“Festival Monteverdi Vivaldi” al Teatro La Fenice di Venezia

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Sale apollinee Venetian Center for Baroque Music
Prosegue la rassegna concertistica organizzata dal “Venetian Center for Baroque Music”

 

Sale apollinee Venetian Center for Baroque MusicDi Giovanni Greto 

Dopo la pausa agostana, il “Festival Monteverdi Vivaldi”, organizzato dal “Venetian Center for Baroque Music” e che per questa edizione ha come tema la vocalità veneziana, è ritornato nelle sale Apollinee del teatro La Fenice, con un interessante, intenso concerto, “Amori sacri, amori profani”. 

Protagonista il quartetto “Concerto Soave”, composto per ¾ da musiciste e diretto dall’organista e clavicembalista Jean-Marc Aymes. La serata è stata aperta da una “Toccata” per organo di Giovanni Picchi, dal 1615 al 1625 organista nella chiesa dei Frari, il quale scrisse una importante raccolta di danze per clavicembalo. A seguire, dai “Motetti” editi a Venezia nel 1643, “Quasi cedrus”, di Giovanni Antonio Rigatti (1615-1649), sacerdote nella chiesa di Santa Maria Formosa, maestro del coro del Conservatorio degli Incurabili e negli ultimi anni della sua breve esistenza maestro di Cappella del patriarca Francesco Morosini. Sia in questa che nella composizione successiva, “Quam pulchra es”, è emersa la voce della soprano argentina Maria Cristina Kiehr, abile ad inserire gorgheggi ove la musica lo richiedeva, oltre che a passare senza apparente fatica da note alte a basse. Buona la sua pronuncia latina ed italiana, sufficientemente intelleggibile in platea, dato che il programma di sala era privo dei testi. 

In “Pulchra es amica mea”, brano centrale della prima parte dedicata agli amori profani, si è messa in luce la violista da gamba, francese, Sylvie Moquet, accompagnata soltanto dall’organo. La sonorità che usciva nel far scorrere con eleganza l’archetto lungo le corde dello strumento antico, era quanto di più avvicinabile alla voce umana. Dal “Primo Libro di Capricci” (Napoli, 1623) di Ascanio Mayone (circa 1565-1627) l’arpista Mara Galassi, lombarda, ha eseguito in un’equilibrata solitudine, la “Toccata IV”, emettendo delicate e dolci sonorità, assai simili a quelle di un liuto. L’ultimo degli amori sacri, “Pianto della Maddalena”, ha fatto conoscere il compositore, liutista e cantante Luigi Rossi (1597/98- 1653), geniale nella vena lirica, il quale utilizzava il “Da Capo” nelle cantate. Il suo Pianto ha ricordato il “Lamento d’Arianna” dell’illustre cremonese Claudio Monteverdi, che ha fatto la parte del leone nella seconda metà del concerto, dedicata agli amori profani.

Dalle “Canzonette a tre voci” (1584), l’attento pubblico ha potuto apprezzare “Qual si può dir”, Come farò”, “Quando sperai”, “Hor care canzonette”. Ma il brano forse più emozionante è stato “A presso ai molli argenti”, un Lamento tratto dai “Diporti di Euterpe” (1659) della veneziana Barbara Strozzi (circa 1619-1664), figlia adottiva di Giulio Strozzi, il quale scrisse alcuni testi per Monteverdi. Barbara fu eccellente cantante e compositrice, nota all’epoca per i Madrigali, le Arie e soprattutto le delicate Cantate. Ma un concerto così apprezzato necessitava di un’appendice. Ed ecco allora il Quartetto ritornare sul palco per interpretare un breve madrigale di Monteverdi, di andamento decisamente danzante, quale “Eri già tutta mia”.

Il festival prosegue sabato 19 alla Scuola Grande di San Rocco con un programma di Arie inedite di Francesco Cavalli, interpretate da “La Cappella Mediterranea” diretta da  Leonardo Garcia Alarcon. Sabato 3 ottobre calerà il sipario nella chiesa della Pietà con “Arie e duetti d’epoca” di Antonio Vivaldi e Georg Friedrich Haendel, a cura della “Orchestra Geneva Camerata” diretta da David Greilsammer.