Scandalo Banca Popolare di Vicenza, parte l’inchiesta giudiziaria

0
425
popolare di vicenza 2
La Guardia di finanza coordinata dal procuratore Luigi Salvadori indaga per l’ipotesi di aggiotaggio e ostacolo alle funzioni di vigilanza

 

popolare di vicenza 2Si allarga lo scandalo che ha vito protagonista la banca Popolare di Vicenza con azioni della banca acquistate tramite finanziamenti, per 975 milioni di euro, erogati agli azionisti dallo stesso istituto di credito, in misura tale da costituire violazione delle norme del diritto bancario: è questo il filone principale dell’inchiesta aperta dalla magistratura sulla Banca Popolare di Vicenza (117.000 soci), che fa seguito ad una ispezione compiuta dalla Bce.

La banca avrebbe finanziato – secondo l’ipotesi investigativa – un quarto del suo stesso capitale azionario (circa 4 miliardi di euro), superando i limiti consentiti. L’indagine della magistratura riguarda anche una sovrastima del prezzo delle azioni della Banca, che ha determinato numerose proteste degli azionisti, e che nell’ultima semestrale, avrebbe indotto i vertici a svalutare i crediti considerati deteriorati.

L’inchiesta aperta dalla procura della Repubblica di Vicenza è stata affidata al sostituto procuratore Luigi Salvadori che indaga per le ipotesi di aggiotaggio e ostacolo delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza nei confronti di alcuni esponenti di vertice della Popolare di Vicenza, tra i quali il presidente Gianni Zonin. Il procuratore Antonino Cappelleri ha confermato l’avvio delle indagini preliminari: «gli odierni atti di indagine sono ritenuti indispensabili dagli inquirenti d’intesa con il sottoscritto, nell’ambito della più complessa acquisizione istruttoria, per rendere compiuta la necessaria e doverosa ricerca di elementi probatori documentali, intesa sia all’accertamento e riscontro degli elementi di fatto sia all’attribuzione delle responsabilità soggettive». Cappelleri, in una nota, ha voluto sottolineare che «solo alla conclusione dell’inchiesta potrà intendersi sussistente e confermata l’ipotesi di reato oggi ipotizzata» e ciò ricorda alla luce della delicatezza «degli interessi economici e patrimoniali investiti dall’indagine, dei quali sono portatori tanto istituti bancari che imprenditori, risparmiatori e dipendenti». Il procuratore ha quindi evidenziato l’obbligo del segreto istruttorio riguardo all’inchiesta in corso che deve tutelare «ogni portatore dei legittimi interessi anche contrapposti tra loro» presenti nella vicenda.

Nell’inchiesta ci sarebbero altre sei persone coinvolte, oltre al presidente Gianni Zonin e l’ex direttore generale dell’istituto Samuele Sorato. Gianni Zonin, il presidente della Banca Popolare di Vicenza indagato dalla Procura del capoluogo berico, da 32 anni consigliere dell’istituto di credito e da 19 presidente, si è sempre definito «un viticoltore prestato alla finanza». Il suo nome è infatti legato all’azienda vitivinicola di famiglia, attiva a Gambellara da sette generazioni, che lo vede alla guida insieme ai tre figli Domenico, Francesco e Michele.

«Ho massima fiducia nella magistratura, di più non posso dire. Sono qui per la riunione del comitato esecutivo» ha detto il consigliere delegato e direttore generale della BpV, Francesco Iorio, al suo arrivo nella sede della Popolare di Vicenza.

«Ho presentato l’ultima denuncia il 4 agosto scorso, ma non so se l’inchiesta parta proprio dal mio esposto». Renato Bertelle, avvocato di Malo (Vicenza) e possessore di cento azioni dell’istituto bancario, non è sorpreso dalla bufera giudiziaria che ha investito la banca Popolare di Vicenza. Nel fascicolo sul tavolo del sostituto procuratore vicentino Luigi Salvadori ci sono comunque gli esposti e le segnalazioni fatti in questi ultimi mesi da piccoli azionisti e risparmiatori. Bertelle di denunce contro l’istituto ne ha presentate finora sette, a nome di persone detentrici di azioni, ma altre ne ha in preparazione «perché sono tante le persone che si sono rivolte a me o quelle che ho incontrato e che mi hanno raccontato di aver investito nella banca i loro risparmi». C’è il caso – racconta – di un padre che si è sentito male dopo che le azioni hanno subito un “taglio” di valore di oltre il 20% deciso dalla stessa banca. «Erano soldi, circa 170.000 euro – rileva -, che come mi hanno detto le figlie, destinati alle cure della moglie». Ma i casi simili, a sentire il legale, sono tanti e tutto ruota attorno a quella che Bertelle definisce «una sovra valutazione delle azioni che era stata certificata già nel 2001 dalla Banca d’Italia. A quanto mi risulta, però, non erano seguite sanzioni o altre ispezioni». Il legale definisce invece molto prematura ogni ipotesi di costituzione di parte civile in quando bisognerà attendere l’esito dell’inchiesta.

Il Codacons depositerà formale richiesta di costituzione di parte offesa nell’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica di Vicenza: «abbiamo deciso di entrare nel procedimento aperto dalla Procura in rappresentanza della collettività e dei clienti della banca – spiega il presidente Carlo Rienzi – e se dalle indagini emergeranno illeciti e violazioni delle norme, avvieremo una “class action” da parte di azionisti e correntisti dell’istituto di credito volta ad ottenere il risarcimento dei danni morali e patrimoniali subiti, anche nei confronti delle autorità di vigilanza per l’omesso controllo».

«Bene, seppur con 7 anni di ritardo rispetto alle denunce, le perquisizioni della Guardia di finanza disposte dal Pm di Vicenza Luigi Salvadori sull’ennesimo, gravissimo scandalo di una Banca d’Italia dalle porte girevoli, che invece di vigilare va a braccetto con banchieri-amici, commissariando banche con i conti in ordine per tentare di salvare quelle con rapporti amicali, come la Banca Popolare di Vicenza del padre padrone Zonin» afferma Elio Lannutti dell’Adusbef secondo cui «dopo ispezioni a “la carte”, forse pilotate, non si è mai accorta che in deroga a norme stringenti di legge la Bpvi aveva prestato ai suoi clienti quasi un miliardo di euro (un quarto del suo valore), per comprare azioni della stessa banca, titoli illiquidi e sopravvalutati, senza che neppure la Consob sia intervenuta tempestivamente per tutelare piccoli risparmiatori rovinati, denunciato da Adusbef nell’ aprile 2008, con 120.000 azionisti che hanno visto dilapidati circa 6 miliardi di euro di risparmi (tra perdite ed aumenti di capitale)». «La supervalutazione delle azioni Bpvi con criteri arbitrari, i metodi illeciti per acquisire i soci, ed altre ipotesi di reato – denuncia l’associazione – erano state già denunciata da Adusbef nel 2008, con un esposto alla Procura della Repubblica di Vicenza, successivamente archiviata con una operazione che da molti venne definito “muro di gomma”». Adusbef, «che si augura vengano smascherati almeno 7 anni di mala-gestio, con numeri e cifre che appaiono gonfiate o sgonfiate ad hoc sui bilanci degli ultimi anni della Banca Popolare di Vicenza chiede analoghe ed urgenti perquisizioni nelle sedi di Bankitalia e Consob, per verificare come mai non siano mai intervenute per prevenire gestioni creditizie scellerate, essendo intollerabile che tali strapagati “Enti inutili”, possano continuare a farla franca, mentre viene dilapidato il pubblico, sudato risparmio».

Sui fatti interviene anche la politica. Il Movimento 5 stelle «si è schierato da tempo con le tantissime famiglie rovinate dalle azzardate operazioni dell’istituto, presentando interrogazioni parlamentari, esposti in Procura e organizzando eventi pubblici in molte piazze d’Italia» sottolineano i senatori Enrico Cappelletti e Gianni Girotto. I parlamentari rilevano di «non aver potuto non notare di essere stati i soli: silenzio dal sindaco di Vicenza, silenzio da parte del Presidente della Regione, silenzio da parte degli altri partiti politici, evidentemente troppo vicini a questo sistema di potere». Per Jacopo Berti, capogruppo nel consiglio regionale del Movimento 5 Stelle, «a circa 200.000 azionisti della banca, comuni cittadini, hanno letteralmente bruciato i risparmi di una vita – spiega – 2 miliardi e 600 milioni di euro di risparmi polverizzati da questi pirati in giacca e cravatta. Molti correntisti denunciano di essere stati costretti con intimidazioni e ricatti ad acquistare le azioni pena la revoca dei fidi, della concessione di mutui o dell’accesso a carte di credito a condizioni concorrenziali. Veri e propri ricatti in nome del profitto per la banca e per le lobby».