza si tratta di «un intervento riformatore innovativo e di ampio respiro – aggiunge l’assessore Panontin -, con una chiara volontà di realizzare un sistema equilibrato, di semplificazione istituzionale e di valorizzazione dell’autonomia locale, più efficiente e meno costoso. Prevediamo a questo riguardo un monitoraggio dei livelli di efficacia e efficienza e dei previsti risparmi di spesa nella gestione delle unioni da realizzare già nel primo triennio».

Un provvedimento che è il risultato di un’attenta valutazione dei profili di compatibilità rispetto al quadro costituzionale vigente e, contemporaneamente, rispetto alle avviate riforme costituzionali, fra cui, in particolare, le proposte di legge costituzionale che modificano lo Statuto regionale del Friuli Venezia Giulia e determinano l’abolizione delle attuali Province.

Il disegno di legge di riordino del sistema Regione-Autonomie locali in Friuli Venezia Giulia è finalizzato a favorire la coesione nell’ambito del sistema istituzionale composto dalla Regione, da un lato, e dalle autonomie locali, dall’altro. L’articolato, più snello ed essenziale della bozza circolata in questi mesi, in 40 articoli indica modalità e tempi per la predisposizione da parte della Regione di un “Piano di riordino territoriale” che, secondo criteri precisi e tenuto conto delle istanze dei Comuni, delimita le forme associative preposte all’esercizio coordinato di funzioni comunali, sovracomunali e di area vasta.

Parallelamente disciplina l’ordinamento delle forme associative, denominate “Unioni territoriali intercomunali”, quali enti locali con natura giuridica di unione di comuni, e individua le funzioni da svolgere in forma associata.

«Attraverso il Piano di riordino territoriale la Regione – dice Serracchiani – formula una proposta di aggregazione, lasciando comunque ai Comuni la possibilità di chiedere l’adesione ad un’aggregazione diversa, qualora adiacenti a quest’ultima o a Comuni con essa confinanti». «Per l’Unione – aggiunge Panontin – abbiamo immaginato un modello di governance agile, affidata ad un’assemblea, quale organo di indirizzo, e a un presidente, eletto tra i sindaci dell’Unione stessa. Considerata la possibile eterogeneità territoriale e strutturale dei Comuni che compongono ciascuna Unione, abbiamo proposto un modello che attribuisce al voto dei Sindaci un peso diverso in base alla popolazione residente, il cosiddetto voto ponderato».

Le Unioni sono chiamate a gestire alcune funzioni che attualmente sono in capo ai Comuni, alla Regione nonché alle Province e alle Comunità montane, quest’ultime definitivamente superate con questo provvedimento. La partecipazione alle Unioni rimane obbligatoria per i Comuni fino a 5.000 abitanti (o 3.000, se montani). È facoltativa per le realtà tra i 5 e i 30.000 abitanti, pur costituendo condizione per la piena fruizione dei trasferimenti regionali. La partecipazione è facoltativa senza conseguenze finanziarie per i Comuni oltre i 30.000 abitanti.

«Riteniamo inoltre che le fusioni rappresentino un tassello fondamentale del processo di riordino – evidenzia Serracchiani – e per questa ragione abbiamo ipotizzato uno strumento, il Programma annuale delle fusioni, attraverso il quale la Giunta si farà promotrice delle aggregazioni di quei Comuni che in termini di ampiezza, entità demografica, assetto organizzativo e finanziario, non sono più in grado di garantire un adeguato sviluppo socio-economico e culturale del proprio territorio. Naturalmente proporremo il programma al parere dei Comuni interessati, che potranno anche attivare forme di consultazione popolare».