Auguri di fine anno ai Veneti del patriarca Moraglia

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Incontro con la stampa del presule che ha fatto il bilancio di quanto accaduto

 

Moraglia IMG 1659«Il mio augurio è che il potere che avete in mano possa essere veramente usato per mettere in evidenza, oltre alle sofferenze e alle difficoltà, le possibilità che ha il nostro territorio, pungolando le altre realtà, come politica, imprenditoria e sindacati, nel riuscire a mettere in evidenza le criticità e le cose da convertire ed essere trainanti per una nuova progettualità».

Il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, ha introdotto così il tradizionale incontro con la stampa in Palazzo Patriarcale per gli auguri di Natale. «Il nostro territorio – ha aggiunto – ha bisogno di guardare al futuro, di chiudere certe realtà e mettere le premesse per una nuova progettualità. E il mondo dell’informazione può far crescere una cultura diffusa, che non può essere solo critica, per quanto questa sia giusta, componente importante della democrazia: può tirare quelle volate positive che il nostro territorio attende da tanto».

Una progettualità che Moraglia ha spiegato come «risultato di tante cose, perché siamo in una società pluralista e un progetto non può quindi essere mai un progetto solo di qualcuno o contro qualcuno: deve nascere invece dalla condivisione che nasce dall’ascolto, facendo tutti un passo indietro per fare un passo avanti». «Trasferiamo nella società – ha proseguito – l’immagine della rappresentatività e della governabilità: chi deve prendere le decisioni, deve essere capace di rappresentare una realtà più ampia, perché il rischio è quello dei veti incrociati. Ci sono progettualità economiche, proposte culturali, che vanno fatte pensando Venezia, città fragile, in rapporto alla sostenibilità, trovando il minimo comun denominatore con la vivibilità». Ai giornalisti, il Patriarca ha quindi formulato l’invito a «coniugare la fretta con una scelta etica nel governare le notizie», citando i casi di Penati e Calogero Mannino, «nei confronti dei quali mi metto nei panni delle persone, delle famiglie e dei figli».

«Non è la prima volta che ci sono delle banche in difficoltà. E le banche popolari per un verso sono una ricchezza: ma sono ancora possibili in un contesto globalizzato? E non c’è il rischio che rimangano vincolate ad interessi solo territoriali? D’altro canto, bisogna riflettere sul fatto che le grandi banche rischiano di cadere sui rischi legati agli investimenti». Il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, ha riservato una riflessione ai temi economico-finanziari nel suo incontro con la stampa per gli auguri di Natale, indicando nella nuova strada pensata per il Marcianum una possibilità di svolta. «Il Patriarcato – ha spiegato – ha orientato alcune scelte, che non possono prescindere ad alcuni rapporti che non sono chiusi, ma che vanno trasformati in modo più agile. Certi riferimenti culturali più accademici saranno oggetto di una proposta culturale e sociale che riguardi lavoro, ambiente e una cultura economica e finanziaria diffusa. Vorrei che la sigla “Marcianum”, con le sue possibilità reali, si posizionasse per creare una cultura riguardante il lavoro e una cultura economico-finanziaria, perché se il problema da un lato è il governo delle banche, d’altro canto bisogna anche dare agli utenti gli elementi per avere un approccio critico. E’ per questo che il Patriarcato sta lavorando ad un progetto di socialità cristiana».

«La paura, nella vita personale e di una comunità, non porta da nessuna parte: dobbiamo stare attenti a chi cerca di chiuderci nel recinto della paura, guardarcene, perché spaventare una persona, una comunità, significa tenerla in mano». Nel suo incontro con i giornalisti per gli auguri natalizi, il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, ha riservato una lunga riflessione sui temi legati al terrorismo. «Il nostro impegno – ha proseguito – deve essere quello di essere vigilanti, attenti, di non sottovalutare il periodo storico che stiamo vivendo. Da parte di chi è punto di riferimento nella comunità deve arrivare il messaggio del dominio della situazione: siamo di fronte ad una realtà complessa, variegata, difficilmente gestibile, ma abbiamo anticorpi e risorse per dare una risposta». Moraglia ha quindi ricordato il terrorismo di 40 anni fa in Italia. «Quando lo Stato alza il tiro – ha sottolineato – la comunità sociale e civile reagisce e, sia pur a fatica, riesce a vincere. Bisogna fare un esame di coscienza sulla sottovalutazione di tante cose nel passato. La situazione francese negli anni del terrorismo, con il pensiero di Mitterrand, ha determinato un certo modo di pensare e un’ampia accoglienza: bisogna essere sì garantisti nei confronti di tutti, ma avere anche responsabilità nei confronti di noi stessi e delle persone che rappresentiamo e che si riferiscono a noi».

L’invito per combattere la paura lanciato dal Patriarca è allora quello di «investire in cultura». «La persona che conosce – ha spiegato – sa che può avere e avrà certamente delle risposte e delle progettualità che diventano essenziali di fronte ai momenti di emergenza, in cui la routine non regge più. Investire in cultura è la grande condizione perché la società abbia i meccanismi fondamentali per intendersi, capirsi e ritrovarsi. Ai giovani dobbiamo quindi dare un messaggio di accoglienza e identità personale: se si vogliono tenere insieme mille sensibilità, mille sfumature culturali, politiche e spirituali, bisogna mettere dinnanzi, prima di tutto, la realtà del problema. E il fenomeno migratorio non è una nostra scelta, ma una realtà che va governata politicamente, richiedendo un soggetto maturo che accoglie, perché chi accoglie non finisca per non sentirsi più padrone in casa propria». «Accoglienza – ha concluso Moraglia – allo stesso tempo vuol dire anche integrazione, aprirsi a diversi modi di pensare, vivere, rapportarsi agli altri. Ma ci sono scelte che devono tenere conto della storia e della cultura del Paese ospitante e, allo stesso tempo, la laicità, che, come disse la sentenza Casavola della Corte Costituzionale nel 1989, non vuol dire indifferenza, ma garantire le libertà, religiosa e non solo. Lo Stato, mezzo di espressione della società civile e al suo servizio, deve garantire tutto ciò con fondamenti che appartengono alla ragione umana. Sarebbe inaccettabile un interlocutore che venisse qui non accettasse i fondamenti della democrazia e non si inserisse in una realtà che viene ad arricchire con la sua presenza».

Moraglia ha riservato una riflessione anche sul governo della città di Venezia: «la nuova Amministrazione è ancora all’inizio del suo cammino, per cui è difficile dare non solo pagelle, ma anche semplici valutazioni di massima. Certamente – ha proseguito – ci sono dei problemi, nella nostra città, non recentissimi. Il Mose ha avuto un effetto dirompente, ma era sottotraccia fin dagli anni Ottanta ed è solo ad un certo punto che ci si è accorti di alcune cose. Per riposizionare certi equilibri ed emendare certe scelte di un passato venuto alla luce è necessario un periodo congruo di tempo: l’amministrazione sta lavorando e, per quanto ho appreso dai giornali, ha qualche idea, come portare Venezia ad essere punto di riferimento mondiale per alcuni avvenimenti che possano essere capaci di dire qualcosa al Mondo». Sempre riguardo alla città, Moraglia ha ricordato, riferendosi al Patriarcato, «lo sforzo, in un momento non facile, di aprire il dormitorio e la mensa a Marghera, zona dove eravamo scoperti, come fine dell’anno di fede, perché il 2012 avesse un segno in cui la fede diventasse qualcosa di reale sul territorio. Adesso la struttura funziona a pieno regime, ma ha dei costi». Ultima riflessione, legata alla residenza. «Per le famiglie in difficoltà – ha detto Moraglia – stiamo studiando cosa possiamo fare. Intanto, sono abbastanza contento per quel che è stato fatto nella nostra diocesi, rispetto ad altre, per accogliere quei piccoli nuclei di immigrati che possono integrarsi bene nel contesto cittadino: una risposta generosa, anche se ci muoviamo all’interno di regole di ingaggio fissate dalla Prefettura».

Il Patriarca si è occupato anche dell’esito della conferenza di Parigi in tema di inquinamento ambientale: «la Conferenza di Parigi è appena terminata e ci ha dato scenari preoccupanti, per certi versi inediti. La preoccupazione è adesso che le intese di massima abbiano un seguito, se cioè avremo la capacità di realizzare gli impegni politici richiesti. E io ritengo che Venezia possa essere idonea per tenere deste le risultanze della Conferenza di Parigi, anticipate dall’ultima enciclica del Papa. Se certi parametri non saranno mantenuti – ha aggiunto – certe realtà geografiche saranno penalizzate per prime. E Venezia, con il suo equilibrio precario, sospesa sull’acqua, potrebbe essere centro mondiale, non episodico ma stabile, per pensare ad un rapporto con l’ambiente diverso da quanto portato avanti finora». «Una vocazione che vedrei sia per la sua costituzione che per la sua storia, come punto di riferimento tra Oriente ed Occidente, alla base dei problemi dell’equilibrio mondiale odierno – ha concluso -. E sulla questione ecologica, sul rapporto col Creato, Venezia può avere un ruolo per ripensare l’uomo all’interno di una realtà precaria, in equilibrio col cosmo. Ma bisogna guardare tutti nella stessa direzione, investire e credere in queste realtà».