Il 17 aprile si vota per il referendum popolare sulle estrazioni petrolifere entro i 12 km di costa

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Perché sia valido, devono votare il 50% degli aventi diritto. I fautori del “Sì” favorevoli alla cessazione delle attività allo scadere della proroga. Quelli del “No” favorevoli allo sfruttamento dei giacimenti in essere fino all’esaurimento

 

petrolio piattaforma petroliferaIl prossimo 17 aprile si terrà un referendum popolare. Si tratta di un referendum abrogativo, e cioè di uno dei pochi strumenti di democrazia diretta che la Costituzione italiana prevede per richiedere la cancellazione, in tutto o in parte, di una legge dello Stato. Perché la proposta soggetta a referendum sia approvata occorre che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto e che la maggioranza dei votanti si esprima con un “Sì”. Nel caso che il quorum del 50% dei votanti non venga raggiunto o che prevalga il “No” la norma rimane quella in vigore. Hanno diritto di votare al referendum tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto la maggiore età. Votando “Sì” i cittadini avranno la possibilità di cancellare la norma sottoposta a referendum.

Oggetto del voto è la norma contenuta nella legge di Stabilità 2016 che prevede la proroga delle attività delle piattaforme petrolifere già attive entro la fascia di 12 chilometri dalla costa fino all’esaurimento del giacimento attivo, superando la precedente norma che ne prevedeva la fermata allo scadere della concessione. Il referendum non blocca le attività di ricerca e di produzione delle piattaforme oltre i 12 km, così come non rimuove il divieto di rilasciare nuove concessione di ricerca petrolifera entro la fascia dei 12 km dalla costa.

debora serracchiani ditinoIl tema referendario sta iniziando a scaldare i diversi fronti della politica. «Quello del 17 aprile non è un referendum pro o contro le trivelle» scrive, in sintesi, la vice segretaria del PD e governatrice del Friuli Venezia Giulia nel suo blog (Serracchiani.eu), sulla consultazione referendaria. Serracchiani ricorda di aver partecipato «nel 2012 a Monopoli a una manifestazione pubblica assieme al partito provinciale di Bari contro la concessione di nuovi permessi per le trivellazioni marine» e che, rispetto a quel momento, rivendica «coerenza con le scelte di oggi». Nella legge di stabilità 2016 in vigore dal 1 gennaio scorso, spiega infatti, «sono state inserite diverse di quelle rivendicazioni per le quali mi sono personalmente battuta». A cominciare dal «divieto di fare nuove trivellazioni» nelle aree marine protette e nel raggio delle 12 miglia dalla costa con blocco di «tutti i provvedimenti concessori dal 1 gennaio 2016, anche quelli già avviati ma non ancora giunti a compimento». Per Serracchiani «non lo ritengo utile, ma anzi suggestivo di creare aspettative distorte nei cittadini».

Non la pensa così Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto e membro Ass. Ciambetti conf. stampa 04.07.2012 Idel Comitato promotore del referendum del 17 aprile Stop trivelle, che smonta le dichiarazioni della Serracchiani: «materie complesse, che riguardano l’ambiente, ecosistemi di estrema delicatezza come quello marino, che comportano fenomeni come la subsidenza e di certo la qualità della vita di noi tutti non possono essere affrontati con superficialità e approssimazione dilettantesca: non si può mettere a rischio il nostro mare perché non si sa neanche di cosa si sta parlando». Secondo Ciambetti, Serracchiani «non ha le idee molto chiare a proposito della norma che consente l’utilizzo e la ricerca sine die di pozzi petroliferi o di gas, né sa che la cancellazione dei piani d’area e programmazione concordata con le regioni sulla materia non è esattamente un fatto positivo per gli enti locali spossessati di ogni voce in capitolo. Non si tratta di cavilli: non è vero che il governo ha risolto 5 dei 6 quesiti referendari, ma solo 3. Basta questo per capire la superficialità con cui a Roma si pensa di affrontare una questione vitale per l’ambiente e milioni di cittadini». Per Ciambetti, «sarebbe bastata anche una semplice telefonata per appurare la verità, parlando coi dirigenti locali del Pd di una delle 9 regioni promotrici del referendum. Se la vice segreteria nazionale del Pd avesse consultato, ad esempio, i dirigenti Dem polesani o i consiglieri regionali veneti forse si sarebbero risparmiati figuracce incredibili». «Ormai è chiaro – conclude Ciambetti – che non solo non hanno idea alcuna delle tematiche reali di fondo al referendum, ma che il loro tasso di presunzione è tale da renderli ciechi davanti l’evidenza e sordi a ogni ragione. Purtroppo la posta in gioco è di vitale importanza per il nostro futuro: non è faccenda di destra, o di sinistra, ma di buon senso. Quel buon senso che in parte dei vertici nazionali del Pd sembra essere venuto meno».

Ciambetti interviene anche per commentare i dati elaborati da Greenpeace basati sulle indagini effettuate da Ispra su committenza Eni: «quanto emerge relativamente alla contaminazione ambientale in campioni di cozze raccolti intorno a piattaforme in Adriatico di proprietà della stessa Eni non lasciano dubbi, visto che i mitili contengono metalli pesanti e idrocarburi. Circa l’86% del totale dei campioni analizzati nel corso del triennio 2012-2014 superava il limite di concentrazione di mercurio. Inoltre l’82% dei campioni di mitili raccolti nei pressi delle piattaforme presenta valori più alti di cadmio rispetto a quelli misurati nei campioni presenti in letteratura; altrettanto accade per il selenio (77% circa) e lo zinco (63% circa). Per bario, cromo e arsenico la percentuale di campioni con valori più alti era inferiore (37%, 27% e 18% rispettivamente)». 

«Metalli come il cadmio e il mercurio, sono particolarmente tossici – continua Ciambetti -. Il cadmio è altamente tossico e può generare disfunzioni ai reni e all’apparato scheletrico e non a caso è inserito tra le sostanze il cui effetto cancerogeno sull’uomo è noto e dimostrato scientificamente. Un’analisi simile a quella prodotta per i metalli pesanti – prosegue – è stata realizzata anche per i livelli di concentrazione degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Il confronto mostra che il 30% dei mitili oggetto di campionamento da parte di ISPRA ha valori di concentrazione più alti di quelli rinvenuti nei tessuti di mitili in aree estranee all’impatto delle attività estrattive. L’analisi di Greenpeace descrive purtroppo una realtà ben peggiore di quella che ci attendevamo e fa riflettere: come si vede il Referendum del 17 aprile può essere l’occasione per iniziare a scoprire aspetti della quotidianità che fino ad oggi non avevamo approfondito e forse non è un caso se i petrolieri vogliono che tutto passi in sordina, che il referendum fallisca. Purtroppo il Governo Renzi, che dovrebbe tutelare gli interessi dei cittadini, ha assecondato il gioco dei potenti. Ma non è detta l’ultima parola. Il 17 aprile si vota non solo per difendere l’ambiente, l’habitat marino, la nostra salute, ma anche per spezzare la catena di sudditanza che lega il governo al guinzaglio dei veri potenti».