Conti pubblici: comuni e regioni hanno tagliato, mentre lo stato continua a spendere allegramente

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Tabella conti pubblici 19 nov 2016
Secondo Unimpresa il debito degli enti locali giù del 10,24% in 2 anni; quello dello stato è cresciuto del 4,25%

 

Tabella conti pubblici 19 nov 2016Comuni e regioni virtuose, stato centrale con i conti sempre più traballanti. Negli ultimi due anni il debito degli enti locali è calato di oltre 10 miliardi (-10%), mentre quello dello stato centrale è cresciuto di quasi 87 miliardi (+4%). Da settembre 2014 a settembre 2016, sindaci e governatori regionali hanno ridotto il “rosso” da 101 a 91 miliardi, mentre il governo Renzi ha portato il “buco” nazionale da 2.043 miliardi a 2.130 miliardi. Questi i dati principali di una analisi del Centro studi di Unimpresa sui conti pubblici negli ultimi anni.

Secondo l’analisi dell’associazione imprenditoriale, basata su dati della Banca d’Italia, il debito pubblico dello stato centrale è passato negli ultimi due anni dai 2.043,5 miliardi di settembre 2014 ai 2.130,4 miliardi di settembre 2016 con un incremento di 86,8 miliardi (+4,25%); a settembre 2015, il buco nei conti dello Stato era arrivato a 2.107,7 miliardi, quindi la variazione sugli ultimi 12 mesi è pari a 22,6 miliardi (+1.07%). In netta controtendenza, è l’andamento complessivo del debito degli enti locali (comuni, province, regioni): dai 101,4 miliardi di settembre 2014, il valore è sceso ai 96,2 miliardi di settembre 2015 e ancora più in basso a 91,08 miliardi di settembre 2016. Su base annua la diminuzione registrata è pari a 5,1 miliardi (-5,35%), mentre rispetto a due anni fa il calo è di 10,3 miliardi (-10,24%). 

Sostanzialmente in linea con i dati del debito, è l’andamento del fabbisogno. Per quanto riguarda lo stato centrale, il fabbisogno (l’eccedenza dei pagamenti rispetto agli incassi) era a quota 83 miliardi nel 2013, a 75,05 miliardi nel 2014, a 58,2 miliardi nel 2015 e a 43,5 miliardi nel 2016 (il dato è aggiornato fino a settembre). Per gli enti locali, si è quasi sempre registrato un avanzo di cassa nel periodo osservato: il fabbisogno di comuni, province e regioni è stato negativo per 6,4 miliardi nel 2013, per 9,4 miliardi nel 2014 e per 7,09 miliardi nel 2015. Nel 2016 (anche in questo caso il dato è fermo a settembre) nei conti degli enti territoriali si è registrata un’esigenza di cassa per 829 milioni.

I dati sono utili per riflettere sugli indispensabili tagli alla spesa pubblica. Negli ultimi anni si è spesso puntato il dito contro le autonomie locali, sostenendo che i disastri della finanza pubblica siano provocati dalla periferia e non dalle amministrazioni centrali. Dai dati emerge un’altra realtà: è evidente come proprio a livello territoriale si registri una gestione virtuosa del debito, ridottosi a tutti i livelli nelle regioni, nelle province e nei comuni. Una puntuale testimonianza di come la tanto decantata “spending review” o revisione della spesa sempre promessa dai governi Monti, letta e Renzi non sia nei fatti mai stata attuata se non per ridottissime ed insignificanti parti. Ciò è tanto più vero con gli ultimi 1.000 giorni del governo Renzi, dove le spese elettorali e clientelari sono esplose, come dimostrano anche queste settimane alla vigilia del voto referendario del 4 dicembre, dove non passa giorno che non ci sia una promessa di sgravio o di benefit di breve durata (giusto il tempo delle urne aperte) destinate a pesare sui conti pubblici prossimi venturi.