Latte: la protesta Coldiretti a Milano spinge il Governo a dare il via libera all’etichettatura d’origine obbligatoria

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Moncalvo: «primo passo nella direzione giusta». Cerantola: «viene riconosciuta l’identità del nostro lavoro e della qualità del prodotto veneto»

 

protesta latte coldiretti milanoLa fortissima pressione portata avanti dai produttori assieme agli esponenti politici di tutto l’arco costituzionale ha condotto il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina a presentare all’Europa uno schema di decreto con cui s’introduce sul mercato italiano l’indicazione obbligatoria dell’origine dei prodotti lattiero caseari. La comunicazione è stata data a Milano in occasione dell’ennesima manifestazione organizzata sul tema da Coldiretti.

Questo sistema sperimentale consentirà di indicare con chiarezza al consumatore la provenienza delle materie prime di molti prodotti come latte, burro, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini. «Siamo davanti a un passo storico – ha dichiarato il ministro Martina – che può aiutare tutto il sistema lattiero caseario italiano. Parliamo di un settore che nel suo complesso vale più di 20 miliardi di euro e che vogliamo dotare di ancora più strumenti per competere». «Con questo decreto – prosegue Martina – sarà possibile sfruttare questi spazi, perché finalmente i consumatori potranno essere pienamente informati. L’indicazione chiara ed evidente dell’origine della materia prima è un elemento cruciale per valorizzare il lavoro di più di 34.000 allevatori che rappresentano il cuore pulsante di questo settore». 

Da un’indagine demoscopica commissionata da Ismea emerge che il 67% dei consumatori italiani intervistati si dichiara disposto a pagare dal 5 al 20% in più per un prodotto lattiero caseario che abbia chiara in etichetta la sua origine italiana. Inoltre, per 9 italiani su 10 è importante conoscere l’origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per latte fresco e i prodotti lattiero-caseari. Si è espresso così il 95% degli oltre 26.000 partecipanti alla consultazione pubblica online tra i cittadini sulla trasparenza delle informazioni in etichetta dei prodotti agroalimentari, svolta sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. 

Il decreto predisposto dal ministero prevede che il latte o i suoi derivati dovranno avere obbligatoriamente indicata l’origine della materia prima in etichetta con le seguenti diciture: a) “paese di mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte”; b) “paese di confezionamento: nome del paese in cui il prodotto è stato confezionato” c) “paese di trasformazione: nome del paese nel quale è stato trasformato il latte”. 

«Con l’etichettatura di origine obbligatoria per il latte e dei suoi derivati finalmente si cambia verso anche nella trasparenza dell’informazione ai consumatori in una situazione in cui la metà della spesa era anonima – dice il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo -. Si consolida un percorso di cambiamento che vede l’Italia svolgere giustamente un ruolo di leadership in Europa nella battaglia per la qualità e la trasparenza grazie ai primati conquistati a tavola. La spinta nazionale ha portato peraltro poche settimane fa alla storica risoluzione del parlamento Europeo per l’indicazione obbligatoria del Paese d’origine o del luogo di provenienza per tutti i tipi di latte destinati al consumo diretto nonché ai prodotti lattiero-caseari e ai prodotti a base di carne». 

L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica di Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n. 204 del 3 agosto 2004. «Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma – continua Moncalvo – l’etichetta resta anonima per circa 1/3 della spesa dai salumi ai succhi di frutta, dalla pasta al latte a lunga conservazione, dal concentrato di pomodoro ai sughi pronti fino alla carne di coniglio».

L’etichettatura obbligatoria annunciata a Milano dal Ministro Martina  e dal premier Matteo Renzi costituisce per Moncalvo «un risultato che risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani che secondo la consultazione pubblica online del Ministero dell’agricoltura in più di 9 casi su 10 considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione. Un risultato che arriva a undici anni esatti dall’introduzione dell’obbligo di indicare l’origine per il latte fresco fortemente voluto dalla Coldiretti anche per sostenere i consumi di un alimento fondamentale nella dieta degli italiani. Con l’etichettatura di origine – precisa Moncalvo – si dice finalmente basta all’inganno del falso “Made in Italy” che riguarda tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non e’ obbligatorio riportarlo in etichetta».

Per Coldiretti l’etichettatura obbligatoria del latte e dei suoi derivati consente a «1,7 milioni di mucche da latte presenti in Italia di “firmare” la propria produzione di latte, formaggi e yogurt che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione». 

Secondo un’analisi di Coldiretti ad essere tutelati sono anche i consumatori italiani che hanno acquistato nel 2015 una media di 48 chili di latte alimentare a persona mentre si posizionano al settimo posto su scala mondiale per i formaggi con 20,7 chilogrammi per persona all’anno dietro ai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche da islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri. L’obbligo di indicare l’origine in etichetta salva dall’omologazione l’identità di ben 487 diversi tipi di formaggi tradizionali censiti a livello regionale territoriale e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni che permettono anche di sostenere la straordinaria biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale.

Soddisfazione traspira da tutti i protagonisti del settore. Per Stefano Berni, direttore del Consorzio Grana padano, «finalmente, trasparenza, speranza. Sono le tre parole chiave con cui desidero commentare la firma del decreto interministeriale. Le recenti aperture dell’Europa in materia di etichettatura ci fanno ben sperare perché non possiamo più reggere una situazione del genere. Oltre ad un danno economico, è uno spregio nei confronti dei consumatori che sono quotidianamente ingannati e non se ne rendono conto. Nei negozi e nei supermercati  – ribadisce Berni – è forte e in continua crescita la presenza di prodotti che per aspetto, presentazione e packaging sembrano uguali a quelli Dop o Igp, ma che nulla hanno a che vedere con il livello qualitativo degli stessi. Un danno che, solo per il Grana Padano, vale 1 miliardo di euro, 700 milioni all’estero e 300 milioni in Italia. Si pensi, poi, che nel segmento dei grattugiati il 36% è Grana Padano, il 14% è Parmigiano Reggiano e il 50% è rappresentato dai similari, provenienti per la maggior parte dall’estero». 

«Con l’etichetta obbligatoria annunciata dal Governo per tutti i prodotti lattiero caseari oggi il nostro latte vale di più così come viene riconosciuta la qualità del nostri allevamenti» afferma Martino Cerantola, presidente Coldiretti Veneto. «Il Veneto – ricorda Cerantola – realizza un’eccellenza casearia di assoluto pregio visto che più del 60% del latte è impiegato per le pezze blasonate: ad esempio per il Grana Padano si lavorano più di 4 milioni di quintali di latte, per l’Asiago quasi 2 milioni, altrettanto significativa è la quantità per il Montasio, il Piave, il Provolone Val Padana. Chiudono la classifica il Monte Veronese e la Casatella Trevigiana». «La scelta di trasparenza fatta in Italia – conclude Cerantola – è importante per essere più forti anche nella lotta all’agropirateria internazionale sui mercati esteri dove i formaggi “Made in Italy” hanno fatturato ben 2,3 miliardi (+5%) nel 2015».

«Siamo di fronte ad un decremento dei consumi di latte costante che non tenderà ad arrestarsi» afferma Gianpiero Calzolari, presidente del gruppo Granarolo, durante la Giornata del latte organizzata da Coldiretti a Milano commentando lo stato in cui versa il settore. «Nel 2015 c’è stata una flessione dei consumi pari al 9,5% con un prezzo al ribasso della materia prima che oggi è arrivato a soglie addirittura di 20 centesimi al litro nel mercato spot. Questa è una situazione davvero insostenibile per gli allevatori italiani che sono testimoni di una fase in cui il graduale calo del prezzo del latte non consente loro la copertura dei costi di produzione e degli investimenti. È necessario intervenire con urgenza e con forza – spiega Calzolari -. Bene la campagna di comunicazione lanciata dal Ministero a sostegno del valore nutrizionale del latte fresco, bene anche l’etichettatura dei prodotti italiani per rafforzare il rapporto tra i consumatori e i produttori, ma per essere efficace dovrà in prospettiva diventare una misura europea. Non va inoltre dimenticato che quando il latte 100% italiano si fa pagando i produttori 20 centesimi non si consente loro di sopravvivere. Occorre valorizzare anche l’etica del prezzo».

Mobilitazione anche da parte dei grandi gruppi distributivi: l’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese, ha annunciato a Milano che a brevissimo «i 40 milioni di litri di latte Uht commercializzato con il marchio Conad saranno tutti di provenienza italiana. Se il problema non esiste per il latte fresco, che è 100% italiano, su quello a lunga conservazione servono attenzioni, sensibilità e un comune impegno per assicurare agli allevatori una giusta retribuzione del latte. Soprattutto – ha aggiunto Pugliese – non si può derogare alla qualità e alla distintività del prodotto italiano. La decisione di utilizzare esclusivamente latte italiano per il nostro Uht dà valore alle imprese nazionali, evita la chiusura di altre stalle e fornisce un presidio a territori che producono eccellenza alimentare. Un patrimonio che dobbiamo abituarci a valorizzare favorendo anche un processo di industrializzazione della filiera, almeno su alcuni prodotti. Non è più tempo di frammentazioni e divisioni: occorre dare vita a alleanze e fare innovazione».