Per la frutta annata nera sul fronte di prezzi

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Cresce al forbice dei prezzi dal produttore (che lamenta scarsa remunerazione, spesso sotto costo) al consumatore (che paga a caro prezzo)

 

peschePer la frutta estiva come pesche, nettarine, angurie, meloni ed altro ancora l’estate in corso si segnala come pessima sul fronte dei prezzi, sia alla produzione che al consumo. Sul lato della produzione, gli agricoltori italiani lamentano come molto spesso essi non riescano a spuntare prezzi che riescono a coprire i costi di produzione, anche a causa della forte competitività della frutta proveniente dalla Spagna che continua ad invadere i mercati europei forte di un marketing aggressivo e da costi produttivi che sono la metà di quelli dei produttori nazionali. 

Una situazione estremamente preoccupante, che fa seguito al disastro della scorsa annata, quando si arrivò a regalare pesche e nettarine ai bagnanti in spiaggia e a lasciare i frutti sugli alberi perché il prezzo in azienda non copriva i costi di raccolta con una remunerazione che raramente ragginge i 55/60 cent al chilo (più frequentemente i 35/40 cent/kg), quando al momento della vendite al dettaglio e nella grande distribuzione il quadro è opposto: sui banchi dei fruttivendoli un chilo di pesche raggiunge anche i quattro euro (a seconda di calibro e varietà), mentre nella grande distribuzione i prezzi s’aggirano su 1,5 euro il cestino da un chilo (salvo offerte a prezzi anche inferiori). In Emilia Romagna e in Veneto , i due territori dove si concentra la maggior parte della produzione di frutta estiva, la situazione delle aziende è decisamente preoccupante, tanto che in molti tentano di spingere la via della vendita diretta portando con trattori e camioncini la frutta direttamente ai consumatori per spuntare prezzi maggiori ed offrire frutta ai consumatori a più buon prezzo, visto che quest’ultimi, complici i prezzi e la crisi economica, hanno ridotto anchei consum di frutta fresca.

Il problema della scarsa remunerazione non affligge solo i produttori di frutta, ma attanaglia tutto il comparto agricolo, dal latte ai formaggi alle carni. Per le imprese è sempre più difficile tenere aperto di fronte ad entrate che non coprono i costi di produzione, ne tantomeno quelli degli investimenti effettuati per migliorarla. Secondo gli operatori di settore il problema sta nel fatto che l’Italia non riesce a concentrare grandi quantità di offerta e i produttori sono così alla mercé dei mercati, dei concorrenti oltre che della stagione. Fino a giugno le quotazioni di pesche e nettarine erano soddisfacenti. Poi è arrivato il prodotto spagnolo, in parte quello francese e le grandi catene europee della distribuzione hanno iniziato la corsa al ribasso dei prezzi di approvvigionamento. 

La Spagna, meglio organizzata e più aggressiva, ha retto, l’Italia no. Un esempio è illuminante: da quando in Germania e Austria la catena Aldi ha inaugurato le aste al ribasso, pesche e nettarine italiane hanno cominciato a soffrire sul fronte del prezzo. Non solo. La Grande distribuzione ha utilizzato le pezzature più piccole per lanciare offerte promozionali e vendite sottocosto, limitando al massimo lo spazio per pezzature maggiori provenienti dall’Italia. Ne va meglio, osservando i listini Ismea della settimana, le quotazioni in calo di uva da tavola, cocomeri, meloni, pesche, nettarine. E il peggio per la produzione tricolore deve ancora arrivare, in quanto sul mercato manca ancora il raccolto greco.

Complice la crisi, in Italia le superfici coltivate a pesche e nettarine negli ultimi dieci anni sono crollati del 35% in Emilia-Romagna, del 33% in Veneto. Tagli non compensati dalla crescita nel Sud, mentre in Spagna è avvenuto l’esatto contrario con la crescita accompagnata da una fortissima politica di commercializzazione del prodotto sui mercati esteri, tanto da diventare il primo fornitore europeo con il 29% del mercato.melone fette